Come un essere umano

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Crowley salì le scale dell'ingresso alla centrale di Satbury il lunedì mattina, dopo essersi riposato qualche ora a seguito di due turni consecutivi trascorsi ad arrossarsi gli occhi davanti a video tutti uguali e ingurgitare a ciclo continuo caffè buono, caffè pessimo o tè chai zuccherato, in base a chi dividesse il turno con lui tra De Stasio, Gillespie e Nandi.

Fu proprio Manah Nandi, detto Manny, che incontrò per primo quando varcò la soglia alle sei di mattina. L'agente di pattuglia era trentenne da un pezzo – come lui stesso diceva – ma la sua aria gioviale e il suo sorriso sulla faccia piena lo ringiovanivano fino a farlo sembrare fresco di accademia. Fu con tale smagliante sorriso che lo accolse.

«Crowley, già qui?»

«Mi sono messo a dormire subito... in realtà sono praticamente svenuto sul divano.»

«Strapazzarti ti farà invecchiare!»

«Può essere... ma invecchiare pare essere un lusso di pochi, ultimamente.»

L'espressione felice di Manny s'incrinò appena, cogliendo che si stava riferendo ai bambini del West End, e si limitò a rinnovare la sua offerta di aiuto in caso di necessità. Crowley lo ringraziò e salì negli uffici della squadra omicidi, deserti, cercando di riordinare le idee sul da farsi... prima di accorgersi che non erano affatto deserti come si aspettava.

La lavagna bianca vicino alla sua scrivania, ingombra di foto, mappe e appunti rapidi, era stata ripulita e campeggiava da sola la fotografia di Sarah Farstow, la prima vittima. Le altre fotografie erano in mano a Ferid, intento a leggere qualcosa appoggiato sulla scrivania con gli occhiali dorati posati sul naso.

Cosa accidenti sta facendo qui a quest'ora, con i fascicoli della polizia?

Si avvicinò di qualche passo senza fare rumore e si accorse con estremo sollievo che solo le foto venivano dai fascicoli: quelli che stava leggendo con tanta concentrazione erano dei quaderni da campus, scritti fitti fitti a mano. Lo guardò tornare alla lavagna e scrivere qualcosa sotto la foto, ma prima che riuscisse ad aprire bocca per salutarlo lo vide fare una smorfia di dolore. Sollevò il piede sinistro, che era infilato in uno stivaletto blu con tacchi degni di essere classificati come una tortura cinese, e si massaggiò furtivamente la caviglia.

Tornando suo malgrado a sorridere Crowley si avvicinò ancora.

«Ah, allora non sei immune a quelle trappole mortali, Ferid.»

Se Ferid fosse sorpreso di trovarlo alle sue spalle – e l'investigatore era certo che lo fosse, o non gli avrebbe mostrato le sue debolezze mortali – non lo diede a vedere. Si girò a guardarlo, con una faccia che parlava di insonnia come quella di uno studente sotto esami.

«Tenerli per dodici ore è un po' troppo per chiunque, specie se le passi tutte in piedi o quasi.»

Non aveva idea di cosa stesse cercando di fare con quella pila di quaderni e le foto delle vittime, ma qualsiasi cosa fosse doveva averlo tenuto sveglio tutta la notte e quell'abbigliamento total-blue doveva essere stato scelto per una serata fuori. Crowley poté ammirare il pagliaccetto con alamari argentati a forma di giglio e si trovò a pensare che se avesse portato un cappello con le piume e una spada al fianco sarebbe stato facile scambiarlo per un attore nei panni di un moschettiere blu.

Ferid sbuffò senza produrre suoni e si appoggiò al bordo della scrivania roteando l'altro piede con aria sofferente.

«Beh, che ne dici di toglierti quel cilicio dai piedi, sederti e spiegarmi che cosa stai facendo?»

Ferid lo guardò per un momento, poi fece il giro della scrivania e si lasciò cadere sulla sedia con un sospiro, prima di sollevare la gamba e cominciare a trafficare con delle piccole fibbie. Crowley fece un sorriso storto mentre acchiappava la sedia più vicina e la trascinava accanto a lui per sedersi, poi allungò la mano. Anche senza parlare Ferid capì, appoggiò il piede al bracciolo e lasciò che fosse lui a slacciare quelle sue trappole.

Il Vampiro di West End {OwariNoSeraph AU}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora