Capitolo 23

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Quando mi svegliai il sole faceva capolino dalla finestra, i raggi erano filtrati dalle tende bianche di lino, ricamate da mia madre. Anche dopo tutti quegli anni potevo giurare di riuscire a sentire ancora il suo odore nell'aria, come se fosse rimasto impresso nel legno dei mobili: portava sempre un profumo speziato, mi era sempre sembrato simile alla cannella. Era così caldo e confortevole. La coperta che avvolgeva il mio corpo aveva quell'esatto profumo, mi sembrò quasi di essere tornata bambina. Mi azzardai a tirare fuori la testa da quel cumulo di coperte di lana. Mi trovavo nella mia vecchia stanza. Avevo passato così tanto tempo lì dentro, mentre Rhys e mio padre erano in guerra... Appesi alle pareti c'erano alcuni quadri che avevo portato direttamente da Velaris, per cercare di fare più mia quella stanza altrimenti ignota. Sui comodini ai lati del letto due luci fatate erano rimaste accese dalla sera precedente probabilmente, accanto ad una di essa c'era un bicchiere pieno d'acqua, che svuotai molto volentieri. Mi venne spontaneo sorridere nel vedere che la libreria era rimasta come l'avevo lasciata: era piena zeppa, avevo riempito ogni minimo spazio disponibile con i libri, alcuni erano ancora nuovi, aperti solo un paio di volte, altri erano stati letti e riletti, presi in prestito dalla biblioteca della Casa del Vento. Aprii il libro che era stato appoggiato su una delle mensole - il posto dove mi piaceva mettere i libri che stavo leggendo -, parlava di una storia d'amore. Ma dopo tutto quel tempo, non ricordavo nient'altro. Sfogliai le pagine, inspirando l'odore della carta. Incastrato fra esse c'era un fiore, una semplice margherita. Ricordavo di averlo lasciato lì una sera, di ritorno dalla Corte di Primavera. Tamlin me l'aveva incastrato fra i capelli appena prima che me ne andassi. Era stata l'ultima volta che l'avevo visto, prima di quel giorno nel bosco. Lo rimisi a posto e chiusi il libro. Voci ovattate arrivavano dalla cucina e il mio stomaco brontolava, decisi quindi di assecondarlo, raggiungendo gli altri.

La piccola cucina straripava di persone, più di quelle che ci sarebbero potute stare: Feyre era seduta su uno dei banconi, mio fratello accanto a lei. Seduti al tavolo c'erano Mor, Amren, Cassian e Azriel, e in piedi, quasi sulla porta le sorelle di Feyre. Tossii sommessamente per cercare di attirare l'attenzione ed entrare a prendere del cibo e una buona tazza di tè.
Incrociai subito lo sguardo di Rhys che si affrettò a versare un po' d'acqua bollente in una tazza, per poi porgermela «Eri così stanca che non ti sei nemmeno svegliata quando ti ho portata in camera tua.»
«Materializzare tutte quelle persone mi ha distrutta, mi sono persa qualcosa?» chiesi accomodandomi nell'ultima sedia rimasta e afferrando un pasticcino. Dovetti reprime un gemito: non mangiavo dalla mattina precedente e il mio stomaco fu ben felice di quel cibo così buono.
«Lo scorso pomeriggio siamo stati nei Regni Mortali, i tuoi sono riusciti a portare via poche persone, meno di quelle che ci aspettavamo,» mi spiegò «abbiamo cercato di convincere Graysen a dare riparo a quante più persone possibili.»
«Graysen?» chiesi, non avendo idea di chi fosse. Un singhiozzo lasciò le labbra di Elain. Mi girai a controllare che stesse bene ma se n'era già andata.
«Era il promesso sposo di Elain, lui e suo padre hanno una specie di castello, grosso abbastanza da ospitare l'intero villaggio di Feyre.»
«E' quello più vicino al Muro, vero?» cercai conferma nello sguardo di Feyre che si limitò ad annuire.
«E' venuto a farci visita Jurian, credevamo fosse completamente pazzo e dalla parte di Hybern. Ma, a quanto pare, così non è. Ci ha detto che il Re avrebbe attaccato Adriata oggi.»
«E ne sei completamente sicuro?»
«Purtroppo sì, ho controllato che quello che dicesse fosse vero, e purtroppo per noi i suoi piani sono quelli. E userà il Calderone.» mi strofinai la testa fra le mani, cercando di dare un senso a quello che mi avevano detto. Credevamo di avere più tempo, non sapevo se gli eserciti di Miryam e Drakon sarebbero arrivati in tempo. Lo speravo, ma senza il vento dalla loro parte, non ce l'avrebbero mai fatta.
Cassian mi aggiornò velocemente su come avrebbe spostato le truppe: tutti quelli che potevano volare l'avrebbero fatto, chi poteva materializzarsi avrebbe portato con se quante più persone possibili, ma anche così facendo sapevamo che ci sarebbero voluti più viaggi per portare tutti i soldati a destinazione.
Volevo urlare dalla rabbia, forse se solo quei dannati Signori Supremi si fossero degnati di accettare prima a fare quel meeting avremmo avuto più tempo. Ci saremmo potuti organizzare meglio.
«Sia Tamlin che Tarquin hanno mandato dei messaggeri a dire che sia Julian che Lexa sono arrivati e che stanno bene.» l'unico che segno che diedi di aver sentito quello che Rhysand mi aveva appena detto, fu un semplice cenno del capo.
Mi sentivo così sopraffatta, ero così stanca di lottare. L'avevo fatto per tutta la vita e ora che la guerra era arrivata non volevo più farlo. Avevo appena ritrovato la mia famiglia e l'idea di morire su un lurido campo di battaglia non mi attirava per niente. Che decisione stupida era stata quella di scappare via.
«Vado a prepararmi.» dissi prima di congedarmi, sapevo che avrei dovuto mangiare di più, ma avevo lo stomaco chiuso per l'ansia. Tutti gli altri uscirono dalla casa andando fuori ad abbaiare ordini, riuscivo ancora a sentire sia la voce di Rhys che quella di Cassian. Chiusi la porta della mia stanza alle mie spalle, crollai sul pavimento portandomi le ginocchia al petto. Mi sarei concessa solo un attimo: lasciai la paura e la rabbia libere di scuotermi il corpo. Nella mia mente contai un minuto, quando arrivai a sessanta mi asciugai le lacrime e mi rialzai.
«Stai bene?» la voce calda di Azriel mi colse impreparata, sobbalzai, facendo cadere la giacca che stavo tirando fuori dall'armadio.
«Sono solo un po' nervosa.» ammisi. La vasca da bagno era già stracolma, mi sarei fatta solo un bagno veloce per cercare di lavare via la polvere del giorno prima. Lasciai la porta semiaperta in modo che potessi sentire Azriel. Mi immersi nell'acqua fresca e iniziare a sfregarmi energicamente la pelle con una saponetta.
«Ti strapperai anche i muscoli così.»
«Riesci a vedermi?» chiesi cercando nella stanza alla ricerca di ombre che potessero spiarmi.
«No, ma sento il rumore.» Mi rilassai, tornando a lavarmi. «Non devi combattere per forza...» continuò.
«Si che devo. Non ho paura di combattere.» spiegai, sciacquando ogni traccia di sapone dal corpo.
«E di cosa allora?» non risposi subito. Mi presi un attimo solo per asciugarmi e vestirmi, guardai con sguardo malinconico la vasca da bagno: sarebbe passato del tempo prima che potessi permettermi di nuovo quel lusso, sempre che non fossi morta dissanguata in mezzo alla terra.

A court of shadows and revengeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora