Forse non so amare

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Giuseppe per quelle settimane si recò in facoltà come se niente fosse successo, ignorando i pettegolezzi di corridoio, le occhiate curiose dei colleghi, quelle sfuggenti di Michela.
Ormai anche lei gli parlava poco, troppo imbarazzata di aver confessato i suoi sentimenti, e forse troppo orgogliosa per ammettere che quel rifiuto l'avesse ferita a morte, che vederlo chiacchierare amabilmente con Emmanuel fosse una ferita estremamente profonda.
Qualche volta era inevitabile per Giuseppe e Antonio incontrarsi nei corridoi, talvolta doversi perfino scambiare qualche parola durante i consigli, gli incontri, questioni di mera organizzazione che richiedevano però la loro partecipazione.
Giuseppe aveva saputo da altri colleghi che la faccenda di Antonio e della sua storia clandestina era giunta alle orecchie della moglie che lo aveva cacciato di casa, qualcuno scommetteva che presto anche il rettore non avrebbe mancato di dire la sua e che il povero Antonio si sarebbe ritrovato in una situazione per niente inviadibile.
Giuseppe se ne sentì profondamente colpevole, nonostante le brutte parole che Antonio aveva rivolto a lui ed Emmanuel, nonostante lo scherno che avevano dovuto sopportare, era certo che il marasma di problemi in cui era finito Antonio poteva ritenersi una punizione eccessiva.
"Il rettore farà di tutto per mandarlo via" gli confidò una voglia Giorgio appoggiato alla macchinetta del caffè, la voce appena udibile e gli occhi eccitati da quelle circostanze tanto insolite "Non può licenziarlo per una cosa simile, ma ti assicuro che Antonio non la passerà liscia, quell'uomo è capace di tutto"
Giuseppe a queste parole scuoteva le spalle  consapevole che tanti gossip giungessero al suo orecchio solo per scuscirgli qualche informazione in più che Giuseppe teneva però gelosamente custodita. E d'altronde cosa potevano valere mai i suoi racconti quando sulla faccenda si era creata una vera e propria raccolta di pettegolezzi infondati.
Qualcuno aveva addirittura fatto girare la voce che tra lui Antonio ed Emmanuel ci fosse una sorta di triangolo amoroso, teoria di qualche giovane studente che voleva vedere nelle parole disgustate di Antonio un qualcosa di più, un' omosessualità celata, a Giuseppe veniva quasi da ridere per la quantità di fesserie che giravano ormai per l'ateneo, ed era diventato così estraneo ad esse da trovarle quasi divertenti.
"Alcune di queste storie meritano il premio Stega per la fantasia" ammise una volta Emmanuel mentre facevano colazione "Se mettessero tutto quell'impegno nello studio incece che in queste storielle probabilmente sarebbero già tutti laureati" aveva rincarato Giuseppe portandosi la tazza di caffè alla bocca.

Quella mattina piovosa aveva messo addosso a Giuseppe una tale voglia di restare sotto le coperte con Emmanuel che aveva dovuto fare appello a tutta la sua professionalità per non fingere un improvviso malore e assentarsi per tutta la giornata.
Odiava l'autunno, la pioggia, il vento che gli sferazava fastidiosamente le guance arrossate, mentre Emmanuel pareva adorarlo, inspiegabilmente. Giuseppe bramava il sole pomeridiano sulla pelle, il richiamo del mare, la salsedine ad increspare i capelli, e più pensava alla sua bellissima Puglia, stretto nel pesante cappotto, più sbuffava mentre si avvicinaca a grandi falcate all'ingresso del palazzo.

Le ore di lezione trascorsero normalmente, ormai, seppure la vita privata dei docenti suscitasse ancora molto interesse, la sessione invernale era vicina ed era evidente che a nessuno interessasse più farsi beccare a parlar male dei professori che di lì a poco avrebbero dovuto valutarli e decidere l'esito dei loro esami, dopotutto è risaputo che i professori universitari si fanno pochi scrupoli.
Perfino tra i colleghi la situazione sembrava essere più calma, Antonio aveva mantenuto la sua posizione, il rettore quindi non aveva preso alcun provvedimento forse perché impedito dalla burocrazia, perché ignaro del tradimento o solo per superiorità, ma ormai Giuseppe conosceva la vita del suo ex amico solo tramite qualche collega con cui parlava di fronte alla macchinetta del caffè.

Tutto sembrava essere tornato alla normalità.

Si recò nel suo studio per i colloqui con gli studenti, aveva sempre preferito riceverli e vederli in faccia piuttosto che essere sommerso da decine di mail da controllare più e più volte, avere un dialogo con gli studenti permetteva loro di fare più domande possibili in una sola volta invece di intasare la sua casella postale, e poi trovava interessante poter parlare con alcuni di loro, creare un legame nonostante si rivolgesse a classi troppo ampie perché ciò accadesse.
Il suo zelante assistente Dario gli consegnò la copia con i nomi degli studenti che avevano prenotato un appuntamento, Giuseppe lo ringraziò e scorse velocemente contando quattro studenti.
Quando toccò all'ultima studentessa Giuseppe la invitò ad entrare e la fece accomodare con gentilezza, era una ragazza molto giovane, probabilmente una matricola al primo anno, aveva uno sguardo molto dolce seppure i suoi occhi vagassero da una parte all'altra della stanza con nervosismo.
"Lei è...?" domandò Giuseppe mentre cercava il foglio fornitogli da Dario "Scusi ma non trovo più..."
"Si figuri, sono Beatrice Lundberg"
Giuseppe alzò immediatamente il volto per posarlo nuovamente sulla ragazza, scrutandola con attenzione, lei, imbarazzata e nervosa riprese a parlare "Sono una matricola e avevo alcune domande sul materiale didattico, so che non le piace ricevere mail".
Giuseppe cercò in tutti i modi di essere professionale, di rispondere adeguatamente ed esaustivamente alle domande della giovane ragazza che prendeva appunti velocemente sul suo taqquino, ma non riusciva a rimanere concentrato.
"Io avrei finito" esordì la ragazza tirando su la testa e tornando a guardare il professore
"Le posso fare una domanda? Lei ha detto di chiamarsi Beatrice Lundberg, giusto?"
"Sì, è un cognome svedese, ma il mio nome è italiano"
"Già, per caso suo padre si chiama Adam Lundberg?"
"Sì, lo conosce? Mio padre non è nell'ambiente dell' avvocatura"
"Il suo nome non mi giunge nuovo, che lavoro fa?"
"È il direttore di una banca"
"Qua a Firenze?"
"Sì"
Giuseppe continuò a squadrate la ragazza, i suoi occhi di un azzurro intenso, i capelli biondo cenere, la pelle nivea, era conscio di risultare un po' inquietante, ma non riusciva a smettere di fissarla ripetendo nella testa il suo nome.
"Posso andare, professore?"
"Certo" rispose regalandole un sorriso "Buon pomeriggio signorina"

Quando tornò a casa di Emmanuel, quella che ormai era diventata a tutti gli effetti anche casa sua, trovò il suo compagno intento ad impastare quello che, a prima vista, era l'impasto di una pizza.
"Ciao straniero" lo salutò Giuseppe con un bacio "Un francese che fa la pizza" osservò sorridendo, il mento appoggiata sulla spalla dell'altro "Ironico"
"Smetti di fare lo stronzo?"

