Quando la gente mi guarda, c'è una grande possibilità che veda un idiota.
Non mi curo molto del parere della gente. Le voci, i sussurri alle spalle, è giusto che restino tali. Quando si da peso alle storie inventate, alle persone che ti criticano senza conoscerti, si concede a quei bisbigli di entrarti in testa e portarti a domandarti se forse non sei davvero il ragazzo che gli altri credono che tu sia. Nel mio caso: un idiota bello e buono, un gorilla dislessico senza cervello.
"Nott è un buffone, il figlio cretino di un ex mangiamorte..."
Non pretendo di piacere a tutti, non è il mio scopo nella vita e non mi interessa fingermi qualcun altro per ottenerlo. Tuttavia, per non rimanere confinato nella mia solitudine, lo avrei fatto. Avrei creato un Andras nuovo, se fosse stato necessario. Ero pronto a reprimere me stesso, a cancellare con un grande segno rosso il mio cognome e crearmi una nuova vita ad Hogwarts.
È stato quando ho toccato il fondo, quando le aspettative di condurre un esistenza basata sul vero e non sulle bugie erano bassissime che, il primo giorno del mio primo anno, ho incontrato un gruppo di ragazzi rotti quanto me. Il mio gruppo. Amici che mi hanno fatto sentire giusto quando il resto del mondo mi bisbigliava che ero sbagliato.
Ho imparato a fregarmene, a non giudicare, nel momento in cui li ho incontrati. I sussurri non sono altro che l'eco di pensieri cattivi, pensieri che volevano affondarmi per motivi di cui io non avevo colpe: essere un Nott, ad esempio. E se sei anni fa, in quel punto isolato del tavolo, avessi deciso di non lasciare sedere sulle panche al mio fianco Scorpius, Albus, Dominique e Lysander, non avrei mai capito che dietro quelli sguardi persi, esattamente come il mio, c'era molto di più.
Ho smesso di guardare il piatto e per un attimo ho visto quello da cui le persone mi avevano messo in guardia: un mostro, un demone, una sciocca viziata e uno svitato.
A distanza di tempo, posso dire che quel giorno ho incontrato la mia famiglia.
«Dove corri, raggio di sole?» mi domanda Albus, affiancandomi silenzioso come un gatto e sgargiante come un pavone.
«In biblioteca»
La smorfia sulla sua faccia è piuttosto eloquente. «Sei fatto o hai la febbre?»
«No» rido, infilando le mani nelle tasche. «Sono in punizione, ho allagato il secondo piano per saltare l'interrogazione di Storia della Magia»
«Che genio, signore e signori» esclama, lo sguardo di un padre orgoglioso che gli brilla negli occhi verdi. Mi batte il cinque. «Se non finisci in tempo, rubo qualcosa dalle cucine e ti porto il pranzo»
«Grazie, principessa. Cosa farei senza di te?»
«Creperesti, è sicuro» mi scompiglia i capelli e, lanciando uno sguardo nelle armature lucide, mi accorgo che adesso la mia testa sembra un nido di piccioni abbandonato. «Non sai neanche allacciarti la cravatta da solo!»
«Non è vero» mento. Non è colpa mia se le cravatte sono un oggetto creato dal demonio, utile solo a farci sembrare dei damerini o stupidi cani da tirare al guinzaglio.
«L'ultima volta che ho controllato, l'avevi stretta talmente tanto che stavi morendo soffocato»
Lo spintono con una spalla ed entrambi vacilliamo, perdendo appena l'equilibrio. «Sono cose che capitano»
STAI LEGGENDO
Un disastro di supercattivo
FanfictionStoria vincitrice Wattys2021 Io, Rose Weasley, per poco non perdevo quella piccola e precaria briciola di sanità mentale ereditata dal ramo Granger della famiglia. Le mie giornate non sono mai una uguale all'altra: mio fratello daltonico ormai sono...