24 - Gli elefanti becchini ballano la samba

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[66 giorni dall'arrivo di Osamu Dazai]

*** Come vi avevo accennato ecco qui il capitolo narrato dal punto di vista di Dazai. Buona fortuna... Scusate volevo dire buona lettura...***

"Mi chiamo Osamu Dazai... Ora ho sedici anni, ma ci sono volte in cui vorrei essere già morto, da molto molto tempo."

Così avrebbe risposto Dazai se qualcuno gli avesse chiesto di presentarsi, non aveva altro da dire su di sè agli altri.

Eppure c'era molto di non detto dietro questa frase.

Il ragazzo aveva sempre vissuto in una conscia solitudine intrisa di malinconia. Si sentiva unico, speciale, molto meno umano rispetto agli altri...

Disprezzava il genere umano, ovvero le altre persone, semplicemente le trovava deboli, sciocche, nei loro futili tentativi di riempire le loro vite vane di cose prive di un valore, cose incapaci di dare la vera felicità... Disprezzava le persone perché gli ricordavano il vecchio sè stesso che era riuscito a mettere da parte, piano piano da quando aveva cambiato scuola.

Non che fosse cambiato molto, prima odiava le persone senza nessun motivo e trovava divertente giocare con loro.

Abbassò lo sguardo sulle sua mani che suonavano con sicurezza e delicatezza, sentì Chuuya sedersi contro la sua schiena, si spostò un po' in avanti per fargli posto sullo sgabello.

Fin da quando aveva conosciuto Chuuya aveva provato qualcosa si diverso, anche se di poco, rispetto al solito odio. Quel ragazzo era più umano di tutti quelli che Dazai aveva incontrato fino a quel momento messi insieme.

Chuuya era pieno di debolezze e graffi mal nascosti, pieno di vuoto che cercava continuamente di riempire... Non aveva nulla di diverso dagli altri, si era detto Dazai dopo il loro primo discorso, ma allora perché lo aveva ascoltato, gli aveva dato retta come mai aveva fatto con qualcuno?

All'inizio aveva pensato di provare pena nei confronti del ragazzo, poi ci aveva riflettuto su a lungo.
Forse non era Chuuya ad avere qualcosa di diverso in sè forse ad essere diverso era il suo modo di comportarsi nei confronti di Dazai

Perché quel ragazzo tanto umano non lo riteneva e non lo trattava come se fosse unico, strano o speciale.

Forse era per questo motivo, questa sua semplicità che Dazai aveva cominciato a cercare la sua compagnia con crescente insistenza. E la cosa che più aveva stupito Dazai era che Chuuya non si era tirato indietro, per quanto dicesse di desterlo era ancora lì, seduto dietro di lui, ad ascoltarlo suonare.

Con Chuuya affianco si sentiva un po' meno estraneo al mondo nel quale viveva da sedici anni, Chuuya gli aveva mostrato, la sua vita, i suoi amici e tutto il resto facendolo sentire quasi normale.

Nulla nella sua vita era stato normale prima di allora a partire dall'educazione che aveva ricevuto e da quella enorme casa in cui viveva, tutto per colpa dei suoi genitori, che ancora una volta erano spariti nel nulla lasciandolo solo.

Dazai non ce l'aveva con loro per questo, semplicemente gli odiava come odiava quasi tutti gli altri essere umani.

Cercò di allontanare i pensieri, se cominciava a pensare a cose troppo complesse mentre suonava rischiava di perdersi e smettere di suonare e non riuscire più a ripartire bene, tornò a guardare lo spartito e le sue mani.
Quella canzone la stava suonando per l'unica persona che lo stava ascoltando in quel momento, e sapeva che in qualche modo Chuuya aveva capito che era per lui.

Il brano finì lasciando nell'aria il ricordo vibrante dell'ultimo accordo.

Poi Dazai si girò verso Chuuya facendogli spazio sullo sgabello. I due si squadrarono in silenzio per un istante.

We are falling like the stars - SoukokuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora