37-ERIN

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Nausea.
Mal di testa.
Solo nausea e mal di testa.
Questo fu quello che provai appena sveglia; se fosse solo per la gravidanza o anche per aver scoperto chi fosse il rapitore non sapevo dirlo con certezza, ma avevo un bisogno disperato di piangere.
Se fossi crollata sarebbe stata la fine, per cui sperai che a breve Jay, Hank e il resto della squadra sarebbero entrati trionfanti da quella dannata porta chiusa dall'esterno e impossibile da aprire dall'interno; ci avrebbero liberato e portato in ospedale.

Marina non c'era più, mentre era rientrata Elizabeth, con un viso provato e gli occhi cerchiati da occhiaie profonde.
Da quanto tempo non dormiva?
<Erin, Erin, mia cara Erin, ti sei svegliata?> sentii canticchiare Stanley da dietro la porta <Dobbiamo fare una cosa noi...> mi pietrificai perciò dovette essere lui ad alzarmi.
Cosa voleva fare con me?
Gli servivo in qualche modo di cui ignoravo l'esistenza oppure ero solo un suo giocattolo?

<Che buon profumo> annusò l'incavo del collo <Lo hai cambiato dal liceo, puttanella> sentirsi insultare da chi prima era stato una parte importante della tua vita, faceva male quasi quanto un proiettile.

<Dove stiamo andando?> riuscii a chiedere, reggendomi finalmente sulle gambe.
Non rispose.
Aprì la porta di una camera da letto nella quale trovai Marina in intimo distesa sul letto con i polsi legati da due fibbie alla testiera; successivamente vidi, affianco al letto, una sedia dove mi fece sedere legando piedi e mani affinché potessi solamente guardare e non reagire.

Lentamente sfilò dai passanti la cinta e slacciò i jeans calandoli fino alle caviglie; si avvicinò alla ragazza per poi sistemarsi sopra di lei e iniziò a violentarla.
A quella visione il mio stomaco si serrò e aumentò il senso di nausea; vomitai sul pavimento e lo vidi arrabbiarsi come poche volte era successo.
Si alzò, interrompendo il momento, e mi tirò un forte schiaffo sulla guancia sinistra.
Bruciò.
Mi salirono le lacrime agli occhi.
Le ricacciai indietro, perché dovevo rimanere vigile.
Dovevo sopravvivere. Per i bambini che stavo aspettando, per Jessie, per Jay e per me stessa. Soprattutto per me stessa.

<Puttana come ti sei permessa?> mi diede un altro schiaffo <Odio il tuo cazzo di vomito> un altro ancora.
Mi fece girare la testa.

Jay, amore mio, vieni a prendermi, ti supplico. Ho bisogno di te.

Dovevo riuscire a non vomitare più fino a che non fossi rientrata nello stanzone con le altre, perché se no mi avrebbe fatto del male. Molto male.
Mi avrebbe ucciso? Era una remota possibilità.
Speravo solamente che non fosse a conoscenza della gravidanza, perché allora sarebbe stata la fine. Ora come ora non ero in grado di difendermi in alcun modo; ero troppo intontita per la ferita alla testa e troppo spossata per via del mal d'auto e della gravidanza. Non mi sarei mai ripresa se Stanley non mi avesse dato più da mangiare, ma sospettavo che fosse consapevole del fatto che ce ne dava poco e per questo era più facile tenerci a bada.
Non era in grado di tenere a bada venti ragazze con una voglia di riscatto. Non ne era mai stato capace.
Avrebbe ucciso qualcuna di quelle ragazze? Era una possibilità certa.

Osservai quello stupro in modo apatico, senza mostrare alcuna emozione o esprimere un giudizio perché ero veramente spaventata. Quell'uomo non era più il ragazzo dolce e simpatico che mi piaceva alle superiori, era un mostro.
Un vero e proprio mostro.

Quanto tempo era durato?
Perché ero ancora dentro la camera da letto anche se non c'era più nessuno?
Stavo ancora ispezionando la stanza, quando la porta si aprì mostrando l'uomo accompagnato da un'altra ragazza.
Era Bethany.
Replicò lo stesso gesto fatto con Marina; questa volta riuscii ad intercettare le smorfie di dolore della ragazza e una scarica di adrenalina scorse tutta la colonna vertebrale.
Stavo per fare una gran cazzata, ma dovevo in qualche modo evitare un'altra violenza per colpa mia.

<Stan, sto per vomitare un'altra volta. Ti avviso> lo informai sperando che ci cascasse.
Non mi ascoltò neanche, tanto era coinvolto in ciò che stava mettendo in atto.
Fu in quel momento che capii: credeva che mi trovassi sotto di lui. Lui stava stuprando me.
Lo stava facendo sia fisicamente che psicologicamente.
Presi coscienza che l'unico modo per sopravvivere era bleffare e sperare che a Chicago erano riusciti a rintracciarci.

<La polizia sta arrivando> affermai catturando immediatamente la sua attenzione, anche perché aveva raggiunto già il culmine del piacere.

<Che cosa hai detto?> domandò incredulo rivestendosi velocemente.

<La polizia sta arrivando> ripetei in modo apatico.

<E come avrebbe fatto a trovarci? Illuminami puttanella> rise di gusto, ma sapevo che avevo fatto centro. Ora, forse per la prima volta, temeva le conseguenze.

<Vedi questo braccialetto?> gli indicai con lo sguardo un braccialetto con i charm <Il charm a forma di distintivo è un localizzatore; Hank me lo ha regalato quando sono entrata in polizia, così poteva essere sempre aggiornato su dove mi trovass->

<Sta zitta! Quel figlio di puttana di un sergente> inveì con il mio salvatore e questo mi ferì come se avessi ricevuto una pugnalata all'addome <Sempre a ficcare il naso dove non doveva; sempre a controllare ogni minimo spostamento della sua famiglia! È tutta colpa sua se vi trovate in questa situazione>

Stavo per fare un'altra sciocchezza, ma non potevo non ribattere. <No. È colpa tua se ci troviamo qui. Sei tu che mi fotografavi in momenti poco opportuni senza il mio permesso per poi farci chissà cosa... Il sergente ha solamente fatto il suo dovere ed è stato meglio così. Ho capito che eri solo un buono a nulla, un fannullone, un ragazzo con una dipendenza morbosa verso la sottoscritta che con il tempo si è trasformato in uno psicopatico. Sei solo e soltanto tu il figlio di puttana> sputai acida sfidandolo con lo sguardo.

Mi si avvicinò pericoloso; sentivo l'odore di alcol nel suo alito, forse vodka, aveva un leggero accenno di barba e notai dei nei che al liceo non aveva; però, nonostante ciò non abbassai un solo istante lo sguardo. Era lui che sbagliava, io mi stavo soltanto difendendo.
Alzò una mano e mi sferrò un pugno sul naso.
Sperai solo che la mia squadra fosse vicina.
Poi tutto divenne buio.

If I Told You that I Love YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora