40-JAY

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Riuscii ad addormentarmi solo dopo tutti i risultati degli esami che il dottore le aveva fatto, quindi solo alla mattina. Dormii solo un'ora forse due, prima di sentire Erin accarezzarmi la nuca e mi sembrò un sogno.
Aveva uno sguardo perso; a quella vista mi sentii morire. Quel giorno non parlò molto, anzi quasi per niente, perché ogni volta che lo faceva le si spezzava la voce lasciando trasparire il trauma subito.

Io di conseguenza ero molto preoccupato ricordando ciò che era accaduto alla morte di Rocky e per questo motivo decisi di darle la notizia; non sarei tornato a New York. Sarei rimasto a Chicago con lei e avrei ripreso a lavorare all'Intelligence. Sorrise, probabilmente era un sorriso di circostanza, o forse era veramente contenta di questo, ma adesso sia io sia il sergente trovammo difficile decifrarlo.

La squadra era veramente rimasta fuori dalla stanza tutto il giorno e ci sarebbe rimasta anche i giorni a seguire fino alla sua dimissione, se non fosse stato per il sopraggiungere di un caso; Hank diede l'incarico a Dawson di prendere il comando dell'unità perché lui sarebbe rimasto con la sua bambina e prese da Hailey il cambio che aveva nel portabagagli dell'auto.
Il dottore disse che l'avrebbe dimessa nella mattinata di domani e a quella notizia percepii la sua tensione sciogliersi. <A Chicago ti seguirà Will> affermò Hank sottoforma di obbligo. Lei annuì soltanto, senza parlare. Qualcosa mi diceva che il sergente e mio fratello si erano messi d'accordo, probabilmente ancora prima di raggiungere Decatur.

<Jay, Hank potete venire qui?> domandò quando ormai la notte aveva preso il sopravvento e una luna piena primeggiava nell'oscurità. Mi posizionai alla sua destra e appoggiò la testa sul mio petto; il sergente, invece, si sistemò sul lato opposto limitandosi a stringerle entrambe le mani <Vi voglio bene> Le baciai la nuca, mentre l'altro uomo le mani e ci addormentammo così stretti gli uni agli altri a proteggere la nostra gioia. La nostra vita.

Durante la notte la sentii agitarsi spesso, forse riviveva quello che le era accaduto e la mattina uscimmo dalla stanza per permettere di cambiarsi in santa pace.
Non che per me fosse un problema osservarla nuda, ma preferii così affinché Erin potesse osservare il suo riflesso senza fretta e accettare ogni livido che aveva. Così ne approfittai per recuperare dal parcheggio l'auto e aspettare all'entrata; nel frattempo risposi alle centinaia di messaggi che intasavano la memoria, dal momento che in questi due giorni avevo utilizzato l'apparecchio solo la sera per telefonare a Jessie e sapere come stava.

Da BIU👮🏼‍♀️👮🏻‍♂️ :
Daw🦌: Ehi ragazzi come va laggiù?

A BIU👮🏼‍♀️👮🏻‍♂️:
Tutto ok, diciamo.
Fra poco partiamo.

Da BIU👮🏼‍♀️👮🏻‍♂️:
Daw🦌: Perfetto

Successivamente passai in rassegna, senza troppa importanza, i messaggi sul gruppo di famiglia e mi soffermai invece su quelli di Jessie. Erano tre foto che chiedeva di far vedere ad Erin perché, secondo lei, si sarebbe sentita meglio: una era di Jessie con i fratelli, una erano la ragazzina e Akira e nell'ultima c'eravamo tutti e tre a New York.

Qualcuno bussò sul vetro dell'auto e notai la figura del sergente fare cenno di sbloccare le portiere, cosa che le macchine nuove facevano automaticamente; dietro di lui si trovava Erin con addosso una tuta grigia e una t-shirt enorme bianca. In volto, a differenza del solito, non indossava nessun tipo di occhiale da sole e così potei leggerci tutto il timore e la paura che ancora provava.
<Posso stare davanti?> chiese come temendo la risposta. Il sergente annuì e io ripetei l'azione; successivamente le indicai che nel portaoggetti c'erano una scatoletta con i braccialetti e le cingomme antinausea, delle cuffiette che solitamente non usava, ma che le servivano per viaggi lunghi e non guidava e anche altre cingomme alla menta.
Il sergente, invece, si sedette nei posti dietro.

Allacciate le cinture, ingranai la marcia, partimmo e le appoggiai la mano che tenevo sul cambio sulla coscia; dietro Hank scrutava ogni mia mossa con uno sguardo indagatore per capire cosa avessi intenzione di fare.
Notai che, anziché optare per i soliti braccialetti, aveva preferito masticare la cingomma e lasciare in evidenza i segni rossastri che stavano diventando dei lividi.
Improvvisamente come se si fosse ricordata solo in quel momento, domandò preoccupata dove fossero le sue amiche e se stessero tutte bene.

<Sì bambina mia, stanno tutte bene. Ti aspettano a casa> rispose al mio posto Hank, il quale si azzardò a parlare del rapimento <Quel figlio di puttana ti ha mai toccato?>

<Sì Hank, mi ha toccato e questi sono i risultati> si indicò il volto pieno di punti e cerotti <Ma non mi ha mai toccato sessualmente. Lui voleva che guardassi mentre violentava quelle ragazze; non sono riuscita ad evitarlo> fece un respiro profondo e proseguì <L'unica cosa che sono riuscita a fare, è stato fargli saltare tutti i piani bleffando. Se non lo avessi fatto, avrei vissuto molti più stupri>

<E brava la mia piccolina, hai imparato dal migliore> scherzò lui è la vidi sorridere.
Adoravo il rapporto che avevano le due persone affianco a me perché dimostravano che i legami andavano oltre quelli di sangue.

<Prendi il telefono e apri la chat con Jessie; ci sono delle cose che dovresti vedere> le dissi sfilandomi il telefono dalla tasca posteriore dei jeans; non vedevo l'ora di tornare a casa e farmi una bella doccia. Mi sentivo sporco e sudato.

If I Told You that I Love YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora