36-JAY

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<Com'è che aveva detto? “Non sarà sola, ci saremo io, Camille, Justin, Caroline e suo fratello” Vedo come le siete stati accanto!> mi avvicinai pericolosamente per fronteggiarlo e lo sfidai con gli occhi <Probabilmente è ferita ed incinta, cazzo! Sa anche lei quanto soffre l'auto, potrebbe essere svenuta se non addirittura morta!>

<Jay calmati, la troveremo> sapevo che si sentiva in colpa, ma il fatto che non lo mostrasse mi fece imbestialire

<Calmarmi? Come faccio a calmarmi?> chiesi retoricamente prendendo i lembi della sua camicia tra le dita. Ora lo avevo ad un centimetro da me <Si rende conto di quello che potrebbe succederle? Se lei non mi avesse mandato a New York, tutto questo non sarebbe successo!> Due uomini mi staccarono dal sergente, allontanandomi di peso; mi tenevano per le braccia come se avessero paura che da un momento all'altro potessi tirargli un pugno.
C'era una possibilità.
Li guardai e presi coscienza di chi fossero: mio fratello Will e Connor Rhodes, un cardiochirurgo del Chicago Med.
Che ci facevano loro qui? <Lasciatemi> affermai con i denti digrignati <Lasciatemi> ripetei e strattonandoli riuscii a liberarmi.
Li squadrai in modo rabbioso come se fossero degli estranei che non conoscevo e mi diressi verso gli spogliatoi dove mi accasciai a terra, fissando un punto indefinito. Stringevo in un pugno le mani facendo contrarre i bicipiti per poi rilassarli, forse poteva calmarmi; però l'unica cosa che sarebbe veramente servita, era riportarla a casa prima che succedesse l'irreparabile.
Perciò l'unica cosa che mi restava di fare, era andare ad informarmi su chi fosse quell'uomo e perché le amiche e il sergente sembravano molto preoccupati, e scusarmi con lui. Nessuno avrebbe potuto immaginare che sarebbe stata rapita, nemmeno se fossi stato qui anche io.

I due dottori erano ancora qui, nella sala relax con le sue amiche; Rhodes stringeva a sé Michelle mentre Will coccolava Makita di cui non avevo notato nemmeno la presenza sino a quel momento. Hank, invece, si trovava seduto sulla sedia dietro la scrivania che fissava una fotografia appoggiata su di essa; incerto bussai allo stipite della porta e mi accomodai di fronte a lui, solo dopo aver chiuso la porta alle mie spalle. <Sergente mi dispiace per prima...> iniziai timoroso di una sua reazione <Non è colpa sua; se fossi stato qui, non avrei potuto fare niente. Ma, ma sapere ch-> scoppiai a piangere come un bambino e il gesto che fece l'uomo mi sorprese. Aggirò la scrivania e mi abbracciò anche lui sul punto di versare delle lacrime.

<Mezz'ora prima dell'incidente, l'avevo vista al Molly's e le avevo detto di tornare a casa presto perché sapevo che Jessie odiava arrivare in ritardo il primo giorno di scuola; adesso invece mi chiedo se non le avessi dato quel consiglio, sarebbe accaduto comunque?> chiese rivolto a sé stesso <Ho parlato con Olivia, da oggi sei di nuovo in servizio per l'Intelligence; esige comunque che ogni tanto tu, Erin e i bambini andiate a New York a trovarla> annuii per abbandonare la schiena sulla poltrona. Ebbi l'impressione che volesse aggiungere qualcos'altro, ma non proferí altro; rimasi lì dentro, dove c'era un silenzio spettrale, fin quando i colleghi non rientrano quasi senza alcuna informazione utile.

I genitori non vedevano Stanley da settimane, ogni tanto lo sentivano per telefono, e lo stesso valeva per il fratello e la moglie. Scoprirono però che lavorava come fotografo e che era padre di un bambino di tre anni. <Siete riusciti a vedere qualche scatto? Vi ha detto cosa fotografa principalmente?> chiesi con un brutto presentimento che si impossessava di ogni singola cellula del corpo.
Le ragazze con mio fratello e Rhodes uscirono dalla sala relax dopo aver sentito la parola fotografia; si scambiarono tutte un sguardo complice e preoccupato con Hank e capii che c'era qualcosa che non raccontavano. Non fui io a notarlo, bensì Hailey.

<Erin e Stanley stavano insieme da due anni, quando lei ha scoperto delle foto che la ritraevano in momenti poco opportuni...> cominciò Natalie e terminò Nicole <Robinson ha sviluppato una sorta di rapporto morboso nei suoi confronti e quando Erin, sotto nostro consiglio e anche quello di Hank, ha deciso di lasciarlo, non l'ha presa proprio bene>
Ora temevo ancora di più le conseguenze.
Questo Stanley Robinson era un vero e proprio psicopatico.

<Posso vedere una foto della moglie?> Ruzek me la mostrò dal computer e notai l'estrema somiglianza con la mia ragazza. <È identica ad Erin; Mouse sfoglia il registro delle persone scomparse e cerca qualsiasi donna coetanea di Erin, con occhi verdi, capelli biondo scuro e di altezza 1,60. Io torno dalla moglie> informai i presenti.

Non mi sarei mai aspettato che Hank non obbietasse, anzi mi lasciasse prendere l'iniziativa e insieme ad Atwater tornammo dalla donna.
Di tutto ciò che le dissi, sembrava non saperne niente se non che l'ultima volta che lo aveva sentito, le aveva detto che si trovava nelle zone di campagna dello Stato dell'Illinois.
Non si ricordava se le avesse riferito anche una località precisa.
Successivamente le chiesi se in casa c'erano delle macchine fotografiche o delle foto che l'avevano particolarmente colpita, ma non aveva niente perché Stanley aveva portato via tutto.

<Spero che la troviate, veramente.> fu in procinto di chiudersi la porta alle spalle quando ebbe come un'illuminazione <Non so se può esservi d'aiuto, però quando va via per lavoro guida sempre un furgone nero. Ecco a voi la targa>
Kevin telefonò immediatamente a Mouse per rintracciare la targa e, arrivati al distretto, ci informò che era entrato in città alle otto di ieri sera e ne era uscito all'una, poco dopo il rapimento di Erin.
Dove si era diretto?
Si era fermato da qualche parte o aveva proseguito fino ad arrivare a destinazione affinché non ci fossero testimoni?
Qualcuno aveva visto Erin? Stava bene?

Ero talmente immerso nei miei pensieri che Charlotte dovette avvisarmi che mi squillava il cellulare. Era Jessie. Esitai un istante prima di rispondere, ma capii il suo stato di preoccupazione per cui accettai la chiamata. <Ehi piccoletta>

<L'avete trovata?> sentivo la sua voce impastata e immaginai che avesse smesso di piangere da poco.

<Ci stiamo lavorando, forse abbiamo una pista. Sarai la prima a saperlo quando la troveremo, te lo prometto> riattaccai e mi concentrai su quanto stava dicendo Mouse.
Dopo una attenta ricerca nel database delle persone scomparse, aveva ristretto il campo a venti persone; tutte molto simili a Erin.

If I Told You that I Love YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora