26. Complici tra le stelle

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4 ore prima dell'alba

«Tu vuoi me?» Fred è così incredulo mentre mi fissa sbattendo le palpebre lentamente, come se non riuscisse a realizzare che parole simili siano appena uscite dalla mia bocca. «Me Frederick Arthur Weasley Jons-»

«Già» lo interrompo, torturandomi l'orlo della felpa. «È quello che ho detto» evito il suo sguardo imbarazzata. Non è difficile, visto che torreggia su di me e per osservarlo dovrei reclinare il collo. «E... insomma, se tu mi vuoi-»

Fred emette un verso a metà tra una risata isterica e uno sbuffo allibito. «Per tutte le mutande di Merlino, certo che ti voglio. In qualsiasi senso esistente»

Un sorriso di pura gioia si impossessa delle mie labbra. Mi mordo l'interno di una guancia per ritrovare un po' di contegno. «A questo punto dovresti sbattermi contro la parete e baciarmi» lo informo, cercando di mantenere un tono calmo e rilassato nonostante la mia faccia stia andando a fuoco e la piccola me stessa dentro la mia testa stia saltando di gioia. «Ma è solo un suggerimento, possiamo anche continuare a parlare, se preferisci»

Lui non lo preferisce.

***

James ha deciso di sfilarsi la felpa proprio mentre sorvoliamo una coppia di cavi elettrici sospesi nel cielo. A me non importa che lui se ne resti con indosso una maglia a maniche corte talmente aderente da non lasciare molto spazio all'immaginazione — i solchi degli addominali sono ben visibili sotto la stoffa scura, così come lo sono i tatuaggi che ha sulle braccia e che sembrano muoversi ogni volta che i suoi muscoli si tendono.

Me me importa talmente poco che ho appena girato la testa verso il finestrino in preda ad una vampata di calore.

E il motivo è semplice: in questa macchina fa oggettivamente troppo caldo. Se potessi sudare — cosa che il mio sangue un quarto Veela non mi permette di fare — a quest'ora si sarebbe formato un piccolo laghetto sotto le mie ascelle. Non so come sia possibile, visto che fuori sta nevicando e piccoli fiocchi bianchi continuano a depositarsi sul vetro, ma di certo non me ne lamento.

James mi lancia un'occhiata compiaciuta e sfoggia un sorriso beffardo. «Allora, Domi, in che modo hai intenzione di ringraziare il tuo tassista personale?» esclama, il tono rilassato ma allusivo. «Accetto qualsiasi tipo di pagamento»

Mi schiarisco la voce e impiego qualche secondo per convincermi di non essere affatto scombussolata dai suoi occhi castani che mi osservano divertiti. «Intanto pensa a farci atterrare tutti interi, Jamie» lo provoco, marcando ogni lettera del nomignolo che odia tanto. Lui ridacchia sommessamente.

«Mi sembri un po' distratto...» accompagno la frase accavallando le gambe con un gesto plateale e lascio che la gonna riveli quella striscia di pelle chiara tra l'orlo e le parigine.

James ingoia a vuoto, le iridi dietro le lenti degli occhiali che mi scivolano addosso prima di tornare concentrate sul cielo. Non c'è niente di viscido, di cattivo, nel modo in cui sbircia nella mia direzione. I suoi sguardi sono carezze in mezzo a un mucchio strattoni, fischi e sussurri.

Le sue labbra si aprono in un ghigno. «Puoi sederti su di me e guidare al mio posto, ti assicuro che staresti comoda»

È un gioco, divertente ma senza futuro.

Siamo solo complici tra le stelle.

«Schiaccia il piede sull'acceleratore, Potter» mi ricompongo. «Vic e Teddy ci stanno aspettando»

***

4 ore dopo l'alba


Un disastro di supercattivoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora