Capitolo 2

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Capitolo 2

Kendra

Quella mattina mi alzai di buon ora per andare a caccia. Ero l'unica rimasta in quella casa, e lo sarei stata ancora per altre due settimane buone. Ne ero contenta alla fine dei conti: nessuno per cui cucinare o per cui pulire, potevo alzarmi più tardi e passare il pomeriggio a leggere quei pochi libri che erano rimasti in casa, dopo che la mamma era morta.

Infilai una tunica di mio fratello, arrotolando sia le maniche che i pantaloni per adattarla meglio al mio corpo. Afferrai arco e frecce e mi diressi verso la porta.

Stavo tenendo d'occhio quel cervo da una mezz'ora buona, mi serviva per creare dei vestiti per l'inverno e delle scarpe nuove. L'arco in tensione per evitare di perdere tempo ad incoccare la freccia. Mi ero addentrata nel bosco più del previsto, ma era appena ora di pranzo e sarei riuscita a tornare a casa entro il tardo pomeriggio.

Continuavo a spostare lo sguardo dal cervo al terreno, stando attenta a non calpestare neanche per sbaglio una foglia o un ramo, per evitare di spaventare l'animale.

Inaspettatamente si fermò in mezzo ad una piccola radura, teneva il muso a terra, come se stesse mangiando qualcosa. Mi arrampicai sopra un tronco basso ma alto abbastanza da avere una visuale migliore della mia preda. Incoccai nuovamente la freccia mirando all'occhio della bestia. Ma quella non si era fermata semplicemente per mangiare qualcosa , stava annusando un corpo, una ragazza.

Corsi fino alla radura, incurante del fatto che in quel modo avrei fatto scappare il cervo. La ragazza era nuda dalla vita in su, e aveva due grosse ferite su ambo i lati della schiena. Aveva la pelle terribilmente pallida, troppo per i miei gusti. Tatuaggi neri le scorrevano su entrambe le braccia, per poi sfumare sulle spalle. Erano disegni Illyrian e quelle ferite erano nel posto in cui si sarebbe dovute trovare le sue maestose ali. Ma lì non c'era altro che pelle lacerata e ancora sanguinante.

I capelli neri le ricadeva ai lati del viso, impedendomi di vedere la sua faccia. Pensai fosse morta, tanto che mi stavo già allontanando dirigendo al lato opposto della radura. Ma la sua schiena si mosse: respirava, era debole, praticamente mezza morta, ma respirava.

Usai la magia per trasportarla fino a casa, facendola galleggiare nell'aria. Sapevo che nessuno l'avrebbe vista, non passava mai anima viva in quelle zone.

Sgombrai il grosso tavolo della sala da pranzo, stendendola a pancia in giù e mi diressi a riempire un secchio d'acqua e a prendere degli stracci. Era ancora svenuta quando tornai con la pozione che usavo per dormire, sarebbe rimasta in quello stato per tutto il giorno. E io avevo bisogno di tempo per curarle le ferite ma soprattutto che stesse ferma.

Non sapevo esattamente il motivo per cui non avevo esitato a portarla a casa, mi era sembrata la cosa giusta da fare semplicemente. Speravo solo che le mie capacità fossero sufficienti per curarla, chissà cosa doveva aver passato per essere ridotta in quello stato.

Con cura le passai lo straccio bagnato sulle ferite, cercando di ripulirle da ogni traccia di terra e ghiaia, una volta finito avevano ripreso a sanguinare, ma almeno erano pulite. Applicai sopra di esse un unguento a base di salvia e rosmarino per favorire la cicatrizzazione e coprì il tutto con delle bende pulite. Mi occupai poi della ferita alla testa, non sanguinava ma aveva bisogno di essere ricucita. Mi presi il mio tempo, cercando di fare dei punti precisi, sarebbe rimasta la cicatrice ma non sarebbe stata tanto brutta. Per quanto riguardava invece le ferite sulla schiena, quelle sarebbero state per sempre orribili e le avrebbero ricordato per tutta la vita che cosa aveva passato.

Fortunatamente la febbre era dovuta alla stanchezza, le ferite non sembravano infette, doveva averle pulite. Altrimenti sarebbe probabilmente già morta.

A court of shadows and revengeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora