Costia

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Flashback:
<<E la tua amica, Costia? Sarà un problema?>>, domandò l'uomo, incrociando le braccia al petto. La ragazza scosse la testa, osservando il telefono in attesa di una riposta da parte di Clarke.

<<Era così sconvolta che se vi vedesse in mezzo alla strada non vi riconoscerebbe nemmeno>>, aggiunse lei, stringendo le sopracciglia. Dove si era andata a cacciare?

<<Vedremo...>>, mormorò l'uomo, scuotendo la testa.

Sarebbero diventate un problema di cui occuparsi. Entrambe.

-Presente-

<<Quindi, vediamo se ho capito bene...Siete convinte che in qualche modo Costia conoscesse la nuova fidanzata di Clarke e avesse deciso di lasciare a lei il famigerato messaggio?>>, domandò Anya. 

Appena accompagnati i bambini a scuola, Lexa era passata per raccontare alle due donne quello che avevamo scoperto la sera precedente. Ovviamente, sembrava una cosa stupida anche solo a pensarla, però sembrava essere l'unica strada che possedevamo per davvero. Doveva esserci un motivo se Costia si era spinta fino ad Azgeda, ma soprattutto che tra tanti luoghi si fosse fermata proprio al di fuori del ristornate dove lavorava Niylah.

<<Più o meno>>, disse Lexa.

<<Non è la mia ragazza>>, dissi nello stesso momento, ricevendo uno scappellotto dietro la testa da Raven. Alzai le spalle, massaggiandomi la nuca.

<<Costia non ci ha mai raccontato di conoscere qualcuno che abita ad Azgeda, né tanto meno ricordo un suo viaggio lì>>, disse Raven, scostandomi bruscamente per prendere un bicchiere dalla credenza. Da quando aveva saputo di Finn aveva cominciato ad essere più fredda nei miei confronti, non era mai stata scortese, tuttavia riuscivo a leggerglielo negli occhi che non sapeva come comportarsi e avevo capito che desiderava io sparissi. Con molta più dolcezza, infatti, porse il bicchiere con la spremuta d'arancia a Lexa e mi ignorò, andando a sedersi.

<<Be', visto quello che abbiamo scoperto in questi giorni, immagino che la cosa non dovrebbe stupirci>>, mormorò Lexa, mordendosi il labbro inferiore. 

<<Clarke, come hai conosciuto questa ragazza?>>, domandò Anya, stringendo le sopracciglia. Non l'avevo mai vista all'opera in un caso, ma immaginavo che fosse appena entrata nel suo ruolo di poliziotta.

<<Vive nell'appartamento adiacente al mio. Arrivò un anno dopo di me. Parlammo una sera sul pianerottolo perché lei aveva bisogno di una mano con delle cose, poi una cosa tira l'altra e siamo diventate amiche>>, spiegai. 

<<Lei non ti ha mai fatto o detto qualcosa di sospetto? O che, ad oggi, possa aiutarci a comprendere che conosceva Costia?>>, continuò lei con le sue domande. Storsi il naso, cercando di scavare nella mia memoria qualsiasi conversazione o gesto strano. Improvvisamente, ricordai un piccolo dettaglio di parecchie sere prima. Poteva anche essere una strana coincidenza, tuttavia era meglio raccontarlo.

<<Un mesetto fa, venne a cena da me. Portò una confezione con dei noodles con le verdure, e ascoltami prima di intervenire>>, dissi, zittendo Anya con un cenno della mano. <<A nessuno di voi piaceva la cucina orientale, solo a me e Costia. Ogni volta che uscivamo insieme, ordinavamo sempre quelli. Da quando me ne andai, non li avevo più rimangiati e posso assicurarvi che non glielo ho mai raccontato a Niylah. Perciò, com'è possibile che lei sapesse che mi piacevano?>>, terminai. 

<<Credi che lei e Costia si fossero viste e glielo abbia detto lei>>, affermò Raven. Annuii. 

<<Chiama la tua amica. Penso sia arrivato il momento di farci due chiacchiere>>, disse Anya.

<<Sto provando a contattarla da ieri sera, ma non risponde né alle chiamate né ai messaggi. Mi sto preoccupando perché non è da lei sparire così>>, mormorai, stringendo la mascella. 

