En français

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Giuseppe si precipitò verso lo studio di Antonio con una gran voglia di prenderlo a pugni, almeno, pensò, si sarebbe beccato una segnalazione per qualcosa che aveva realmente commesso. Con sua delusione scoprì che la porta dell’ufficio era chiusa a chiave, il desiderio di cercarlo per tutta la facoltà e affrontarlo era molto, ma dovette necessariamente arrendersi all’idea vista la tarda ora che si era fatta.
Tornò sui suoi passi, furioso come poche volte lo era stato, e si recò a lezione dispiaciuto per quegli studenti che si sarebbero sorbiti il suo pessimo umore; non appena ebbe varcato la soglia dell’aula fu chiaro a tutti quanto fosse arrabbiato e nessuno ebbe il coraggio di parlottare per tutti i novanta minuti di spiegazione. 

Notò Beatrice tra le prime file dell'aula, non lo guardava nemmeno, teneva lo sguardo fisso sul libro, probabilmente credeva di essere lei il motivo del umore scuro, ma a sentirsi in colpa davvero era Giuseppe per aver dubitato di lei e per averle rivelato quelle informazioni così delicate e personali. 

Si maledisse mentalmente per quelle parole, ma ormai Beatrice sapeva tutto, non sarebbe potuto tornare indietro. 

Tentò di scacciare quei pensieri, ma era troppo agitato per poter svolgere una lezione serena, si sarebbe scusato poi con i suoi studenti. 

Una volta rientrato in casa pensò di trovarvi Emmanuel a cui avrebbe voluto raccontare tutto per avere conforto, ma l’appartamento era deserto, con un po’ di delusione poggiò la borsa e le chiavi all’ingresso e si aprì una birra da consumare davanti alla tv, come se in qualche modo un po’ di cronaca sportiva potesse farlo rilassare.

Non dovette attendere molto prima di sentire il rumore della serratura, si alzò per andare dal suo compagno, pronto a sfogarsi e raccontargli tutto di quell’assurda giornata, ma rimase in silenzio quando lo vide rientrare col fiatone, una t-shirt resa ancora più aderente dal sudore e gli auricolari infilati nelle orecchie “Ehi” esordì Emmanuel mentre Giuseppe lo fissava come incantato “Ehi.. Eri a correre?”
“Sì” rispose l’altro togliendosi le cuffiette e andando a prendersi qualcosa da bere in cucina”Che succede? Sembra che tu abbia visto un fantasma”
Giuseppe inghiottì un po’ di saliva e si schiarì la gola “No, nessun fantasma”
“E allora come mai quella faccia?”
“Guardavo te” rispose semplicemente Giuseppe osservando le curve del suo corpo, i lineamenti dei suoi muscoli come se non li avesse mai visti.
Emmanuel poggiò la bottiglia d’acqua sul ripiano della cucina e si avvicinò a Giuseppe quel tanto che bastava per sfiorargli appena il volto col naso, strusciandosi lentamente a lui come un gatto “E ti sta piacendo quello che vedi, professore?”

"Non sai quanto" gli sussurrò sulla labbra senza però baciarlo. 

Emmanuel gli si fece ancora più vicino nel tentativo di far incontrare le loro labbra “Vado a farmi una doccia” sussurrò prima di allontanarsi a passo cadenzato verso il bagno, consapevole di avere gli occhi del compagno puntati addosso.

Si spogliò con cura mentre lasciava scorrere l’acqua e quando fu sufficientemente calda si abbandonò sotto il getto bollente, le guance ancora arrossate dal contatto avuto prima con Giuseppe, si sentiva un maledetto ragazzino ogni volta che stava accanto a quell’uomo, non provava certe cose da anni. Lui, un uomo che aveva superato i quarant’anni e che aveva avuto così tante storie arrossiva solo nel sentire quell'uomo pronunciare il suo nome, sfiorare la sua pelle, sorrise al pensiero di quanto fosse ridicola quella sensazione, ma al contempo di quanto fosse sublime essere così felice accanto a qualcuno.

Mentre passava le mani con cura lungo il suo corpo per insaponarsi notò che Giuseppe era in piedi sulla soglia della porta, un sorriso malizioso e divertito stampato sul viso, una mano in tasca, lo osservava con un’attenzione maniacale, come se stesse ammirando un’opera d’arte. Con la coda dell’occhio notò che Giuseppe aveva fatto qualche passo in avanti verso la doccia, la cravatta già slacciata penzolava lungo il suo busto, così decise di farlo decisamente impazzire iniziando a toccare il suo corpo in modo più delicato e lascivo, invece di insaponarsi con rapidità permetteva alle sue mani di navigare sul suo corpo con più cura e attenzione, si rese conto che Giuseppe era rimasto immobile a fissarlo, avrebbe pagato per vedere la sua faccia in quel momento, ma preferì continuare a fingere di ignorarlo.
Le sue mani iniziarono piano a scendere lungo il suo busto fino a dedicarsi alla sua intimità, inizialmente con qualche tocco rapido, poi con sempre più intensità reclinando la testa sotto il getto rovente, la schiena appoggiata contro le piastrelle per darsi sostegno mentre, ne era certo, Giuseppe lo stava fissando a bocca aperta nel momento in cui si stava dando piacere al posto suo, mentre si toccava come il suo compagno avrebbe voluto fare.
Decise di esagerare, di farlo impazzire di desiderio, ed iniziò a gemere il suo nome mentre la sua mano percorreva rapidamente la sua erezione, impudico e dannatamente bello, l’acqua ancora a percorrere ogni lineamento del suo corpo accaldato con devozione, conscio che vederlo toccarsi e gemere il suo nome lo avrebbe fatto cedere.
“Giuseppe…” gemette un’ultima volta prima che gli sportelli della doccia venissero aperti e, con ancora indosso tutti i vestiti, Giuseppe entrò in doccia e lo afferrò per coinvolgerlo in un profondo bacio, incurante dell’acqua che aveva inzuppato i suoi abiti, la camicia e i capelli appiccicati alla pelle, intento a prendere possesso di quelle labbra divine che avevano sussurrato il suo nome con così tanta bramosia. 

Omnia vincit amor || Macronte Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora