La resa dei conti (1)

32 6 4
                                    


Avevano recuperato buona parte del precedente accampamento. L'infermeria era stata approntata sotto un immenso tendone scuro. All'interno la maggior parte dei feriti giaceva su una brandina, quelli messi meglio sedevano sulla nuda terra.

Al contrario delle aspettative, all'interno si respirava un'aria quasi leggera. Il chiacchiericcio dei feriti meno gravi copriva il lamento di quelli messi peggio e veniva a sua volta sovrastato di tanto in tanto dagli ordini dei capireparto. I medici si muovevano brulicando come formiche, ciascuno offriva le proprie competenze senza alcuna distinzione.

Alina si fermò ad osservare la moltitudine di etnie mescolatesi armoniosamente sia all'interno dell'equipe medica che tra i pazienti. Sorrise. Quello era lo spirito di collaborazione che aveva desiderato per tutti loro sin dall'inizio. Non perse altro tempo. Salutò Alaric, che tornò al suo posto di guardia rifiutando qualsiasi cura con la consueta ironia, e si rimboccò le maniche.

<Alina?> la voce di Vittoria la chiamò da un angolo del tendone.

La ragazza accorse col cuore in gola.

<Stai bene!> esclamò, tirando un sospiro di sollievo.

<Stiamo bene.> le fece eco la sorella facendo cenno di abbassare la voce. <Marcus ha avuto uno scontro violento con un paio di ibridi. Niente di grave per fortuna, ma sono riuscita a farlo riposare un po'.>

Il ragazzo dormiva profondamente su una brandina. Aveva il volto segnato da un grosso livido sullo zigomo e un labbro spaccato. Le coperte nascondevano il petto che si alzava e si abbassava con regolarità.

Vittoria gli teneva una mano avvolta da bende sporche di sangue.

<Mi dispiace.>

<C'è chi è messo peggio.> osservò Vittoria.

Alina lasciò vagare lo sguardo tra le brandine. Dovette darle ragione.

<Dov'eri finita?>

<Helena mi ha portata in una posizione privilegiata. Noi eravamo al sicuro.>

<Questa strana barriera sorta dal nulla è opera tua vero?>

Vittoria la squadrò. Il suo sguardo cercava qualcosa di diverso, un dettaglio che dicesse che stava cambiando, che si stava trasformando in un essere astratto come era avvenuto per Helena. Si rannicchiò appena contro la stoffa della tenda.

<Si. Mia e delle ninfe.> ammise Alina.

Percepiva formarsi un velo di gelida diffidenza tra lei e la sorella.

Fece per accarezzarle la spalla ma lei si tirò indietro istintivamente. La mano strinse quella del compagno in cerca di sicurezza. Sgranò gli occhi e trattenne istintivamente il respiro tra i denti.

<Sono sempre io..> mormorò Alina.

Vittoria la osservò nuovamente. Continuò a cercare con lo sguardo quel dettaglio che le avrebbe confermato che non facevano più parte della stessa famiglia, che anche la maggiore era divenuta una creatura della foresta, irraggiungibile ed eterea.

Nonostante tutti i suoi sforzi, quel dettaglio non si rese evidente. Alina era ancora sua sorella esattamente identica a quella che popolava i suoi ricordi. Tutte le avventure che avevano vissuto, i poteri che aveva scoperto di possedere e che stava imparando a padroneggiare, il compagno che aveva scelto di seguire sui campi di battaglia non avevano cambiato la sua natura e questo le scaldò il cuore.

<Facevi seccare qualunque fiore in un vaso e ora fai crescere gli alberi dal nulla?> la canzonò la sorella.

Ad entrambe sfuggì un sorriso. I giorni in cui attraversavano insieme la piazza della città per andare a fare la spesa nella bottega di Luisa appartenevano ad un'altra vita.

Rebirth - l'albero del silenzioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora