11. Nuovi Incontri

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Clarke stava vagando ormai da ore in quel bosco, senza riuscire a trovare l'accampamento.
Dalla rabbia e a causa delle lacrime che le offuscavano gli occhi, si era allontanata un po' troppo, ma quando se ne era accorta era ormai tardi.
Il sole stava già calando e ancora non aveva idea di dove fosse finita.
C'erano solo alberi ricoperti da muschi ed erbacce.
Non aveva la minima idea di dove stesse andando, ma voleva starsene per qualche oretta da sola.
Cammina a passi lenti e con mille pensieri che le vagano per la mente, fin quando non raggiunge un ruscello.
Il sole era già calato da un bel po' e aveva lo stomaco che le brontolava dalla fame.
È vero: non avevano cibo a sufficienza ma le sarebbe bastata anche una mezza porzione di proteine.
Da piccola era la cosa che più odiava, non le piaceva il sapore, ma i suoi genitori la costringevano ogni volta a mangiarne almeno un po' per mantenersi in forza.
Sorride al pensiero e poi si siede a terra, di spalle, ai piedi di un grande albero.
Chiude gli occhi e in quel momento voleva soltanto ritornare dalla sua famiglia.
In pochi secondi gli tornarono in mente i flash della sua infanzia sull'Arca.
In men che non si dica, una lacrima le riga il viso mentre in volto aveva un sorriso malinconico.
Dopo pochi istanti, sente qualcosa di leggero posarsi tra i suoi capelli.
Spaventata, apre gli occhi e cerca di vedere, con la coda dell'occhio, cosa fosse.
Era un animaletto dal corpo lungo e assottigliato di un colore scuro ma, la cosa che più dava nell'occhio, erano le sue ali di un blu fosforescente, quasi come un neon che si illuminava ogni volta che batteva quelle ali.
Clarke sorride e la prende, con molta delicatezza, tra le mani
Quando alza lo sguardo nota che molti di quegli insetti, piccoli e delicati, con dei colori strabilianti, erano attaccati agli alberi di quel bosco.
Quando fino a poco tempo prima le sembrava un luogo così cupo, ora era diventato di conforto. Era come se quelle farfalle le tenessero compagnia.
Ma quel momento non dura così tanto, poiché sente afferrarsi da dietro e una mano prepotente che le blocca la bocca per non farla urlare.
Lei si dimena e cerca di liberarsi dalla stretta, ma quelle braccia erano possenti e più forti di lei.
La paura le infondeva nello stomaco e tremava freneticamente.
L'uomo, con un gesto veloce, la fa girare verso di lui e poi le toglie la mano dalla bocca, ma tenendo comunque la stretta alle sue braccia in modo tale da non farla scappare.
"Chi sei?" urla preoccupata Clarke una volta visto il suo viso a lei sconosciuto.
Era un uomo alto e muscoloso, indossava delle vesti simili a quelle dei terrestri che tenevano prigionieri nel loro accampamento. La pelle era chiara e aveva dei capelli castani che gli cadevano sulle spalle e il viso coperto dalla barba e dalla tinta di qualche pianta che Clarke non riusciva a riconoscere.
Lui le fa il gesto di stare zitta e, con sguardo accattivante, prende una corda dalla sua giacca e le lega i polsi.
"Cosa stai facendo?" continua ad urlare e a dimenarsi lei, invano.
"Dove avete i nostri due membri del nostro popolo?" parla lui per la prima volta.
Clarke, sentendo la sua voce, torna ad essere spaventata, essendo alta e rauca.
In un primo momento riesce soltanto ad essere confusa, ma poi si ricorda dei due ragazzi.
"Non so di cosa stai parlando!" cerca di protestare lei. Voleva essere liberata, ma sapeva che, dare una risposta così breve, non avrebbe aggiustato le cose.
"Andiamo! Lo so che li tenete sotto sequestro" urla di rimando.
Il suo accento era diverso da tutti quelli dell'Acra e questo dava la conferma alla ragazza che non era un qualunque Arcadiano o Waldenita che le stava facendo uno scherzo.
"Prima che arrivaste voi, non avevamo alcun tipo di problema e solo voi vi siete stanziati in queste zone. Per ultima cosa, siamo alleati con tutti gli altri clan ed è impossibile che li abbiano rapiti loro" continua.
Gli altri clan? Di cosa stava parlando? Davvero c'erano altre città o molta altra gente rimasta sulla Terra?
Clarke lo guarda confusa.
"Scusa, ma è come se stessi parlando arabo per me, non capisco cosa intendi con tutti questi termini" risponde spostandosi con il peso sull'altra gamba e facendo una smorfia di dolore a causa della corda ancora stretta ai suoi polsi.
"Dimmi solo dov'è il vostro accampamento" sospira esasperato.
"No! Non ti dico certo dove viviamo e dove puoi venire a ricattarci ogni volta che vuoi! Noi siamo ospiti e voi dovreste accoglierci in maniera più educata e poi sono stati loro a puntare delle frecce in direzione dei nostri accampamenti" risponde adirata lei.
"Lo sapevo! Li avete rapiti voi e questa ne è la conferma...andiamo!" esclama il terrestre incamminandosi nella direzione opposta, trascinandosi Clarke dietro.
"Ma dove vai?" chiede, costretta a seguire i suoi passi.
"In quella navicella che vuoi chiamate accampamento" risponde senza voltarsi e camminando spensierato per la foresta.
"In caso non te ne fossi accorto, ero da sola e questo dalle mie parti vuol dire che mi sono persa e non riesco più a ritornare indietro" dice in modo ovvio.
"Tranquilla, so io come fare" risponde l'uomo, continuando a saltare tra i sassi e le erbacce.
'Lo faceva in modo così spensierato, che sembrava ci fosse cresciuto' pensa Clarke mentre lo osserva intento a scavalcare delle piante colme di spine. 'È forse è così...' pensa ancora.
Poi era il suo turno, la quale riesce a scavalcare ma, nel frattempo, si era anche graffiata.
Si guarda i pantaloni sgualciti e fa una smorfia.
"Che c'è? Non ci sei abituata?" la prende in giro lui.
Clarke non risponde, ma si limita a fulminarlo con lo sguardo, continuando a seguirlo.
Passarono vari minuti di silenzio. Si sentivano solo le foglie che calpestavano andando avanti e qualche sbuffo di rabbia e di noia da parte della ragazza.
Il terrestre se ne stava in silenzio a constatare il terreno e stando attendo in che direzione si stava dirigendo.
"Io comunque sono Roan" dice spezzando il silenzio.
"Wow, mi ha cambiato la vita saperlo" risponde sarcastica lei, alzando le sopracciglia.
Lui si volta e la guarda male, per poi fare cenno con la testa davanti a loro.
Clarke alza lo sguardo stupita e riconosce subito la navicella e le tende nella radura.
"Non c'è di che" dice l'uomo, che aveva accennato di chiamarsi Roan, ironizzando.
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Spazio autrice:
Hi guyzzz! Sono ritornata con un nuovo capitolo. So che non è un granché, ma ci ho provato. Ho in mente molte cose, ma in questi giorni non mi sento ispirata🥺.
Sto cercando di fare del mio meglio, scusatemi❤️.
Comunque, a parte questo, non ho nulla da dirvi, se non di commentare e supportare con una stellina...e niente...ce se becca!

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