Parole

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Emmanuel si drizzò reggendosi sui gomiti mentre Giuseppe accendeva la luce e, con gli occhi ancora pieni di sonno, cercava il telefono per rispondere e far cessare quel rumore assordante.
Condedendo una  veloce occhiata alla sveglia sul comodino si rese conto che era da poco passata la mezzanotte, nonostante loro fossero già nel mondo dei sogni da un po'.
Appena accettò la chiamata il viso di Giuseppe si tinse di preoccupazione, i muscoli tesi, un pugno stretto attorno al lenzuolo, Emmanuel, ormai più vigile che mai, lo fissava cercando di cogliere tra le sue parole scarne e i suoi gesti nervosi una qualsiasi informazione.

"Che succede?"
"Olivia ha bisogno di me"
"Per cosa? Si sente male?"
Giuseppe iniziò a vestirsi "No, non penso, ho capito solo che ha battuto l'auto e non può chiamare nessun altro"
Emmanuel annuì seriamente "Vuoi che ti accompagni?"
"Non credo sarebbe il caso" rispose Giuseppe mentre finiva di abbottonarsi la camicia "Hai regione, tengo il cellulare a portata di mano per qualunque cosa"
Giuseppe si avvicinò a lui e lo salutò con un rapido bacio sulle labbra, come se fossero una vecchia coppia di sposi che ripete un gesto ormai rituale, Emmanuel sorrise di quel piccolo gesto ma si tenne quel piccolo bagliore di gioia per sé stesso.

Raggiunse Olivia circa dieci minuti di auto dopo e la trovò sul coglio di una strada poco frequentata, stretta nell' elegante cappotto nero, infreddolita e indispettita.
"Non ti avrei voluto chiamare, ma Federica non mi rispondeva"
Giuseppe annuì semplicemente non sapendo come comportarsi nei suoi riguardi, si avvicinò così al cofano della macchina constatando un danno non indifferente "Non sono un meccanico, ma credo che tu debba chiamare il carattrezzi domani, il tuo hotel è qua vicino, posso accompagnarti"
Olivia sbuffò, scocciata nel dover chiedere questo favore all'uomo che le aveva confessato un tradimento e da cui cercava di separarsi per qualche giorno nel tentativo di schiarire le idee e far sbollire la rabbia.
"D'accordo"
Giuseppe accese l'auto di Olivia per parcheggiata qualche metro più avanti in uno spiazzo di terra e la invitò poi a seguirlo sulla sua automobile prendendo i suoi bagagli.
"Eri con lui?" domandò Olivia non appena Giuseppe fece girare la chiave nel quadrante "Che importanza può mai avere?"
"Ha importanza per me"
Giuseppe sospirò mentre la strada sfrecciava sotto di loro
"Perché ha importanza Olivia? Per torturati? Mi dispiace" rispose Giuseppe distogliendo per un attimo gli occhi dalla strada "Mi dispiace averti fatto del male e posso comprendere la tua frustrazione, ma non ti aiuterò ad alimentarla"
"Parli di me come se fossi una deviata mentale" borbottò Olivia mentre osservava il panorama attaverso il finestrino bagnato dalle prime gocce di pioggia
"Non penso che tu sia una deviata mentale, penso solo che sapere cosa succede tra me e lui sia una sofferenza che posso risparmiarti"
"Allora succede qualcosa"
"Olivia..."
Lei sospirò "Lo ami?"
"Ma che domande sono, io... Non so se..."
"Voglio sapere che tutto ciò non è successo per niente" proseguì Olivia con la voce incrinata da un pianto imminente, ma Giuseppe era certo che non si sarebbe concessa il lusso di un pianto liberatorio davanti a lui, avrebbe accennato giusto qualche lacrima troppo amara per essere ricacciata indietro, non avrebbe più avuto niente di così intimo da quella donna tanto forte e orgogliosa.
"Voglio sapere" riprese Olivia dopo qualche secondo di silenzio "Che mi hai lasciata per qualcuno che vale la pena, per qualcuno che ami, che non hai buttato sette anni di relazione al diavolo per una tresca senza senso"
Giuseppe prese qualche secondo per rispondere mentre accostava l'auto vicino all'hotel di Olivia "Credo di amarlo, sì, non penso che sia solo una tresca, ma non so cosa sia"
Olivia annuì e si passò velocemente una mano sul viso nel fallimentare tentativo di nascondere qualche lacrima di troppo sfuggita al suo controllo "Mi dispiace davvero molto Olivia, per qualsiasi cosa..."

Scesero entrambi dall'auto e lui le porse le piccole valigie che nella fretta del loro litigio era riuscita a fare, Olivia iniziò a parlare senza neanche guardarlo in faccia "Non abbiamo figli, non siamo sposati e la casa è intestata a te, non voglio niente. Tornerò a prendere le mie cose e..."
"Olivia, ti prego guardami"
Lei alzò lo sguardo tentando di mostrare un orgoglio che però non possedeva, l'unica cosa che Giuseppe riusciva a vedere era una donna ferita, e la consapevolezza di essere stato lui a ferirla in quel modo gli lacerava il cuore. L'ennesimo fallimento della sua vita, l'ennesima persona in lacrime di fronte a lui con delle valigie in mano, l'ennesima delusione.
"Io Olivia ti ho amata così tanto e così profondamente che non so nemmeno dirtelo. Ho mandato a puttane il mio matrimonio perché ti amavo e non potevo stare senza di te"
Olivia annuì cercando di non farsi sopraffare dall'emozione "Ti assicuro che non ti ho mai tradita, che non ti ho mai fatto una cosa del genere, ma stavolta è diverso, avrei preso in giro entrambi, non potevo far finta di niente..."
"È bastata una sola persona per portarti via da me, una, e anche tra le più insospettabili. Vuol dire che hai scelto bene, o per lo meno hai scelto con il cuore"
Era destabilizzato dalla sua reazione, quella sera aveva pianto, gridato, era fuggita ed era un comportamento che Giuseppe riusciva a comprendere, invece adesso era di fronte a lui con la sua statuaria bellezza ammaccata dalla sofferenza, sempre meravigliosa nonostante il dolore, un fiore tormentato dalla pioggia, e gli parlava di amore, di sentimenti. Avrebbe voluto che si sfogasse e tirasse fuori ogni tormento perché sapeva che lo avrebbe fatto una volta varcata quella porta, da sola.
"Olivia incazzati"
"Come?"
"Perché non sei furiosa con me? Urlami qualcosa, reagisci"
"Ho reagito prima, adesso a che servirebbe?"
Giuseppe sospirò
"Non voglio urlarti addosso anche se avrei l'impeto di farlo perché so cosa vuol dire lasciarsi sopraffare dalle emozioni. L'ho scoperto quando ad una riunione genitori insegnanti ho incontrato un bellissimo uomo con la fede al dito e me ne sono infischiata, ho scoperto cosa vuol dire non sapersi controllare quando ti sono saltata addosso in casa tua e abbiamo fatto l'amore sul tuo letto matrimoniale. Come posso io giudicarti?"
Giuseppe rimase a bocca aperta, incapace di dire altro dopo quelle parole così serie e al contemporaneo dolci e malinconiche.
"Anche io ti ho amato tanto Giuseppe, e ti amo ancora"
"Olivia..."
"Sii felice" rispose lei prima di sparire dietro il portone dell'hotel  "Almeno sii felice, Giuseppe"
E lo lasciò lì sul marciapiede, un cuore confuso, una mente stanca, come trafitto da una lama appuntita, sentendo dentro di sé il rumore di qualcosa di spezzato.

Quando tornò a casa Emmanuel era sveglio, stava steso nel letto col cellulare in mano si drizzò su non appena vide Giuseppe varcare la soglia della camera.
"Com'è andata? Sta bene?"
"Non si è fatta nulla, dovrà rifare un pezzo della macchina"
"Avete parlato?"
"È come se mi avesse scavato dentro l'anima, Ema"
Emmanuel lo invitò a sedersi sul letto mentre Giuseppe finiva di spogliarsi
"Cosa ti ha detto? Qualcosa di così cattivo?"
"No, anzi. È stato così... Non trovo le parole. L'ho distrutta, credo, ma mi parlava con una serietà e una maturità... La mia ex moglie non mi parlò così"
Emmanuel gli passò dolcemente una mano sul viso dove il primo accenno di barba rendeva la pelle più ruvida "E tu come ti senti?"
"Un uomo vile. La mia felicità distrugge sempre qualcuno, è un film già visto e al quale sono stanco di partecipare"
Emmanuel con invitò a stendersi e lo abbracciò con calore "Non sei vile".
Giuseppe si lasciò cullare tra le braccia muscolose di Emmanuel, stupito di trovarsi tanto bene avvolto da un corpo così simile al suo.
"Sei il mio francese preferito" sussurrò col viso appoggiato sul suo collo.

Emmanuel sorrise mentre accarezzava dolcemente la schiena del collega "Lo prendo come un complimento"
"Devi, a me non piacciono i francesi"

Si addormentarono cullati dal ticchettio della pioggia, qualche rompo di tuono lontano, e la mattina li ritrovò proprio così, ancora stretti l'uno all'altro.
"Buongiorno Giuseppe" sussurrò Emmanuel col sorriso stampato sul viso, gli occhi ancora piccoli per il sonno
"Buongiorno straniero"
"Straniero?"
Giuseppe sorrise "Sì, straniero"
"Dobbiamo andare a lavoro, alzati"

Sembrava una tranquilla giornata come altre mille, la solita gente, un tempo umido e freddo, le impronte bagnate nei corridoi, entrambi avvolti nei loro completi diretti in aule diverse. Si salutarono come se niente fosse successo, un sorriso cordiale e una pacca sulla spalla aspettando l'ora di pranzo per poter mangiare insieme.
Gli alunni quella mattina parevano mezzi addormentati, forse a causa del tempo autunnale e così grigio, ma non mancavano le prime file piene di mani alzate per le domande di fine lezione.
"È strano oggi" era la voce di Dario, uno dei suoi assistenti che si era avvicinato per porgli un plico di documenti che gli aveva chiesto
"Strano come?" domandò Giuseppe infilando i fogli in borsa
"Non saprei, forse è il tempo, oggi mi sembrano tutti un po' strani" rispose vagamente Dario congedandosi con un rapido saluto.

Arrivata finalmente l'ora di pranzo incontrò Emmanuel davanti la mensa "Ehi straniero" lo salutò calorosamente "Mi aspettavi?"
Entrarono chiacchierando del più e del meno nella mensa adiacente all'università e non appena ebbero varcato la soglia tutta la stanza parve congelarsi, un silenzio innaturale calò su tutti i presenti, gli occhi puntati addosso a loro come per squadrarli.

Senza dire niente raggiunsero i loro colleghi di sempre, Giuseppe prese posto davanti ad Antonio intento a chiedergli delucidazioni ma fu fermato dallo sguardo severo del collega "Quindi voi due scopate?"
"Antonio... Chi ti ha detto una cosa simile?"
Il resto del tavolo rimaneva in silenzio, Michela giocherellava con il purè di patate, Marco guardava oltre con lo sguardo perso, una strana tensione attraversava tutti i presenti, Antonio aveva il pugno stretto attorno alla sua forchetta mentre qualche studente curioso osservava il tavolo dove parte dei docenti si era riunita.
"Rispondi Giuseppe, siete due finocchi?!"

Disse quella parola con così tanto trasporto che tutta la stanza parve averla sentirà dato che molti dei presenti drizzarono la testa, quella parola rimbombava tra le mura della stanza e nella testa di Giuseppe con una prepotenza tale che sentì un vuoto allo stomaco.

Omnia vincit amor || Macronte Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora