Finn

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Questo capitolo è ambientato nel passato. Finn is the bad guy perciò se ci sono delle sue fan vi prego di non prendervela

Quando Clarke aveva diciotto anni, abbandonò Polis senza lasciare traccia. Questo era quello che sapevano tutte le persone che la conoscevano; questo era quello che veniva raccontato in città ogni volta che si parlava dell'unica figlia della dottoressa Griffin. 

Prima che Clarke sparisse, tuttavia, la sua vita sembrava essere perfetta. Certo, aveva perso suo padre e sua madre passava più tempo a lavorare in ospedale che a cercare di recuperare il rapporto con sua figlia P
però era felice: era circondata da persone che le volevano bene, i suoi amici si prendevano cura di lei ed erano in grado di leggerla semplicemente lanciandole un'occhiata. Lei e Lexa, una delle sue migliori amiche, avevano cominciato a rendersi conto di piacersi in un modo che superava l'amicizia. Ne avevano entrambe parlato con Costia, quella che loro consideravano come una madre saggia, nonostante avesse la loro stesse età. Costia doveva sentirle lamentarsi dei propri sentimenti ogni singolo giorno e cercava di spingerle a parlarsi senza svelare ad una ciò che le aveva detto l'altra. 

Un'opportunità per gettarle una nelle braccia dell'altra si presentò quando, quasi verso la fine dell'ultimo anno scolastico, la squadra di baseball vinse una partita estremamente importante. Con quella vittoria, si erano assicurati la prima posizione e nessuno gliel'avrebbe potuta togliere. Grazie a quella partita, alcuni dei giocatori avevano ricevuto una borsa di studio per lo sport e avevano perciò deciso di festeggiare. Invitarono tutti, persino i novellini del primo anno che solitamente venivano ignorati da quelli dell'ultimo anno. Clarke dovette andarci perché il capitano della squadra, Finn Collins, era il fidanzato della sua amica Raven e Raven si rifiutava di recarsi alle feste se non c'erano tutti i suoi amici. 

Costia continuava a dirle di dover cogliere quell'occasione per poter parlare con Lexa senza che nessuno le interrompesse (a casa di Lexa era solitamente Titus, suo padre, ad interrompere perché stranamente non amava molto Clarke e non voleva saperla da sola con sua figlia; a casa di Clarke era quella vicina fastidiosa che voleva sapere di chi fosse la moto parcheggiata nel vialetto ogni singola volta che la vedeva; a scuola non avrebbe proprio aperto bocca riguardo quell'argomento così come in qualsiasi altro luogo pubblico). La sua amica le aveva detto di andare in un luogo appartato e parlare, togliersi tutti i dubbi che aveva per la testa e raccontare a Lexa cosa provava per davvero. Non erano sconosciuti al tema dell'omosessualità, anche se nessuno che conoscessero direttamente era gay. A scuola ne avevano parlato numerose volte, soprattutto quando organizzarono una campagna contro il bullismo e la prevenzione del suicidio. Eppure, Clarke sentiva di star facendo qualcosa di estremamente sbagliato. Quello che sentiva era sbagliato e le tremavano le ginocchia al semplice pensiero di dover confessare a Lexa quella verità. 

<<Non avere paura, Clarke. Andrà tutto bene>>, la rassicurò Costia, accarezzandole il braccio per tranquillizzarla. Avevano parcheggiato dinnanzi la casa di Finn, che sembrava aver preso vita con tutti i ragazzi che entravano ed uscivano e la musica che risuonava con violenza. Fortunatamente, suo padre (il sindaco di Polis) aveva comprato quell'abitazione poiché era la più lontana dai rumori della città e nessuno avrebbe potuto denunciarli per il rumore che stavano creando.

<<E se mi odiasse?>>.

<<Non lo farà! Lexa ha una delle mentalità più aperte che io abbia mai conosciuto. Non potrebbe mai odiarti>>, disse Costia.

<<Nessuno è omofobo finché la tua migliore amica si innamora di te, allora lo diventano in molti>>, esclamò in preda al panico.

<<Hey, calma! Respira>>, sussurrò Costia, prendendo un respiro profondo che Clarke imitò prontamente.

The future I found in the pastDove le storie prendono vita. Scoprilo ora