L'incantatore di serpenti

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La mia solita fortuna.

Crowley aprì la gabbia dell'ascensore al dodicesimo piano e rientrò in casa sospirando: aveva preso le chiavi della macchina e salutato Ferid per andare dal suo medico a farsi scrivere la prescrizione per i farmaci che gli servivano, salvo poi scoprire che l'auto non aveva nessuna voglia di accompagnarcelo. Posò le chiavi nel solito svuotatasche e prese quelle della moto, ma esitò a uscire di nuovo: non trovò Ferid nella zona giorno né lo vide sul letto in camera.

Non mi dire che si è di nuovo ammollato nella vasca? Sembra di essere in quel film bizzarro, La forma dell'acqua...

Sebbene Crowley fosse stato cresciuto da un tutore dell'ordine, da una brava donna irlandese, da una famiglia di nonni e zii molto religiosi e istruito in una scuola cattolica, di certo aveva qualche cattiva abitudine propria di qualcuno meno beneducato di quanto avrebbe dovuto essere. Una di quelle abitudini era non bussare mai alla porta del gabinetto a meno che dentro non ci fosse una donna che non conosceva in senso biblico, quindi nemmeno quella volta pensò di farlo e la spalancò con noncuranza.

Come immaginava Ferid era dentro la vasca ma la sua reazione fu esagerata comparata a tutte le altre volte che aveva aperto la porta del bagno mentre lui era dentro: sussultò tanto da spruzzare un po' di acqua saponata oltre il bordo, divenne rosso fino alle orecchie e lo fissò con la stessa maligna diffidenza della sua gatta.

«Oh, scusa, Ferid, non pensavo di spaventarti... mica stavi facendo un lavoretto? Non sai come ti invidio.»

«Ma che... m-mi hai spaventato perché eri già uscito, pensavo stesse entrando qualcun altro!»

«Oh, è vero... ma non era il caso di imbarazzarsi così tanto, ormai siamo abbastanza intimi per questo, due giorni fa sono entrato a fare pipì mentre tu...»

«Posso sapere perché sei ancora qui e non dal tuo dottore, Crowley?»

«Ah, non ti arrabbiare, ci vado adesso, solo che la macchina non parte... non so che cos'ha e non ho tempo di controllarla, quindi sono salito a prendere le chiavi della moto. Volevo solo dirti questo.»

«Credi che sia il caso di prendere la moto? Non dovresti neanche muoverti.»

«E perché?»

«Riposo assoluto ti dice qualcosa?»

«Ma non ti preoccupare, il mio dottore ha lo studio a duecento metri dalla clinica veterinaria, ricordi? Dove avevano portato la tua gatta. Non è lontano.»

«Già, ma andrai anche alla centrale, vero?»

«Non è un percorso di motocross, Ferid... non ti preoccupare, starò bene, e dopo questo prometto solennemente di prendere le mie ferie per malattia e di non muovermi da casa per una settimana.»

«Ah, fa' come ti pare... irlandesi.» borbottò Ferid contrariato, sprofondando nella schiuma. «Sarà meglio che ti riposi per davvero, perché se non ti riguardi io non mi presterò a essere la tua musa quando finirai l'astinenza.»

«Ah, siamo ai ricatti pesanti...»

«Non ci tengo a vederti avere un infarto mentre sei a letto con me, sarebbe un trauma dal quale non mi riprenderei più.»

«Sono francamente commosso dal tuo altruismo, Ferid.»

«Non c'è di che.»

Non c'era bisogno di crucciarsi su quel tono distaccato: gli era ben chiaro che stesse cercando di ostentare il suo disappunto nella speranza che il suo ospite si decidesse a prendere sul serio le prescrizioni dei medici e rispettasse la promessa che gli aveva fatto.

Il Vampiro di West End {OwariNoSeraph AU}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora