27-ERIN

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La fatidica domanda era arrivata: che cosa simboleggiavano i delfini per me? Troppe cose, avrei voluto rispondere senza andare a fondo, ma desistetti dall'intento e gli spiegai ogni cosa.
I delfini erano il simbolo della famiglia Lindsay: mamma e papà al loro primo appuntamento li avevano visti saltare e sparire verso l'orizzonte come a significare l'amore eterno che andava oltre la morte. Da quel giorno, ogni anno, facevamo una vacanza al mare per osservarli e questa era stata la prima volta dopo la loro morte.
<Quindi, se i miei avevano ragione, vederli significa aver trovato l'amore. Vero.> conclusi spostando lo sguardo oltre gli scogli. Lui non fiatò limitandosi solamente a stringermi più a sé, poiché capiva la difficoltà che provavo quando affrontavo l'argomento genitori perché per quanto fossero passati undici anni, per me, era come se l'incidente fosse accaduto ieri.
<Torniamo dagli altri? Magari giochiamo a beach tennis o volley...> proposi con tono di sfida; annuì e si sciolse dall'abbraccio prima di nuotare in direzione della riva.
Uno dei due campi da beach era libero, per cui, dopo esserci assicurati che non si fosse prenotato nessuno, entrammo e ci dividemmo in due squadre: noi ragazze contro i tre ragazzi.

<Oh, ma che bravi cavalieri!> esclamò Hailey quando i tre ragazzi ci permisero di battere per prime. Ridemmo tutti e lei si posizionò fuori dalla linea di fondo campo e battè dall'alto.
Uno, due, tre punti di seguito prima che loro riuscissero ad acquistare una battuta che Jay eseguì alla perfezione. Il tempo trascorse veloce e la gente che si radunava intorno al campo, aumentava ogni minuto; prima di mettere in gioco la palla mi guardai attorno. Molte erano le ragazze che osservavano attentamente ogni singolo centimetro dei corpi dei tre uomini, però altrettanti erano i ragazzi. Spostai poi lo sguardo su Jessie che si trovava a bordo campo, poiché aveva deciso di non giocare e così tifava accanitamente noi ragazze. Con la coda dell'occhio, infine, vidi sedersi a bordo campo Camilla con due delle sue amiche e poi battei; vincemmo la partita e dovetti sedermi su una sedia perché si era ripresentata la nausea. Nel mentre Camilla si era avvicinata al cugino e potevo presumere che stessero parlando della cena che si sarebbe svolta nella serata.
<Erin, stai bene?> chiese Jessie sistemandosi gli occhiali da sole sopra la testa.
<Sì, no> mi affrettai ad entrare nel bagno per vomitare, ma l'unica cosa che riuscii ad espellere fu solo un pochino di acido. Ad attendermi fuori trovai Hailey con il vestito con cui ero arrivata nella mattinata e una borsa in mano; stavamo andando via per prepararci alla cena.

La villa era stata edificata in una via di Scapezzano, una frazione di Senigallia; aveva una vista mozzafiato sulle colline e il mare in lontananza. Affianco ad essa erano situati due campi da tennis e calcetto del B&b che c'era in fondo alla via.
Kim e Adam si guardavano attorno meravigliati catturati dall'eleganza della villa data dall'esterno in mattoncini, dal giardino curato e dalla vista parziale della piscina; Hailey e Kevin si soffermarono sul paesaggio circostante; Jessie era come stregata dalla vista dei campi da gioco e io, beh io, dalla presenza di Jay al mio fianco. Camilla ci attendeva sulla soglia del cancello con addosso una salopette jeans e i capelli bagnati dalla doccia. <Ciao ragazzi, forza entrate. Accomodatevi pure al tavolo, Giorgia e Carlotta sono già qui> ci informò guidandoci a destinazione. La lunga tavolata era stata sistemata poco distante dalla piscina; ogni quattro posti si trovava una bottiglia di acqua minerale e una di acqua frizzante inoltre nell'area circostante al tavolo e alla piscina c'erano dei fili di luci sospese che rendevano l'area ancora più surreale.
Jay era andato a salutare la nonna e si era portato dietro il resto del gruppo per presentarli, mentre io ero rimasta indietro a chiacchierare con Camilla. <Cos'ha Jessie?> domandò dopo aver notato la ragazzina rimanere fuori sulla strada ad osservare i campi da tennis. Non risposi e mi allontanai per raggiungerla; aveva gli occhi lucidi e immaginai a cosa stesse pensando.
<Voglio tornare a giocare> affermò dopo attimi di silenzio totale; annuii <Mamma diceva che il tennis era il mio sport, papà che non dovevo mollare mai nonostante le avversità. Io ho disobbedito; ho abbandonato troppo velocemente, ma dopo la sua morte mi sono sentita persa e spaesata. Pensavo che non avrei più sorriso e invece è accaduto il contrario grazie e te e a Jay. Credo che i nonni non potessero fare scelta migliore>
<Ti vogliono bene> si intromise Halstead che probabilmente ci ascoltava da tempo.
<Lo so, gliene voglio anch'io. Ma voglio bene anche a voi due> ci abbracciò e la sentii sospirare profondamente.
<Domani giochiamo a beach tennis, ci stai?>
<No> affermò decisa <Tu non giochi, ti devi riposare. Sfiderò questo ragazzone qui> ridemmo tutti e tre.
Rientrati, mi accompagnò in cucina dove, intenta a ultimare alcuni piatti, trovai la nonna. Si chiamava Rosa, era una donna bassetta rispetto al nipote, canta e sulla novantina ma con due occhi ancora vispi e vigili; non parlava inglese, però si faceva capire e contemporaneamente ridere.
Già l'adoravo, pensai.
Invece, per quanto riguardava il nostro rapporto, secondo quanto riferito da Jessie e dagli altri ragazzi, Camilla non aveva né visto né intuito niente per cui con loro dovevamo ancora fingere. <Erin mi ha chiamato Voight, vuole sapere perché non rispondi a nessuno> affermò Kevin reinserendo il cellulare nella tasca posteriore destra dei bermuda jeans.
<Grazie At, lo farò dopo> risposi mentre mi accomodavo al mio posto di fronte ad Hailey e a Kim e fra Giorgia e Jessie.

Più tardi e più precisamente al termine della seconda portata, dal momento che il dolce non era ancora stato servito decisi di telefonare a Voight. A Chicago erano circa le tre del pomeriggio per cui, se non ricordavo male, non era ancora entrato in servizio. Rispose al secondo squillo.
<Oh, finalmente rispondi!> esclamò esasperato tanto che dal suo tono potei immaginare la sua espressione.
<Sì scusa, avevo lasciato il telefono in borsa... Tutto apposto là?>
<Noi stiamo bene, ci manchi molto. Jamie e Akira non vedono l'ora di rivederti> mi informò <Però c'è una cosa... Mi devi aiutare a dare a Halstead una notizia...> un nodo mi si formò sulla bocca dello stomaco <Ieri al distretto è arrivato un senzatetto che chiedeva di Jay; ha detto di chiamarsi Carl e di essere lo zio>
<Okay ci penso io. Ora dov'è?>
<In una cella al distretto. Non è stato arrestato, ma mi sembrava giusto farlo dormire dentro una struttura piuttosto che in strada> Successivamente aggiunse altre informazioni, però stavo già meditando su come riferirlo a Jay.
Sarebbe stato difficile.

If I Told You that I Love YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora