19-ERIN

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A casa di Voight con la scusa di aver dimenticato il cellulare al distretto, mi diressi verso la casa dei genitori di Halstead perché avevo bisogno di parlargli urgentemente.

Entrò in auto e notai con piacere che aveva seguito il mio consiglio sui vestiti e mi resi conto che forse, sotto sotto, sapeva già l'argomento della conversazione ma che per una stupida regola non si poteva realizzare.
"Ora basta" pensai "nella vita bisogna rischiare". Mi baciò impulsivamente e ricambiai subito, ne avevo veramente bisogno per ristabilire l'ordine interno; rientrai a casa con l'adrenalina che scorreva veloce nelle vene e trovai Hank e Camille abbracciati dalla parte sinistra del divano, James e Emily dall'altra parte e Akira distesa ai piedi di una delle due poltrone presenti nel soggiorno; a quel punto spensero la tv e ne approfittammo per conoscerci meglio. Sì, avevano ragione.
Emily era una ragazza d'oro, simpatica ma allo stesso tempo timida, parlava pacatamente e adorava gli animali tanto che aveva passato diverso tempo con la mia cagnolina.

<Sono contenta che possa tornare a giocare> affermò, sorrisi e strinsi una mano a Jamie <Diciamo che non si sopportava più>

<Ehi> si finse offeso però sotto sotto rideva, glielo si leggeva negli occhi. Parlammo un altro pochino prima di constatare che era ora di andare a dormire, perciò Jamie prese le chiavi della mia auto e riaccompagnò a casa la sua ragazza mentre io chiedevo un passaggio a Voight.

Sentii qualcuno sbattere non so dove e, dopo aver aperto gli occhi, notai di non essere nel mio appartamento <Buongiorno bella addormentata> scherzò Jay <Dormito bene?> feci sì con la testa ancora confusa su che luogo fosse <Siamo su una scena del crimine, pensi di essere dei nostri?> accettai e scesi dall'auto sfregando gli occhi per svegliarmi.

<Cosa è successo?> chiesi per informarmi sul caso

<Una rapina finita male, probabilmente il proprietario non doveva trovarsi qui quando il rapinatore ha fatto il colpo> rispose mentre mi conduceva dalla vittima <Dovremo avvisare la famiglia, abitano qui vic-> delle grida dall'esterno lo interruppero, così ripercorremmo la strada a ritroso: Kevin stava placcando una signora che continuava a spingere per entrare, probabilmente era la moglie della vittima. No, era la sorella ed era l'uomo a vivere con lei e le sue due bambine. Mi si strinse lo stomaco e sapevo che la parte più difficile sarebbe venuta dopo, io stessa l'avevo provata sulla pelle.

Terminati i rilevamenti, ci recammo tutti in centrale dove attaccammo alla lavagna la foto della vittima, Li Chen, e della scena del crimine; successivamente il sergente affermò che io, Jay, Dawson e Ruzek potevamo tornarcene a casa e rientrare in servizio la mattina; mentre chi non era stato nominato restava in centrale e avrebbe riposato la mattina al cambio turno.
<Halstead, portala a casa> ordinò Hank nei miei confronti; non aspettavo altro. Non appena chiusi la porta dell'appartamento, le sue mani mi afferrarono i fianchi e mi lasciai condurre nella camera dove facemmo l'amore per poi cadere in un sonno profondo, abbracciati e nudi; la mattina fui svegliata dall'odore di bacon e davanti al bancone trovai il mio partner con addosso dei jeans che però, non erano quelli della sera.

<Per te> affermò mostrando il piatto della colazione e sporgendosi per baciarmi.

<Grazie; ma questi jeans?> domandai squadrando ogni centimetro del suo corpo.

<Nella borsa del cambio in macchina, non ti piacciono?> mi morsi il labbro e lo vidi sorridere. Non mi piacevano, li adoravo perché gli fasciavano perfettamente le gambe ed erano leggermente affusolati sulle caviglie; inoltre, essendo ancora a torso nudo, facevano risaltare i lineamenti scolpiti dell'addome e della zona pelvica. Potevamo rimanere a fissarci all'infinito se non fosse stato per il telefono che decise di suonare: era James che mi avvisava che era di sotto con l'auto e che se non mi fossi sbrigata avrebbe fatto tardi a scuola. Addentai un pezzo di bacon, bevetti rapidamente un po' di caffè e corsi a lavarmi e cambiarmi; dovetti usare diverso fondotinta per coprire la macchia rossa che avevo sul lato sinistro del collo. <Le chiavi sono lì sopra> indicai un tavolino di fianco all'entrata, stavo uscendo quando Jay mi afferrò un braccio e posò le sue labbra sulle mie. <Ci vediamo al distretto> concluse prima di lasciarmi andare <Ci vediamo al distretto> ripetei.

<Mi piace Emily> affermai dopo aver preso il posto del guidatore nella mia auto <è una ragazza con la testa sulle spalle>

<Lo so> rispose sorridendo <Oggi sarò a scuola fino alle cinque, prendo l'autobus?>

<Assolutamente no. Dovrebbe venire Hank> seguitai. Dopo l'esplosione la sede della scuola era stata spostata in una struttura poco fuori città come d'altronde era accaduto per le altre due scuole colpite dalla tragedia, per questo dovevamo accompagnarlo o, se ne aveva la possibilità, prendeva solitamente l'auto di Camila.

<Erin perché non li chiami mamma e papà? In fin dei conti ci hanno cresciuto loro... Se non avesse richiesto l'adozione, sinceramente non so dove potevamo essere ora con la zia Clara...>

<Hai conosciuto la sua nuova famiglia? Lucas, il suo figliastro, è tuo coetaneo, penso che potreste andare d'accordo; anche Robert è simpatico> cambiai discorso come facevo sempre quando mi trovavo in una situazione scomoda

<Non cambiare discorso> mi rimproverò <Perché non li chiami mamma e papà?>

<Non lo so Jamie. Non lo so> era la pura verità. Dalla morte dei nostri genitori non avevo mai più chiamato un adulto in quel modo; non perché non sentissi Camila e Hank come genitori, ma più semplicemente non ero pronta. Credevo che in questo modo qualsiasi cosa sarebbe accaduta, sarebbe stata più facile da dimenticare. <Ci vediamo stasera, se riesco> lo avvisai mentre apriva la portiera dell'auto. Ripercorsi il tragitto al contrario e arrivai al distretto in contemporanea ad Adam.

Jay e Antonio erano già alle loro scrivanie e terminavano di visionare i video di sorveglianza del locale; da quella del retro si era visto passare un furgone nero Ford e uscire da esso due persone incappucciate con maschere sul volto per cui il riconoscimento era impossibile reso anche più difficile dal fatto che il mezzo utilizzato era stato rubato una settimana fa da un deposito. Dawson, che faceva le veci del sergente quando questo non era di turno, aveva detto che bisognava parlare con la sorella della vittima; ci fece andare me e Halstead.

Uscii dalla casa con le mani che tremavano, sentire dire dalla figlia della signora perché era al ristorante, era stato un brutto dejavù: ero tornata indietro al giorno dell'incidente facendomi rivivere ogni istante di quello strazio, ogni singolo rumore, ogni singola persona, auto che passavano su quella strada, ogni grido disperato di James, dei miei compagni di classe che tentavano di bloccarmi. Tutto ciò che accadde quel giorno, si riaffacciò alla mente.

Avevo smesso di tremare solo rientrando al distretto quando, dopo essere passati dal retro, sentimmo un bambino che rideva e delle voci sconosciute che discorrevano con Dawson e Ruzek; riconobbi solo Camilla, la ragazzina che era venuta qualche giorno prima e notai che Akira stava leccando tutto il viso a un bambino.

<Akira a cuccia> ordinai e la cagnolina si accucciò ai piedi della mia scrivania.

If I Told You that I Love YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora