Capitolo 6

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La mattina mi svegliai confusa, agitata e nervosa.

Mi feci la doccia e indossai una felpa azzurra, un jeans chiaro e le mie adorate vans blu.

Stavolta misi un pò di correttore e crema.

Pettinai i miei capelli ormai neri e li raccolsi nel solito chignon basso e

che veniva sempre male.

Scesi giù in cucina e prima di andarmene notai un biglietto sulla tavola che diceva:

"Jess, sono a lavoro. Tornerò fra qualche settimana, baci amore mio! ~Mamma"

Stavo per scoppiare a piangere quando mi ricordai dell incontro con Dave.

Mi disse che voleva portarmi in un posto fantastico..ero un pò impaurita. E se volesse farmi del male?

E se fosse un maniaco?

E se..e se...

e avanti così all'infinito.

Guardai il cellulare ed erano le 11 meno 20.

Armata di auricolari, uscii di casa.

Ma quant' era bello il sole del mattino..

Perfetto.

Una cosa andava peggio di qualsiasi altra: affianco ad una macchia gialla calda, c'è n'era una nera e fredda.

Arrivai a Villa Giada e quando vidi Dave seduto di spalle, non potetti fare a meno di sorridere con un angolo di bocca.

Lo raggiunsi e dissi "Buon giorno Dave."

Lui si girò e mi sorrise, poi si alzò e disse :"Ciao Jess, vieni con me?"

Io timida feci un cenno con la testa.

Insieme camminammo per circa 15 minuti scambiandoci solo qualche parolina ogni tanto:

"Come stai?" chiese.

"Meglio....credo."

Non era affatto vero, se ci fosse stata la mamma sarei stata meglio.

Ora ero un via di mezzo..un pò più sul peggio.

"E tu?"

"ah abbastanza bene, non posso lamentarmi."

Era una situazione non poco imbarazzante perchè ci conoscevamo da meno di un giorno e..e non sapevamo nulla l'uno dell'altro sulla nostra vita.

Quando arrivammo non avevo idea di dove ci trovavamo. C'era solo un viale con un grande portone antico i legno consumato.

Dave bussò al portone.

Dopo poco un uomo dall'aria simpatica e professionale aprì.

"Oh Dave! Come mai da queste parti?"

Nel frattempo con la coda dell'occhio provai a sbirciare attraverso la porta, ma non vedevo nulla.

"Freud, Ciao! Volevo far conoscere il posto alla mia nuova amica"

"Ma certo, non venivi qui da tempo..mi ha fatto davvero piacere la tua visita..entrate pure.."

Non riuscivo a credere ai miei occhi.

Lì dentro, in quel viale pisciato dai cani, in quel viale sperduto e in quel portone che puzza di vecchio..c'era un posto così bello. Un posto magnifico, che non avrei mai immaginato.

Appena misi i piedi nella stanza mi guardai intorno:

Ogni parte della stanza era dipinta.

C'erano disegni strani, altri sensati, altri ancora confusionali.

Mi girai verso Dave a bocca socchiusa..lui capì cosa gli stavo per chidere e disse "I disegni che vedi sulle pareti sono stati tutti fatti da persone malate ed incurabili. Ti ho portata qui perché te lo si legge negli occhi che ami l'arte."

Io lo abbracciai e nel frattempo Freud stava bevendo una tazza di the sulla scrivania infondo la stanza.

C'erano due porte. Su di una c'era scritto "Casa di Freud".

Ma che figo. Viva li! Li!

Sull'altra c'era scritto "Arte".

Mi distaccai dai miei pensieri e mi diressi vicino ai muri della stanza.

Camminando, camminando sfioravo ogni disegno.

Ognuno aveva il nome e la data di chi lo aveva fatto e quello che più mi colpì, fu il disegno di una certa "Daines Jubbies" fatto nel 1998.

Raffigurava un germoglio di pianta nera che man mano cresceva, cresceva e cresceva diventando sempre più colorato di vari colori,

Ti portava a seguire il ramo senza guardare oltre e alla fine ti lasciava sconcertata..nero.

La pianta cacciò la prima foglia..nera.

E la fine era quella. Nera. Sconfitta da una foglia nera. Una macchia nera.

Una volta percorsa tutta la stanza mi girai verso Freud mentre ero vicina alla porta "Arte" lui avendo capito la mia intenzione rispose con un cenno di testa ed io emozionata girai la maniglia della porta e mi avventurai in una stanza stupenda.

Era un labirinto. Su ogni muro c'erano tanti altri disegni con significati straordinari.

E mentre camminavo per trovare l'uscita..ecco.

Un muro bianco. Quella era "l'uscita" ed io volevo dipingere quel muro bianco dei miei pensieri, delle mie emozioni e delle miei gioie e paure.

Come se mi avesse letto nel pensiero in 5 secondi apparve Dave con ogni genere di pittura colorata e vari pennelli.

Muta, presi il giallo e con il pennello inziai a dipingere,cosa non lo sapevo.

Poi inziai a prendere il rosa,l'azzurro, il verde,il rosso, l"arancione e tutti i colori possibili e immaginabili.

Il mio lavoro stava iniziando a diventare un frenetico Schizzo di pittura, di movimenti, e senza sosta continuavo a dipingere ciò che non riuscivo a dire a parole.

In 36 minuti d'orologio. Il mio capolavoro era terminato.

Feci qualche passo indietro e, sotto gli occhi stupefatti di Dave e Freud,osservai:

Avevo dipinto una donna. Una donna tutta colorata, con la parte del cervello nera e i capelli rossicci.

Con una lacrima fra le labbra e con un pennello che le usciva dalla bocca, come se lo stesse vomitando.

Il pennello dava l'impressione di stare per cadere su un libro, un libro aperto e dal libro stesso mille colori fuoriscivano ed arrivano alla testa della donna.

Un disegno frenetico, con lo sfondo di mille colori ed il significato di miliardi di parole che non potranno mai essere dette.

Sorrisi.

Mi voltai e Freud e Dave erano stupefatti.

Era orgogliosa.

Per la prima volta nella mia vita ero orgogliosa di me stessa.

Ero servita a riempire un muro bianco.

Ero quindi servita ad occupare un posto in quel luogo che verrá scoperto fra così tanto tempo..avevo lasciato un segno nella storia della storia.

Scrissi il mio nome, la data e poi muti uscimmo dalla stanza.

Dave disse "sei speciale."

ed io non risposi a parole, in quel momento riuscivo solo a sorridere.

Almeno al sesto cielo c'ero arrivata.

Macchia nera.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora