Octavia

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Non conoscevo la casa in cui mi trovavo. Ero completamente sola. I miei piedi mi portarono a camminare lungo il corridoio talmente stretto che le pareti, completamente nere, sembravano chiudersi su di me mentre avanzavo. Improvvisamente, il silenzio venne interrotto da un suono familiare e che non sentivo da troppo tempo. 

<<Costia>>, mormorai, affrettandomi a raggiungerla. Aprii una porta bianca, facendo il mio ingresso nella cucina della casa in montagna di Indra e Nyko. Intorno alla tavola, c'erano tutte le persone con cui ero cresciuta: Cos, Lexa, i nostri genitori (mio padre compreso), Octavia, Bellamy, Anya, Raven...tutti. 

<<Ti stavo aspettando Clarke>>, disse Costia, alzandosi dalla sedia per avvicinarsi a me. Mi poggiò una mano sulla spalla, sorridendomi con dolcezza. Non avevo la più pallida idea di ciò che stava succedendo, sapevo soltanto di doverle dire qualcosa che in quel momento non riuscivo a ricordare. 

<<Mi manchi>>, fu l'unica cosa che dissi. 

<<Come potrei mancarti se sono sempre al tuo fianco?>>, domandò, inclinando la testa di lato. Somigliava sempre ad un cucciolo smarrito quando lo faceva, solitamente quel gesto risvegliava in me una sorta di tenerezza. Mi si spezzava il cuore al pensiero che l'ultima volta che mi aveva guardato in quella maniera, era stato in macchina mentre mi incitava a rivelare a Lexa quello che provavo per lei. 

<<Non pensarci più. Non potrai goderti il presente se pensi sempre al passato>>, disse, come se potesse leggere i miei pensieri.

<<Mi dispiace, Costia>>, mormorai.

<<Non dispiacerti, Clarke. Promettimi solo che ti prenderai cura dei miei ragazzi, un po' di più di Aden. Ha bisogno di qualcuno che lo faccia parlare. Capisci, Clarke? Aden deve parlare>>.

<<Clarke!>>, una terza voce cominciò a chiamarmi, poi la terra sotto di me prese a tremare.

Aprii gli occhi di scatto, guardandomi intorno con agitazione. Lexa aveva la mano contro la mia spalla, per evitare che compissi dei movimenti bruschi. Eravamo ancora sull'aereo, il dolore lancinante al collo mi ricordò che mi ero addormentata in una posizione scomoda. Non avevo dormito bene negli ultimi giorni a causa dello stress, perciò ero stanca ma non mi sarei mai aspettata di addormentarmi proprio in aereo.

<<Hai cominciato ad agitarti, poi hai detto il suo nome. Stai bene?>>, domandò preoccupata. Annuii, drizzando la schiena e muovendo di lato la testa fino a sentire il soddisfacente rumore delle ossa scricchiolare. 

<<I miei sensi di colpa mi stanno giocando dei brutti scherzi>>, ammisi, stringendo le sopracciglia. 

<<Andrà bene, Clarke, vedrai. Abbiamo fatto piccoli passi in avanti>>, provò a rincuorarmi, mostrandomi un piccolo sorriso. 

***

Nel momento in cui parcheggiammo nel vialetto di casa di Anya e Raven, Lexa imprecò a voce bassa, fermando l'auto dietro ad una vettura a me sconosciuta. C'era qualcun altro in casa e dalla reazione della guidatrice, immaginai che non fosse una visita positiva.

<<Di chi è?>>, domandai, indicando l'auto con un cenno del capo. 

<<Octavia>>, rispose, aprendo lo sportello. La minore dei Blake, che aveva l'incredibile abilità di mettersi sempre nei guai e di entrare sotto la pelle di ognuno di noi. Ci guardava negli occhi, nonostante il fatto che fosse la più giovane, e comprendeva che c'era qualcosa che non andava. Sapeva quando le mentivi, sapeva quando avevi bisogno d'aiuto ma soprattutto sapeva farti aprire la bocca e chiudertela soltanto quando aveva ottenuto quello che voleva. 

The future I found in the pastDove le storie prendono vita. Scoprilo ora