<<Andiamo lì allora. Così parliamo faccia a faccia>>, disse Raven.

<<Tutte e quattro insieme? Se è vero che ci controllano, sarebbe troppo sospetto>>, disse Anya, scuotendo la testa. 

<<Andrò da sola. Riempirò un borsone, così al mio ritorno chiunque ci controlla penserà che sono andata semplicemente a prendere altri vestiti>>, proposi. 

<<Sarebbe troppo pericoloso. Se ti seguono, sarai da sola>>, disse Lexa, scuotendo la testa con decisione. Anya e Raven la guardarono con un sopracciglio inarcato, confuse dalla preoccupazione nel suo tono di voce. Dal canto mio, non potetti evitare la nascita di un piccolo sorrisetto che provai, inutilmente, a coprire abbassando il volto. 

<<Verrò io con te: a differenza di Anya e Raven, il mio capo mi ha dato delle ferie anticipate che non sono ancora finite. Inoltre, se prendiamo un aereo dovremmo riuscire  ad andare e venire in un solo giorno e i ragazzi non sarebbero soli per troppo tempo>>, aggiunse subito dopo. 

<<Sei sicura?>>, le chiesi, studiando il suo volto con attenzione.

<<Sì, Clarke, sono sicura. Cercherò il primo volo per Azgeda. Partiamo il prima possibile così ci togliamo il pensiero>>.

***

In attesa che Lexa mi desse notizie riguardo il viaggio, mi ero ritrovata a camminare per la città. Alcune persone mi guardavano con curiosità: alcuni sapevano chi io fossi, altri non mi avevano riconosciuto oppure erano giunti in città dopo la mia dipartita, indipendentemente da chi fossero tuttavia, sapevano che si chiedevano tutti che diavolo ci facessi in quel posto. 
Al liceo, leggemmo "Dubliners" di James Joyce e notammo tutti quasi subito che non importava quanto i suoi personaggi provassero a lasciare Dublino erano tutti bloccati in Irlanda. Non potevano andarsene; erano paralizzati; condannati a morire nella città che li aveva rovinati dal primo momento. Ecco, Polis era più o meno la stessa cosa: tutti volevano andarsene, però nessuno ci riusciva oppure tornava indietro quando ci si allontanava.

Giunsi all'orfanotrofio, sicuramente spinta dagli avvenimenti di questi giorni, fermandomi ad osservare l'edificio. Per aumentare la monotonia della città, anche questo era composto da mattoni rossi. Otto finestre sembravano quattro paia di occhi che osservavano con attenzione i passanti. Da piccola ero terrorizzata da quelle finestre proprio perché insieme alla struttura sembravano dare vita a dei volti infuriati. Adesso, lo guardavo e sentivo soltanto solitudine e tristezza.

<<Posso aiutarla?>>, chiese la voce di una donna. Mi voltai, rendendomi conto che c'era qualcosa di familiare nel suo volto. Doveva essere una delle dirigenti del luogo, poiché ricordai di averla vista in differenti occasioni. 

<<Ehm...no, non si preoccupi. Mi ero persa nei miei pensieri>>, ammisi, sorridendole. 

<<Forse potrò sbagliare, eppure ho la sensazione di conoscerla già>>, disse, inclinando la testa di lato per guardarmi con attenzione. 

<<Una mia amica viveva qui prima di essere adottata. Spesso portava alcuni amici con sé, perciò sono passata in differenti occasioni da queste parti per parecchio tempo>>, dissi. La donna annuì, guardandomi come se stesse cercando di associarmi ad un determinato momento della sua memoria.

<<Ciao, Amanda>>, esclamò una voce maschile e possente. Spalancai gli occhi, il mio corpo si irrigidì e strinsi la mascella. Sentivo le gambe e le mani tremarmi, per non parlare del mento. Quella voce...quella voce stava portando in vita troppi ricordi, alcuni che persino non ricordavo più di avere.

Quattro. "Te l'avevo detto che avresti avuto bisogno di me".
Otto. "Hai persino ucciso, Costia? Sono colpito e sconvolto".
Dodici. "Collins la prenderà male, però. Avevamo degli affari in sospeso".
Sedici. "Hey, tu...tutto bene? Sembra morta pure lei".

<<Hey, tu...tutto bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma>>.


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