A discapito di quanto Giuseppe aveva immaginato la pizza di Emmanuel era molto buona, anche se Giuseppe mai gli avrebbe dato questa soddisfazione. Si presero così in giro tutta la sera, come due ragazzini, finché Giuseppe non assunse un tono più serio
"Oggi mi è successa una cosa"
"Dimmi" rispose Emmanuel mentre faceva partire la lavastoviglie
"Ho incontrato una mia alunna al ricevimento, lei ha... Il suo cognome, so di chi è figlia"
"È figlia di un politico?"
"No, non è quello"
"Un uomo importante? Famoso?"
"No, lei è figlia di un certo Adam Lundberg"
"Dovrei sapere chi è?" domandò Emmanuel appoggiandosi alla parere con le braccia incrociate, intento ad ascoltare le parole di Giuseppe
"Tu no, ma io sì"
"Chi è questo Adam?"
"L' ex compagno di Olivia"
"Oh, quindi?"
"Non capisci... Non credevo vivesse a Firenze"
Emmanuel si fece più serio "È successo qualcosa? La picchiava? Sa dov'è?"
"No, almeno io credo di no. Lui l'ha abbondata pochi anni dopo la nascita di sua figlia"
Emmanuel aprì gli occhi sorpresi "Oh"
"Già, e ora vengo a sapere che non solo vive a Firenze, ma ha un'altra famiglia di cui Olivia non ha mai saputo nulla. Quella ragazza, Beatrice... Ti giuro che è la copia di Eva"
"Olivia non sapeva di quest'altra figlia?"
"No, me lo avrebbe detto"
Emmanuel sospirò "Mi dispiace, che brutta situazione"
"Già, devo parlare con Olivia"
"Non credo sia il caso" rispose Emmanuel
"Perché no?"
"Perché non credo siano più affari tuoi"
"Vuoi scherzare? Sono stato con lei fino a poco tempo fa, mi ha raccontato tutto di quello stronzo, glielo devo"
Emmanuel prese un sospiro profondo e si sedette sul divano, come se dovesse trovare le parole adatte per spiegare un concetto estremamente complesso
"Credo che tu debba lasciar andare Olivia"
"Cosa intendi?" domandò Giuseppe con lo sguardo perplesso
"Parli sempre di lei, non te ne rendi conto?"
Giuseppe rimase a guardarlo per qualche attimo con la bocca socchiusa "Non parlo sempre di lei" replicò "A volte mi succede, ma solo perché siamo stati insieme per tanto tempo, i nostri figli sono cresciuti insieme, è una parte di me che non posso cancellare dall'oggi al domani"
"Me ne rendo conto" rispose con calma Emmanuel "Però devi anche comprendere che risulta molto difficile per me convivere con la sua costante presenza, ti assicuro che a volte è come averla qua che gira per casa, sento più il suo nome sulla tua bocca che il mio"
Giuseppe scosse la testa infastidito da quelle affermazioni "Non esagerare, Ema, parlo di lei a volte, ma non dico mai niente di che"
"È ciò che dici, Giuseppe, forse non te ne rendi conto"
"L'ho lasciata per te, ti serve un'altra dimostrazione di amore da parte mia? Cosa devo fare?"
Emmanuel si alzò dal divano e lo indicò con un gesto nervoso "Di questo sto parlando! Non fai che ripetermi questa frase. Ti ho costretto a lasciarla? Ti ho obbligato a venire a vivere con me?"
Giuseppe sbuffò "Sai che non intendo questo"
"Hai lasciato Olivia per me e io devo essere all'altezza di questa decisione così ardua e sofferta. Tu quantifichi l'amore, è come se stessi cercando di fare una valutazione costi-benefici delle nostra storia rispetto a quella con la tua ex"
"Non è assolutamente vero" replicò Giuseppe stringendo i pugni "L'ho lasciata per te proprio perché ti amo, non vi sto confrontando, sto solo dicendo che per amor tuo l'ho fatto"
"Chi te l' ha chiesto?" domandò Emmanuel con un tono glaciale "Se per te quella donna è così importante torna da lei"
Giuseppe scosse la testa contrariato "Ma che cazzo stai dicendo?" gridò "Mi dipingi come un uomo che non sono"
"Facevi così anche con Olivia? Le ricordavi che per amor suo avevi mandato a puttane il tuo matrimonio?"
Giuseppe rimase a bocca aperta qualche minuto per metabolizzare quelle parole, Emmanuel davanti a lui con i pugni stretti e il respiro accelerato dopo aver gridato contro di lui.
"Che uomo pensi io sia?"
Emmanuel abbassò lo sguardo
"Forse è vero che non so amare, forse so amare solo in modo sbagliato, quantificando l'amore come hai detto te. Io però chiamerò Olivia, le dirò di Adam e non penso di doverti dare spiegazioni in merito"
"Non mi devi spiegazioni di ciò che fai, certo, anzi già che ci sei passa pure tutta la sera con lei, non ti disturbare a tornare" sputò quella frase con odio mentre spariva nel corridoio.
Giuseppe afferrò il cappotto e uscì di casa furioso sbattendo la porta.
"Vaffanculo Emmanuel" borbottava mentre raggiungeva la sua auto, digitando il numero di Olivia sul cellulare.

<<Giuseppe?>>
<<Possiamo vederci? Devo dirti una cosa importante>>

Omnia vincit amor || Macronte Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora