Capitolo 24

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Okayama era un posto meraviglioso, su questo non c'erano dubbi.

Era una città abbastanza famosa in Giappone, conosciuta per la sua modernità nella tradizione, ma per Niki era molto di più.

Era una casa, un luogo dove poteva essere e trovare sé stesso tutte le volte che camminava per quelle vecchie strade, sotto gli alberi ora privi di foglie, ma che in primavera sbocciavano nel massimo nel loro splendore.

Per Niki Okayama era un luogo paradisiaco, unico e mozzafiato.

Quel giorno era uscito presto, non aveva perso tanto tempo a fare colazione, tanto meno a chiacchierare con i suoi nonni o zii.

Sentiva un profondo desiderio di inoltrarsi in città, alla ricerca delle vecchie bellezze e di quelle nuove e, mentre si guardava intorno cercando di riconoscere i luoghi della sua infanzia, vedeva quelli del suo presente e futuro.

Era bello, pensò; era bello come riscoprire da capo un quadro ormai visto tante volte, ma che nonostante tutto, riesce sempre a darti qualcosa di più ad ogni nuovo sguardo.

Niki non era stupido, sapeva che quel quadro era cambiato, ma riusciva comunque ad assaporarne ed apprezzarne ogni singolo dettaglio.

Era come far scorrere le mani alla cieca su un pezzo di legno, seguendone le venature ed incontrando di tanto in tanto dei piccoli nodi, vecchi rami ormai spezzati, nuovi pronti a crescere e poi sbocciare.

Si sentiva alla riscoperta di una nuova natura che però sapeva di casa, di familiare.

Un dejavu continuo che gli scaldava il cuore.

Qualche giorno prima sua madre aveva chiamato e si erano ritrovati a discutere per quanto riguardava suo padre.

Aveva scoperto che tutto ciò che temeva in realtà era pura verità.

Sua madre sapeva del ritorno del padre nella città e sapeva anche che lui e la sua famiglia erano ormai acqua passata, un mondo che non c'era più, che come un fiume era fluito verso correnti maggiori.

Eppure non riusciva ad essere arrabbiato.

Non gli importava quanto la madre potesse aver tenuto nascosto del suo passato, ne tanto meno quante cose avrebbe dovuto scoprire con le sue stesse forze e sensi, perché in quel momento nella sua mente ed anima non c'era posto per rabbia o altro dolore, era lì per ricominciare e cambiare pagina, non avrebbe mai riguardato indietro.

Ma sapeva anche quanto questa sua missione stesse fallendo.

Era iniziato qualche giorno prima, non lo stesso giorno della telefonata della madre, ma quello dopo ancora.

Un continuo pensare e ripensare ai momenti passati, persino di notte.

Sogni che lo svegliavano nel bel mezzo delle tenebre e lo soffoca vano, come se non volessero più lasciarlo andare.

Si sentiva in gabbia, come un animale che dopo aver tentato di scappare viene inseguito e braccato senza pietà.

All'inizio erano sogni leggeri, che sapevano d'amore e di ricordi positivi, quasi fiabeschi, ma poi con il tempo si erano tramutati in ricordi pieni di odio e rancore, ricolmi di urla e di schiaffi.

A volte rivedeva suo padre e sua madre, quando era piccolo ed indifeso, e riusciva a scorgere dei dettagli di quelle accese litigate che non avrebbe mai voluto ricordare.

Altre volte invece erano lui ed Heeseung, nella stessa situazione, ma c'erano più lacrime e faceva molto più male.

Si svegliava nel mezzo della notte, sudando, cercando di trovare il fiato.

Don't Look Away | HeeKiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora