41-ERIN

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Commozione celebrale.
Naso rotto.
Quattro punti sulla fronte più uno sullo zigomo.
Questo fu il responso del dottore quando venne a visitarmi.
Però i bambini stavano bene; questo era quello che contava. Se li avessi persi, non credevo che sarei riuscita a superarlo.
Facevo fatica ad addormentarmi perché rivivevo tutte le violenze come se mi trovassi ancora chiusa in quella stanza con quell'essere spregevole che una volta avevo considerato una persona importante.

Ora in auto con Jay e Hank stavo ascoltando una canzone di Zoe Wees per tentare di alleviare il malessere del mal d'auto, invano perché dovetti usufruire di uno dei sacchetti che si trovavano nel portaoggetti della portiera del passeggero. A quel punto il mio ragazzo si fermò in una piazzola di sosta e mi permise di scendere a prendere una boccata d'aria.
Inspirai a pieni polmoni prima di prendere la consapevolezza che dovevo assolutamente indossare i braccialetti.
Ma come facevo se mi ricordavano le fascette con cui Stanley Robinson mi aveva tenuto legata a quella dannata sedia?

<Ehi amore puoi farcela> mormorò stringendo la coscia sinistra, come aveva fatto per tutto il tempo prima di fermarsi.
Mi sentivo protetta. <Noi non abbiamo fretta> scoccò un bacio sulle labbra prima di notare lo sguardo sbieco di Hank. Era più forte di lui, non riusciva proprio a ad accettarlo. Io, al contrario, avevo fretta perché volevo allontanarmi il più velocemente possibile da questo luogo e riabbracciare il più velocemente possibile la mia famiglia e la mia amata cagnolina.

Percepii le mani tremare mentre aprivo la scatoletta dove erano contenuti, però dovetti ammettere che mi avevano alleviato molto il senso di nausea; a questo punto rimisi apposto le cuffiette e mi riproposi di fare due chiacchiere con loro.
Hank non smetteva di osservare la sua mano sulla mia coscia e io, per farlo innervosire, decisi di baciarla e di intrecciare le nostre dita.
<Hank tutto apposto?> chiesi vedendo la sua faccia sconvolta; era proprio buffo.
Annuì rapidamente come non completamente connesso con la realtà. <Con Jamie non hai mica fatto tutte queste sceneggiate. Il tuo sguardo sembra suggerire che stiamo facendo sesso> scherzai. Lui sbiancò, Jay quasi si strozzò con l'acqua che stava bevendo ma sorrise ugualmente.

<Mi sto sentendo male...> si sventolò una mano davanti alla faccia e proseguì <Cosa hanno appena sentita le mie orecchie; da stasera dormi con me. Non ti do il permesso di tornare nel tuo appartamento dopo quello che hai detto...>

<Sergente le assicuro che i momenti in cui lo facciamo sono altri e lei non può nemmeno immaginarseli> lo canzonai ancora.
Jay si stava divertendo un mondo, mentre Hank si stava veramente per sentire male. Risi di gusto.

<Con Jamie non ho fatto tutte queste storie, perché è molto più giudizioso di te> sentenziò e aveva perfettamente ragione: io ero più uno spirito libero, fin da piccola.
Continuammo a parlare per qualche altro minuto prima di crollare in un sonno profondo dal momento che quando mi svegliai stavamo entrando a Chicago.

<Buongiorno bella addormentata, come stai?> mi canzonò l'uomo alla guida; annuii rapidamente e mi stiracchiai allungando le braccia in aria mentre rannicchiavo le gambe al petto, come una bambina piccola. <Sai che ti sta benissimo questa tuta, dovresti fregarla ad Hailey> sentenziò e potei immaginare ciò che stava pensando Hank dietro.

Arrivammo alla casa del sergente dieci minuti dopo e non appena fermò la macchina, notai che sul vialetto non c'era nessuna auto e domandai ai due uomini il motivo. Questa volta a rispondere fu Hank che disse che, con l'inganno, li aveva invitati per rassicurarli sul mio stato di salute e invece mi avrebbero trovato lì; perciò dovevamo sbrigarci.
Fin da quando avevo varcato la soglia, l'odore familiare di casa mi invase le narici; lo inspirai a fondo prima di dirigermi al piano di sopra, nella mia vecchia stanza dove aprii l'armadio per cambiare vestiti. In realtà indossai di nuovo una tuta, ma quell'altra mi ricordava Decatur, l'ospedale e tutto quello annesso.
Mi osservai allo specchio e sospirai.
<Erin, non per metterti fretta, ma stanno arrivando> mi informò Hank fermo sulla soglia della stanza. Annuii e scesi di sotto, sedendomi sul divano affianco a Jay che stava guardando una replica di una partita di football.

Qualche minuto dopo suonarono al campanello e una decina di persone entrarono nella casa di Hank e a quel punto decisi di alzarmi e respirare a fondo; ero veramente pronta a farmi vedere in questo stato?
La prima persona ad entrare nel salotto fu Jessie, appena tornata da scuola.
Mi vide.
Si voltò verso il nonno adottivo prima di lanciare a terra lo zaino e corrermi addosso come una furia, nonostante la distanza che ci separava era veramente poco.
<Non ci provare più, hai capito?> singhiozzò aggrappandosi ancora di più alla mia vita. Le baciai la nuca prima di ricambiare; per un momento la memoria fece riaffiorare il momento in cui pensai che non l'avrei più rivista e lo stomaco si serrò, poi però alternai lo sguardo tra Jay ed Hank che mi rassicurarono che fosse tutto finito e a quel punto tirai un sospiro di sollievo.

Successivamente abbracciai tutte le miei migliori amiche, Camille, Justin, Caroline e infine Jamie che mi strinse a sé quasi soffocandomi. Capii in quel momento che, quando saremmo stati soli, avremmo affrontato l'argomento esternando i sentimenti che provavamo; almeno lui l'avrebbe fatto sicuro, io chissà.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 15, 2021 ⏰

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