Capitolo 19

437 19 8
                                    

Non sentivo più nulla: i rumori della battaglia che infuriava, di lame che si scontravano contro altre lame, le urla dei soldati, era tutto ovattato a causa delle esplosioni. Sentivo qualcosa di appiccicoso che mi colava sulle braccia, sul viso e sul collo. Sapevo che era sangue ma non riuscivo a capire se fosse mio o no. Alcune ciocche di capelli erano sfuggite dalle trecce e si erano attaccate ai lati del mio viso.

Ero esausta, fisicamente e mentalmente, il sifone attaccato al mio collo pendeva spento, la magia che mi scorreva nelle vene si era fatta più lenta e meno precisa. Avevo la nausea per essermi smaterializzata troppo in poco tempo. Una fitta al fianco sinistro mi distrasse dai miei pensieri, portai la mano libera nel punto che doleva, trovandola immediatamente zuppa di sangue. Non avevo abbastanza forze per guarire la ferita, almeno momentaneamente.

Mi spostai con passo incerto in una via laterale, trovandola piena di cadaveri, segno che i soldati di Hybern erano già passati di lì. Appoggiai la schiena al muro, cercando di recuperare le forze. Premetti la mano più forte per cercare di fermare l'emorragia, ma sapevo benissimo che se non fossi stata da un guaritore entro qualche minuto sarei svenuta. Portai la mano sulla schiena, all'altezza dei reni: qualunque cosa mi avesse ferita, non era passata da parte a parte.

Alzai di scatto la testa quando sentii delle urla dall'altro lato del vicolo, ma la mia vista si annebbiò tanto da rendermi impossibile capire chi fosse stato. Scivolai più giù sul muro, la spada che tenevo nella mano destra cadde a terra con un sonoro rumore metallico.

«Sono qua...» una voce calda ed accogliente mi cullò mentre due braccia forti e altrettanto bagnate di sangue mi tiravano su. Provai a stringermi al suo corpo ma ero troppo debole per muovermi.

«Ti porto via da qui» sussurrò di nuovo prima che oscurità e buio ci circondassero.

Un forte dolore al fianco mi costrinse ad aprire gli occhi, la luce era quasi accecante ma mi costrinsi a guardarmi intorno: ero sdraiata su una branda, accanto a me c'erano altri feriti. Alcuni di loro stavano urlando altri dormivano, altri ancora avevano un lenzuolo a coprirgli la faccia. Alzai un poco il collo, cercando di capire quanto fosse grave la ferita. Mi avevano tolto la giacca di pelle Illyrian e insieme ad essa anche tutte le armi. Un guaritore era piegato sopra di me, le sue dita abili mi pizzicavano riunendo i due lembi di pelle. Mi morsi il labbro nel vano tentativo di reprimere i gemiti di dolore. Sentii uno spostamento d'aria dietro di me, e poi una mano che mi accarezzava la guancia. Alzai lo sguardo, distogliendolo dal guaritore che non aveva ancora terminato il suo lavoro sulla ferita.

«Dove sono i miei?»

«Stanno quasi tutti bene, sono qua fuori ad aspettarti.» strizzai gli occhi all'ennesima fitta di dolore, portando la mia mano ancora macchiata a stringere quella del Cantaombre. Notai l'esitazione nei suoi occhi, l'incertezza e la vergogna, ma non si ritrasse. Mi strinse la mano a sua volta, lasciandomi impressi nella pelle i solchi della sua carne sfregiata.

Il guaritore strinse attorno alla mia vita una benda pulita, fissandola con una spilla.

«Hai perso molto sangue, dovrai stare a riposo per un po'...» a quel punto avevo solo la forza di annuire, la ferita pulsava ed era ancora dolorante, in più ero ancora molto debole per l'emorragia. Azriel si spostò sedendosi accanto a me, mi sistemò il cuscino sotto la testa, in modo che potessi sollevarla abbastanza da bere un sorso d'acqua.

Mi avvicinò un bicchiere alle labbra e per poco non mi strozzai con quei pochi sorsi che avevo bevuto, la mia gola era ancora secca ed irritata per tutta la polvere che avevo respirato.

«Come ti senti?»

«Come se una mandria di cavalli mi avesse calpestato più volte, ma se devo essere sincera sono stata peggio.» ammisi, cercando di tirarmi su.

A court of shadows and revengeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora