Capitolo 33

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Ero esausta: la schiena mi doleva in più punti, le dita delle mani erano intorpidite e le gambe si rifiutavano di fare un ulteriore gradino. Tirandomi su per il corrimano raggiunsi il pianerottolo in cima alla rampa di scale, dirigendomi verso la mia stanza. Sprofondai con un sonoro tonfo sul mio letto, la mia schiena e il mio collo scrocchiarono all'impatto: avevo allenato le ragazze per tutto il giorno. Ormai tutte le mattine dovevo fare avanti e indietro dai campi Illyrian per trasportare le donne che volevano addestrarsi alla Casa del Vento e, con mia grande sorpresa, Nesta era riuscita a convincere anche alcune delle sacerdotesse che lavoravano nella Biblioteca a venire.
Sciolsi metodicamente le fasciature che mi avvolgevano i palmi e le dita, sospirando di sollievo quando la mia pelle venne a contatto con l'aria fresca che entrava dalla finestra. Allungai due volte le dita, lottando contro la loro rigidità e poi mi scrocchiai le ossa.
Ero così stanca che non avevo nemmeno trovato la voglia di tornare al mio appartamento, in quel momento fare le scale mi era sembrato di gran lunga più facile e veloce.
Dentro di me, sapevo che avrei dovuto fare un bagno e grattarmi via tutto il sudore, ma la sola idea di alzarmi mi faceva girare la testa. Un movimento alla mia sinistra mi fece voltare: la Casa aveva fatto comparire un bicchiere colmo di succo, grugnendo lo afferrai e vuotai immediatamente il suo contenuto.

Non mi ero nemmeno resa conto di essermi addormentata subito dopo essermi asciugata dal bagno: dovevo essere davvero esausta. Quando riaprii gli occhi, le tende erano state tirare ed ero sotto le coperte, un corpo caldo sistemato accanto a me. Un corpo che ormai conoscevo come le mie tasche. Le dita di Azriel stavano tracciando delicatamente i contorni del tatuaggio che mi adornava il braccio che spuntava dalle coperte.
«Mmm...» sospirai, appoggiando la testa contro il petto del mio Compagno.
«Non volevo svegliarti.» Mi voltai, contrariata dal fatto che avesse smesso di massaggiarmi il braccio. Non era solito a questo genere di smancerie, perlomeno non quando ero sveglia, ma l'avevo già scoperto un paio di volte osservarmi, oppure massaggiarmi la schiena o accarezzarmi il viso mentre pensava dormissi.
«Credevo fossi giù in città...» dissi scostandogli una ciocca di capelli dal viso.
«Sono venuto direttamente al tuo appartamento ma non c'eri, ho immaginato fossi rimasta qua e quando sono arrivato avevi la faccia dentro un cuscino, e russavi.»
«Io non russo!» Esclamai colpendogli il bicipite. Sorrise, scoprendo la bellissima fossetta sul lato destro della sua bocca. Ricalai la testa sul cuscino, lasciando che Az mi tirasse verso di lui con un braccio. Mi ritrovai con la guancia interamente appoggiata al suo petto, inspirai a fondo il suo profumo di cedro e nebbia.
«Avrei preferito fossi tornata a Velaris...» confessò, accarezzandomi i capelli. Alzai lo sguardo a metà fra il confuso e il curioso, invitandolo ad andare avanti. «Così non avrei dovuto passare davanti a Nesta in ginocchio davanti a Cass.» Strabuzzai gli occhi. «Al tavolo dove mangiamo di solito.» Continuò poi, e non riuscii a fare a meno di nascondere una nota di disgusto nei miei occhi.
«Ci sono circa un centinaio di stanze in questa casa? Proprio sotto il tavolo della sala da pranzo?» Chiesi più a me stessa che a lui. Avrei preso in giro Cassian fino al mio ultimo respiro, avevo deciso.
«Chissà perché ogni volta che rimango qui a dormire me ne pento.» Mi chiesi.
«Forse dovremmo passare più tempo nel tuo appartamento che, tra parentesi, non mi hai ancora fatto vedere.»
«Giuro che domani ci andiamo, ora sono troppo stanca.» Sospirai, sentendo nuovamente le mie membra farsi pesanti.
«Buonanotte Lil.»
«Notte, Az.»

Evidentemente dormire per circa dodici ore era servito a farmi recuperare le energie, perché la mattina seguente l'allenamento era andato molto meglio e anche dopo aver riportato le ragazze ad Illyria non mi ero sentita stanca. Anzi, ero tornata al Cerchio per fare due parole con Cass, in attesa del pranzo.
«Un uccellino mi ha raccontato delle tue avventure in sala da pranzo.» Gli dissi sedendomi a terra a gambe incrociate, grata che Nesta non fosse nei paraggi: quella donna mi spaventava.
«L'uccellino dovrebbe imparare a farsi gli affari propri!» Esclamò, visibilmente infastidito, gettando a terra un paio di stracci.
«E qualcuno dovrebbe fare le proprie cose in camera da letto.» Proposi.
«Come se non ti avessi beccato con Azriel in un angolo del corridoio.» Le mie gote arrossirono visibilmente al ricordo: ero contro una parete, mezza nuda, con la parte superiore del vestito strappata e Az ancora dentro di me quando Cassian era passato "per caso" di lì. Il solo pensiero mi fece accapponare la pelle.
«Posso chiederti un consiglio?» Chiesi alla fine, cercando di uscire da quella situazione di imbarazzo. Fece cenno di sì con il capo, continuando a pulire le sue armi.
«Volevo dare il mio regalo per il Solstizio ad Az, e magari andare a cena fuori, oppure prendere da mangiare e stare in casa, cosa mi consigli?» Abbassai lo sguardo, lievemente imbarazzata a chiedere a lui quel genere di consigli.
«Fammi capire, voi due passate insieme ogni notte, vi scambiate sguardi dolci ma, primo, tu devi ancora dargli il suo regalo per il Solstizio che, per inciso è stato tre mesi fa, e secondo, non sai se preferisce stare a casa o uscire?» Continuai a fissare il pavimento, seguendo il percorso di una formica fattasi particolarmente interessante, consapevole che avesse del tutto ragione. Mi limitai ad un'alzata di spalle.
«Siete un disastro... Vai a prendere della carne al solito ristorante, ruba una bottiglia di vino a una di whisky a Rhys e ce lo avrai in pugno. È un uomo semplice, in fondo.» Mi sembrava un piano fattibile, tranne per il fatto che non sapevo cosa mettermi.
A parte la sera del Solstizio, e qualche altro sporadico evento, eravamo stati entrambi così tanto sommersi dal lavoro da non avere il tempo per fare cose normali. Lasciando i nostri unici incontri nella camera da letto, o nei corridoi. Mi strofinai la faccia con i palmi delle mani dalla frustrazione, notando il mio più che evidente sconforto, Cass si sedette affianco a me, allungando le gambe chilometriche.
«Avete solo bisogno di conoscervi meglio...»
«Vorrei che fosse tutto più semplice.» Ammisi, appoggiando la testa sulle ginocchia che mi ero portata al petto. Avrei voluto essere innamorata di lui e che lui lo fosse con me, invece stavamo insieme solo perché ci sentivamo obbligati a farlo. Non che stessimo male, però avrei voluto che il Legame scattasse al momento giusto, non nel mezzo di una battaglia in un momento in cui non sapevo se sarei sopravvissuta alle due ore successive. Però quando stavamo insieme tutto sembrava andare per il meglio, sentivo anche che stava riuscendo ad aprirsi di più con me. Ma l'incognita era capire se potevamo riuscire a vederci di più che come semplici amici.
«Prendetevi il vostro tempo, non avete nessuno che vi corre dietro. In più, anche se non credo spetti a me dirtelo, credo che lui fosse innamorato follemente di te quando eravamo più giovani, non credo sia cambiato molto da quel momento. Se non il fatto che ora sarebbe ancora più difficile resistere al tuo incredibile fascino.» Sapevo che l'ultima parte del suo discorso era puramente ironico, ma non riuscii a fare a meno di sorridere e ringraziarlo.

A court of shadows and revengeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora