Capitolo 1 - Incontri Particolari

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Tre anni dopo

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Tre anni dopo

«Buongiorno amore, alzati oggi è il primo giorno di scuola!» Cerco di svegliare mio fratello.
«Ali ti prego lasciami dormire ancora un po' » M'implora assonnato.
«E va bene. Ti vado a preparare la colazione. Hai già deciso cosa metterti?» Domando impaziente, ma non mi risponde.
Ok, lo lascio dormire.
Oggi per Alessio, il mio fratellino di quattordici anni, è il primo
giorno di scuola. Inizia il liceo classico, e andrà nel mio stesso istituto.
Apro il suo armadio e scelgo una camicetta a quadri rossa e nera, una t-shirt nera e un paio di jeans. Come primo giorno di
scuola farà girare molte ragazzine con il suo ciuffo biondo e i suoi bellissimi occhi azzurri.
Da quando i nostri genitori sono morti, io sono diventata la tutrice legale di mio fratello. Ormai sono passati tre anni dalla
loro morte e siamo riusciti a trovare un equilibrio. Quando mi sono risvegliata all'ospedale e mi hanno detto che mamma e
papà erano morti mi è crollato il mondo addosso, Alessio era lì vicino a me e mi ha aiutato ad andare avanti. Già avevamo un
rapporto stupendo, ma con quello che è accaduto, si è consolidato ancora di più.
«Alessio, tra venti minuti dobbiamo uscire!» Urlo dalla cucina, per farmi sentire da quel dormiglione di mio fratello.
Per fortuna i miei genitori avevano da poco aperto un conto a mio nome per il diploma e fatti diversi investimenti, di cui
però non ero a conoscenza, ed ogni mese abbiamo diverse entrate fisse, tra cui il mio lavoro part-time in un bellissimo
bar vicino casa e l'affitto del nostro terzo piano. Si tratta di un ragazzo che è da subito entrato nella nostra famiglia, Francesco. Lui pensa alla spesa, alla pulizia di casa e quando io non ci sono, ad Alessio.
Sento dei passi dalle scale e vedo arrivare il mio bellissimo fratellino con il suo immancabile profumo e ciuffo biondo
ribelle.
«Detto, fatto Ali! Come sto?» Mi chiede ammiccando. Lo adoro quando fa quella faccia.
«Alessio sei un principe! Attento che le farai svenire tutte le tue compagne oggi! Non fare troppe stragi!» Appena detto lo
prendo e lo stringo forte a me e lui ricambia la mia stretta, per nulla infastidito. Ormai è abituato alle mie dimostrazioni d'affetto, penso sia l'unico quattordicenne che si fa
abbracciare e baciare da sua sorella anche in pubblico.
Velocemente usciamo da casa e andiamo a prendere la macchina.
Alessio mi è sembrato molto tranquillo quando l'ho lasciato a scuola, è stato invaso subito da sue vecchie compagne e non
l'ho più visto, ma mi ha promesso che a ricreazione mi scriverà per sapere come sta andando. Ora devo scappare a lavoro
altrimenti farò tardi. Trovare parcheggio qui a Roma è quasi impossibile, spesso giro per 20-30 minuti prima di riuscire a
trovare un posto non troppo lontano dal bar.

Oggi deve essere la mia giornata fortunata, appena arrivata e lo trovo proprio davanti. Parcheggio senza difficoltà e mi
appresto ad entrare al bar con un anticipo di 40 minuti. Il mio capo non ci crederà mai.
«Buongiorno Mario!»
«Alice, buongiorno! Sei arrivata proprio al momento giusto. Ti va di attaccare prima? Così se vuoi puoi uscire prima.» Mi dice
allegro Mario appena varco la soglia del bar.
Mario sa che è il primo giorno di scuola di mio fratello e sa anche quanto ci tenessi ad andarlo a prendere all'uscita.
«Certo Mario!» Dico immediatamente e poi lo abbraccio e ringrazio.
Mario era un amico d'infanzia di mio padre. Appena sono morti i miei genitori, mi ha subito proposto di andare a
lavorare per lui. Mi ha anche fatto scegliere tutti gli orari che mi avrebbero permesso di frequentare l'università.
Si perché l'università ho deciso di prenderla. I miei genitori ci tenevano tantissimo e io non ho voluto deluderli. Voglio che siano fieri di me e di mio fratello.
«Ali io esco un attimo per fare delle commissioni, se hai bisogno chiamami, ah se arriva il rappresentante del caffè
pensaci tu.» Mi avverte Mario prima di uscire dal bar.
Mario si fida molto di me. Spesso mi affida tutto il bar. A me piace lavorare qui, è un bar moderno frequentato soprattutto
da studenti o comunque da ragazzi giovani proprio al centro di Roma, vicino la Sapienza. Ogni giorno facciamo colazioni e
pranzi, invece la sera si trasforma in un pub. È un grande openspace a vetrate e il colore che predomina è il bianco. Ha
un bancone ben fornito e l'aria che si respira non appena si entra è di freschezza e allegria. C'è sempre una buona musica
di sottofondo e l'odore di cornetti caldi appena sfornati arriva oltre l'ingresso, a qualsiasi ora. È un po' la mia seconda casa e
non mi pesa.
Lavorare qui mi aiuta a non pensare e a staccare la spina. In questo posto nessuno mi guarda con ammirazione o
compassione, sono solo una barista e la gente non si sofferma ad osservarmi o a cercare di capirmi, come invece fanno le
persone che mi conoscono. Nessuno cerca di interpretare i miei silenzi o i miei toni.

«Ciao Alice!» Una voce familiare interrompe i miei pensieri. È Riccardo, un ragazzo molto carino che viene spesso a fare colazione qui al bar e ogni volta ci prova spudoratamente con me. Devo ammettere che però, le sue attenzioni mi fanno piacere.
«Ciao Riccardo! Cosa ti preparo?» Domando allegra.
«Il solito. Hai da fare stasera?» Chiede poi.
«Dai Ricky, non cominciare.» Rispondo sorridendo.
Gli porgo la sua colazione e come ogni volta lui mi lascia un'abbondantissima mancia e dopo avermi lanciato un mega
sorriso, se ne va.

Il mio turno al bar finisce in fretta e così decido di andare a prendere il mio fratellino a scuola. Durante la pausa sono
riuscita ad avvisarlo e lui era molto contento.
«Ciao Ali! Mi porti a pranzo fuori?» Domanda Alessio
entusiasta, appena entrati in macchina, dopo avermi abbracciato e presentato ai suoi amici.
«Dove vuoi andare?» Chiedo, girando lo sguardo dalla strada a lui, sorridendogli.
Usciamo dal ristorante e siamo veramente sazi. Così dopo esserci cambiati, decidiamo di andare a fare una corsa.
I nostri genitori erano due persone molto sportive. La mamma ci portava spesso a correre per il quartiere e per noi ora è
divenuta una specie di tradizione. Mi aiuta a scaricare la tensione e penso che anche per Alessio sia la stessa cosa.
Corriamo attaccati e condividiamo lo stesso Ipod, una cuffia a testa.
«Che ne dici se torniamo a casa? Sono già pieno di compiti.» Dice Alessio abbattuto.
«Certo. Quali compiti ti hanno dato?» Domando interessata.
«Greco e latino!»
«Allora mentre torniamo inizia a dirmi la prima declinazione latina di "Rosa". Così inizi già a studiare e ti posso dare una
mano.» Propongo.
Quando arriviamo davanti casa lui ha ripetuto tutta la lezione ed è felice di non dover passare il resto del pomeriggio sui
libri, così decide di uscire con alcuni suoi amici. Io allora ne approfitto per farmi una doccia e passare all'università per
controllare l'inizio delle lezioni.
Fortunatamente mi trovo piuttosto avanti con gli esami e in un anno dovrei riuscire a terminarli. Mi sto impegnando molto
per concludere la laurea il prima possibile e iniziare il tirocinio da avvocato.
Dopo essere uscita dalla doccia indosso una t-shirt bianca, molto semplice, che infilo nei jeans e improvviso, con i miei lunghissimi capelli biondi, una crocchia disordinata. Calzo le mie immancabili converse ed esco velocemente da casa.

Se mia madre vedesse come mi vesto penso che mi rinchiuderebbe in casa. Lei è sempre stata molto attenta al suo look e sapeva truccarsi con maestria. Proprio il mio
opposto. A me non interessa cosa pensa la gente e soprattutto cerco di rendermi più invisibile possibile. Non mi piace stare al
centro dell'attenzione.

In pochi minuti arrivo davanti la mia facoltà e vado alla ricerca delle informazioni di cui ho bisogno. Una strana sensazione mi
pervade, così di scatto mi giro.
«Buonasera Matteo» Saluto scocciata.

Cosa avrà da fissare 🙄

«Ciao Alice. Mi fa piacere vederti, hai passato bene le vacanze?» Domanda incuriosito.
«In realtà sono rimasta a Roma, sai al mondo c'è la gente che deve lavorare per potersi mantenere.» Rispondo tagliente.
È più forte di me.
Matteo lo conosco ormai da un paio d'anni, anche se conoscere è una parola forse troppo forte. Ci avrò scambiato al massimo 4-5 frasi in tutto. Frequenta le mie stesse lezioni, nonostante abbia qualche anno più di me. Non perché abbia
deciso tardi di laurearsi, ma perché fa tre esami l'anno.
La verità è che a lui non interessa studiare, tanto ha papà che gli paga tutto. È soltanto un ragazzino viziato.

Detto questo lui alza le mani in segno di resa e con il suo sorrisetto strafottente si gira e si unisce al gruppetto di viziati
figli di papà. Sono tutti griffati dalla testa ai piedi e si credono i padroni del mondo. Per loro tutto si può risolvere con il
denaro. Non li sopporto.
Non mi rendo conto di aver fissato lo sguardo su di lui per tutto questo tempo e in fretta cerco di girarmi, ma lui se ne
accorge e mi fa l'occhiolino prima di proseguire la conversazione in cui era coinvolto.
Tiro gli occhi al cielo e me ne torno a casa. Solo dopo aver chiuso la porta mi rendo conto di non aver letto l'inizio delle
lezioni.

«Tutta colpa di Matteo» Impreco sottovoce a denti stretti.
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Devo essere sincera: a volte non sopporto nemmeno io Alice... povero Matteo! Voi invece che ne pensate dei personaggi? Ancora è presto... ma avete già una preferenza??
Ho deciso che pubblicherò (se riesco) un capitolo al giorno.
Buona lettura!

Alice - Serie DESTINY 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora