33-ERIN

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Tre giorni fa io e Jessie eravamo rientrate a Chicago, lasciando il mio ragazzo a New York a lavorare a qualche nuovo caso con la SVU di Olivia Benson.
Fin da subito ero stata impegnata in un caso di omicidio, che apparentemente sembrava più complicato degli altri, ma dal quale eravamo vicini alla soluzione. Comunque sia la sera, dopo aver lasciato dai nonni Jessie, sarei uscita con le mie migliori amiche trascorrendo la serata in qualche locale in città, dove, da brave pettegole, avremmo chiacchierato aggiornandoci su ciò che era accaduto in questi mesi.
Ma se avessi saputo ciò che sarebbe successo, le avrei persuase a rimandare o incontrarci nel mio appartamento.

<Jessie, ci vediamo domani mattina. Puntuale, okay?> dissi prima di rientrare in macchina diretta al Molly. Michelle e Natalie erano già arrivate, mentre Charlotte stava scendendo dal Taxi; le altre sarebbero atterrate a Chicago domani. Entrate nel bar, che era già abbastanza affollato, ordinammo ad Otis, un vigile del fuoco proprietario del locale insieme a due suoi colleghi Gabriela Dawson e Hermann, della birra e un bicchiere di acqua.

Avrei dovuto informale della gravidanza e della mia relazione con Jay e lo avrei fatto, se non avessi notato la figura di Hank tra la folla che si dirigeva proprio nella nostra direzione.
Da buon padre che era, prima ancora di salutare le ragazze, mi avvolse in un abbraccio baciandomi la testa e chiedendomi come stavo; solo successivamente passò alle altre che lo salutarono come se fosse un loro parente e, prima di lasciarci, si raccomandò di tornare presto a casa perché domani mattina avevamo da fare. 

<Comandi sergente>  risposi mimandogli il gesto con la mano. Così rimanemmo sole e scoprii che Natalie si era messa con un suo compagno di università, mentre Michelle si stava frequentando con un chirurgo del Med e Charlotte era entrata nello studio Gensler di architetti a San Francisco. Quando uscimmo dal locale, salimmo tutte sulla mia auto pronte a dirigerci verso le nostre abitazioni o nel caso di Charlotte in hotel; qualcosa però andò storto e a casa non ci arrivò nessuna.

Mentre ero seduta sul retro di un van, almeno così percepivo, con gli occhi bendati ripercorsi gli ultimi istanti di ciò che era successo.
Ricordavo di essere entrata in macchina, di aver attraversato un incrocio e poi aver visto una macchina sbattere sulla fiancata sinistra dell'auto. Quest'ultima si cappottò e, nell'atto di girarsi su se stessa, io sbattei la testa sul volante mentre le altre sul finestrino. Chi invece non si fece nulla, o almeno così rammentavo prima di perdere conoscenza, fu Charlotte che, infatti, cercò in ogni modo possibile di evitare il mio rapimento da parte di uno sconosciuto, almeno apparentemente.

Avevo le caviglie e le braccia legate; mi faceva male la testa e sentivo un sapore metallico sulle labbra, probabilmente avevo del sangue in volto; inoltre mi veniva da vomitare, in parte per la gravidanza, ma soprattutto perché soffrivo di mal d'auto che si accentuava in maniera esponenziale quando mi trovavo nei posti dietro di un qualsiasi mezzo e si percorrevano strade particolarmente tortuose.
Non avevo idea di dove mi stesse portando, né tanto meno se ci fosse qualcun altro con me in quel momento, ma ero completamente sola e avrei dovuto trovare il modo di sopravvivere fino all'arrivo di Hank e della squadra.
Sarei dovuta sopravvivere per Jessie, i miei bambini e Jamie perché dubitavo potesse sopportare la morte di sua sorella.
I primi tempi dopo la morte dei nostri genitori, Jamie ed io eravamo distrutti ma a differenza mia, lui esternava questo malessere. Era più piccolo e quasi ogni notte si svegliava di soprassalto, madido di sudore gridando il nome di mamma e papà, cercandoli poi per la casa. Ma forse perché proprio più piccolo, riuscì a superare il lutto più velocemente.

If I Told You that I Love YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora