Capitolo sesto *Blaire*

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Come prima tappa, mi portò al bowling.

Pensai fosse una meta scontata, ma lui, come mi avesse letto nel pensiero, si affrettò a dire:

"So cosa stai pensando, sai? Ma prima che inizi ad arricciare quell'adorabile nasino, devi sapere che questo è un importante rito di passaggio per me" disse in tono solenne ed io ridacchiai.

Un secondo... aveva appena definito adorabile il mio naso?

Chiuse la macchina e mi prese per mano, portandomi verso l'ingresso del grande bowling che si stagliava a pochi metri da noi.

Eravamo a pochi chilometri da Annapolis, eppure non ero mai stata in quel posto: era un palazzo imponente, suddiviso in due piani da una grande scala in mattoni.

Al piano di sopra un'insegna luminosa segnalava una pizzeria, mentre all'entrata dove Boyd si stava dirigendo, c'era un discreto numero di persone che fumavano e ridevano rumorosamente.

"E a cosa dovrebbe l'onore questo posto per essere definito da te un importante rito di passaggio?" gli chiesi e lo vidi sorridere con la coda dell'occhio.

"Beh, sono praticamente imbattibile e vedere se le ragazze con cui esco sono in grado di giocare senza perdere miseramente, favorisce molti punti nella mia griglia di valutazione" mi spiegò, facendomi l'occhiolino.

Il suo tono era scherzoso, ma per me fu come ingoiare un masso, non riuscii ad evitare che mi si gelasse il sorriso che avevo in viso.

Le ragazze con cui esco.

Ma in cosa diavolo mi ero cacciata?

L'ultima cosa che mi serviva era perdermi dietro ad un ragazzo per cui sarei stata solamente un'altra tacca sulla testiera del letto.

Entrammo nel rumoroso locale e il mio campo visivo fu subito bombardato dalla moltitudine di gente e colori, provenienti dalle slot machine e dalle colorate magliette dei commessi alla cassa, che erano rosse, gialle e nere.

"Che numero porti, fragolina?" mi chiese lui sopra la musica e il vociare della gente, non appena ci fummo accostati al bancone della cassa.

"Trentotto" risposi distrattamente, ancora assorta nei miei pensieri.

Vidi Boyd scambiare due parole con l'adolescente in divisa multicolor che stava alla cassa e poi afferrò le due paia di scarpe che il ragazzo gli porse.

Mi allungò il paio vistosamente più piccolo ed io mi sedetti su una panca accanto a lui per infilarmele.

"Sono tante, eh?" risposi, cercando di nascondere l'amarezza della voce.

Infondo, chi diavolo ero io per giudicarlo? A malapena lo conoscevo.

"Come?" mi chiese, voltandosi verso di me con un sorriso confuso.

Dio, aveva fatto una semplice battuta più di dieci minuti prima e io ero rimasta a rimuginare sopra al nulla per tutto quel tempo.

Ero una stupida, ecco cosa.

"Le... ehm, le ragazze con cui esci" balbettai, improvvisamente imbarazzata.

Il sorriso gli si spense sul viso capendo a cosa mi riferivo e mi venne vicino scivolando sulla panca.

I nostri fianchi già si toccavano quando lui decise di annullare ogni distanza mettendomi un braccio sulle spalle.

"Hey, fragolina, scherzavo. Lascia perdere le mie battute del cazzo, questa sera divertiamoci e basta, okay?"

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