Lexa

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<<Lex!>>, la chiamai. Lei prese la bambina in braccio, affrettandosi ad uscire dal bar. Lanciai i soldi della cioccolata sul tavolo, prendendo il cappotto e il quaderno per andarle dietro. Correndo, mi cadde la penna, tuttavia non ebbi tempo per voltarmi a prenderla, altrimenti non l'avrei potuta raggiungere.

<<Lexa!>>, la chiamai di nuovo, spingendo bruscamente un uomo che stava per entrare e che mi guardò malissimo. Se mai l'avessi rivisto mi sarei scusata, ma in quel momento non mi importava di nessuno. Mi guardai intorno, lasciando che l'aria fredda di Polis mi colpisse in faccia, cercando di trovare i suoi capelli castani. La trovai non molto lontano, affidava la ragazzina a delle persone che conoscevo benissimo e perciò mi affrettai a raggiungerla.

<<Lexa>>, dissi per l'ennesima volta. Lei mi sentì, poiché notai le sue spalle irrigidirsi. Non si voltò per guardarmi in maniera sconvolta come avevano fatto gli altri, limitandosi a farsi spazio tra sua madre e suo padre per andare definitivamente via. Le mie gambe si mossero di propria volontà, però la mano robusta di Titus, il padre di Lexa, mi fermò.

<<Lasciala andare>>, disse con voce seria. Non gli piacevo molto, anche se non avevo mai capito pienamente il motivo. Certo, non aveva mai provato ad uccidermi, però era evidente che ci fosse qualcosa in me che non apprezzava. Costia, quando le parlai della mia cotta per Lexa, mi disse che forse non era contento al pensiero che potessi fare del male a sua figlia. Non l'avevo mai presa sul serio, però, mentre guardavo i suoi occhi furiosi, mi resi conto che forse aveva avuto ragione lei. Come sempre, dopotutto.

<<Clarkie>>, esclamò Becca, prendendomi il volto tra le mani. Sorrisi, incontrando i suoi occhi scuri. Notai, con affetto, le rughette che si formarono ai lati dei suoi occhi, segno di vecchiaia. Non avrei voluto esagerare, però notavo persino un accenno di bianco in quella chioma mora che avevo davanti. 

<<Ciao, Becca>>, dissi, lasciando che mi stringesse tra le sue braccia. Mi resi conto, in quel momento, che il suo era il primo abbraccio che ricevevo da quando ero giunta in città. Sospirai, ricambiandolo di cuore.

<<Lei è Clarke?>>, domandò la voce adorabile che mi aveva interrotto prima. Ci allontanammo e, nonostante gli occhi lucidi che mi erano venuti, riuscii comunque a riservare un sorriso alla piccoletta che teneva Titus per mano.

<<Sì, sono io>>, ammisi.

<<Mama parlava sempre di te>>, disse, sorridendomi. Chiusi gli occhi, sentendo il cuore perdere un battito al pensiero che quell'esserino fosse la figlia di due delle mie migliori amiche. Al pensiero che Costia le avesse parlato di me e magari anche Lexa. 

<<Eravamo ottime amiche>>, dissi.

<<Parlava di te come se fossi una sorella, in realtà. Mi diceva persino che avrei dovuto chiamarti "zia Clarke". Come se chiamavo una sconosciuta "zia">>, commentò con leggerezza e non potetti evitare di ridere. 

<<Entriamo dentro, piccola, che dici?>>, disse Titus, abbassando lo sguardo per sorridere a sua nipote. <<Immagino che la mamma non ti abbia preso il dolcetto che volevi>>, aggiunse, facendola annuire con enfasi. Li guardai allontanarsi, prima che la piccoletta si voltasse per salutarmi con un cenno della mano. 

<<Come va, Clarke?>>, domandò Becca appena giunsero dall'altra parte della strada.

<<Ho passato otto anni della mia vita lontana dalle persone che amavo, perciò pensavo di essermi abituata all'idea di restare da sola. Eppure, quando ho saputo di lei, mi sono sentita improvvisamente affondare come se, nonostante il fatto che fossimo lontane, Costia fosse l'unica cosa che mi teneva a galla>>, sussurrai, incontrando i suoi occhi. 

The future I found in the pastDove le storie prendono vita. Scoprilo ora