Capitolo 26

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"Mi dispiace per il casino, non pesavo di tornare a casa con qualcuno al mio ritorno quindi non ho sistemato e la donna delle pulizie non passa prima di venerdì" Kisho aveva inserito le chiavi nella porta di un piccolo, ma spazioso, appartamento in uno dei grandi condomini di Tokyo, per poi spingere leggermente e rivelarne l'interno illuminato solo dalla luce del sole che filtrava dalle enormi finestre del locale.

Era un luogo carino, pensò Niki, abbastanza grande per una o due persone e con un non so che di casalingo, familiare ma moderno che dava all'insieme una luce che sapeva di nuovo.

Niki scosse le spalle, non curante del disordine minimo che c'era in giro e capendo che il padre era semplicemente nervoso per quello che stava accadendo, cosa che non gli biasimava, era stata una scelta azzardata per tutti e due.

"Tranquillo, camera mia è peggio" lo rassicurò Niki entrando e trascinando dietro di sé la sua valigia.

Quella mattina era stato complicato convincere sua nonna a lasciarlo andare, ma avevano tutti capito che la scelta migliore per fargli rimettere in sesto la propria vita era quella di lasciargliela vivere; sua madre era stata più difficile da convincere, ma dopo tutte le bugie raccontate nel tempo non aveva potuto far altro se non acconsentire alla richiesta del figlio, purché non si mettesse in testa di stare lì per un tempo superiore a quello prestabilito.

"Almeno su questo hai preso da me" ridacchiò il padre accendendo la luce, mentre Niki asserì con un mormorio.

"Sicuramente, mamma è sempre fin troppo ordinata" ribatté ridacchiando fra sé e sé e il padre non poté che concordare con l'affermazione del figlio.

"Concordo, quando vivevamo insieme aveva la capacità di mettere in ordine qualsiasi cosa, peccato che poi io non trovassi più niente"

"Esatto!" esclamò il più piccolo come se il padre avesse capito esattamente quello che intendeva, mentre entrambi mettevano le valige in mezzo alla stanza e quest'ultimo chiudeva la porta dietro di loro,

"Ma con l'andare avanti nel tempo ho capito che è una tattica la sua, per renderti dipendente da lei sai, se le sistema avrai sempre bisogno di lei per trovare cosa cerchi"

C'era odore di città in quell'appartamento, un' aria un po' tersa, le luci intossicanti delle insegne fuori e un non so che di pulito ed elegante, superiore quasi, industrializzato.

Non c'era tradizione, solo modernità e per Niki sembrò quasi per un attimo di aver rimesso piede a Seoul, se non fosse stato per le scritte in giapponese che ricoprivano ogni articolo al suo interno.

"Ho sempre pensato la stessa cosa" disse Kisho prima di fare cenno a Niki di mettere la valigia di lato,

"Metti la valigia lì, poi ti aiuto a disfarla in camera sta sera" gli propose, poi aprì le braccia girandosi, mostrandogli tutto quello che avevano attorno,

"L'appartamento non è grande, ma c'è abbastanza posto per due, puoi prendere la camera degli ospiti che è quella la in fondo" indicò verso il corridoio buio che si apriva dopo quel salotto-cucina che ricordava molto quelli dei film che aveva visto in passato, dove i ricchi proprietari d'aziende si sistemavano in attici mozzafiato che avevano una vista su tutta la città; sebbene la vista dell'appartamento non fosse allo stesso livello di quelle che aveva immaginato, era comunque qualcosa di nuovo e sofisticato a cui si sarebbe dovuto abituare.

In tutto quel tempo Kisho aveva raggiunto il frigorifero e ora, con un cruccio sul volto, stava rovistando tra quei pochi ingredienti che aveva per vedere cosa poter cucinare.

"Cosa vuoi mangiare?" chiese al figlio con un tono normale, come se fosse naturale parlare così, senza più imbarazzo o tensione, ma con una certa quotidianità "Non ho molto, ma posso offrirti un po' di riso e tofu"

Don't Look Away | HeeKiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora