You and I

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Questo capitolo sarà abbastanza angst. Mi dispiace ma è necessario per lo sviluppo dei capitoli successivi

Becca aprì la porta di casa di Lexa, guardandomi con un sorriso triste. Entrai, guardandomi intorno con grande disagio. Mi aveva chiamato pochi minuti prima dicendomi che appena i ragazzi erano andati a scuola, sua figlia si era chiusa in camera per piangere. Era una delle giornate negative per lei e per quanto capissi che voleva una mano, non comprendevo come sarei potuta esserle d'aiuto. 

<<E' di sopra>>, fu tutto quello che mi disse la donna, passandosi una mano tra i capelli corvini. <<Lei...ehm...ero fuori la porta della camera per chiederle se stava bene e l'ho sentita dire il tuo nome, Clarke. Ho pensato che avesse bisogno di te>>, aggiunse, poggiandomi poi una mano sulla spalla.

<<Proverò a parlare con lei>>, mormorai, stringendo le sopracciglia. Becca annuì, lanciandomi un'occhiata preoccupata mentre salivo le scale. Appena arrivata al piano superiore, bussai alla prima porta a sinistra. 

<<Mamma, sto bene>>, disse Lexa con la voce piccola e rauca a causa del pianto. 

<<Non sono tua madre. Posso entrare?>>, chiesi con delicatezza. 

<<Se ti conosco abbastanza bene, entrerai comunque>>, rispose. Aprii la porta, trattenendo il sorriso amaro che minacciava di formarsi sul mio volto. Trovai una figura nascosta sotto le lenzuola bianche. Le persiane erano chiuse, anche se aveva lasciato aperte le finestre. Due scatole posavano sulla scrivania, accanto al suo computer portatile. La sedia nera con le rotelle era dall'altra parte della stanza, come se improvvisamente si fosse alzata di scatto facendola spostare in maniera brusca. 

Andai a sedermi sul letto, mentre Lexa si toglieva le coperte dal volto per poi girarsi per potermi guardare negli occhi. I suoi erano rossi e gonfi e a malapena riuscivo a vedere quelle meravigliose iridi verdi che tanto mi piacevano. Il suo volto era arrossato e aveva i capelli disordinati, chiaramente a causa delle coperte che aveva scostato. Comunque, continuava ad essere la donna più bella che avessi mai visto.

<<E' uno dei giorni no?>>, domandai, inarcando un sopracciglio. Lexa annuì, chiudendo gli occhi. 

<<Sono arrivate quelle>>, mormorò, indicando le due scatole sulla scrivania. Siccome erano chiuse, non riuscii a vedere cosa ci fosse dentro tuttavia ebbi la conferma che l'avevano rattristita in qualche modo. Attesi che continuasse a spiegarmi oppure mi dicesse di prenderle. 

Si alzò dal letto, mostrandomi che indossava soltanto un reggiseno sportivo grigio e i pantaloni di una tuta che stringevano alla perfezione le sue gambe. Mi ritrovai ad arrossire, maledicendomi per i miei pensieri in quel momento. Eppure, non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso. C'era qualcosa di estremamente affascinante in lei; nel modo in cui si muoveva; nel modo in cui i muscoli della sua schiena si contraevano e rilassavano nell'allungarsi per prendere le scatole.

<<Non sapevo avessi un tatuaggio>>, dissi, provando a smorzare la tensione e allontanare i miei pensieri. Era la prima volta che vedevo quelle linee di inchiostro sulla sua schiena: la parte delle scapole era caratterizzata da un cerchio attraversato da due linee sottili, che inevitabilmente rendevano l'idea che questo fosse aperto. Il cerchio era unita ad un altro, che si trovava più o meno al centro della sua schiena, attraverso delle rune, se non persino delle parole in un'altra lingua(non sapevo come altro descriverle, purtroppo) e quelli che sembravano essere due piccoli pianeti. Attaccati a questi, c'era il secondo cerchio, anch'esso attraversata da una linea laterale ma che tuttavia era stato colorato di nero (come i due pianeti e al contrario del primo cerchio). Al di sotto, quasi a sfiorare le fossette di venere, c'erano altri quattro pianeti dipinti di inchiostro nero.

The future I found in the pastDove le storie prendono vita. Scoprilo ora