37. Presto

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N/A: verso la fine c'è una descrizione leggermente cruenta.
Se siete facilmente suscettibili (oltre a chiedervi che ci fate sulle mie storie, dato che sono pesanti in generale-), vi consiglio discrezione.

Detto questo, buona lettura.

Feliciano sfrecciò nel bagno del terzo piano, chiudendo la porta a chiave, premendosi contro di essa.

<Feli, Feli, fammi entrare! Che succede?> domandò preoccupato Lovino, battendo con insistenza il pugno sulla porta.

<Sto bene!> pigolò il fratello minore, con la tremarella alle gambe.
<Allora fammi entrare.> impose il maggiore.
<No.> ribatté con voce leggermente tremante Veneziano, stringendo le mani a pugno.

Ludwig e il suo amore per lui erano un argomento talmente delicato che lo riducevano sempre in un malo stato, piangente o sull'orlo.

Per ora sentiva gli occhi pizzicare e la vista si stava sfuocando. Si strinse a sé, appoggiandosi di peso con la schiena contro la porta.

<Allora c'è qualcosa che non va. Se non fosse nulla mi faresti entrare, no? E sembri sul punto di piangere, a giudicare dalla voce.> decretò il meridionale, impuntato a rimanere lì.

Feliciano iniziò a piangere silenziosamente dallo stress e della frustrazione. Voleva solamente essere lasciato in pace e venire lacerato mentalmente dalla guerra che due parti di sé stavano portando avanti.

Una voce credeva ancora nell'amare Ludwig, nel medesimo modo di prima, puro e passionale insieme. Un amore totalizzante e, nonostante fosse stato turbolento, felice.
Quella era la parte, piccina, che credeva nell'innocenza del tedesco.

L'altra parte gridava per soppiantare quel sussurro. Si rifiutava categoricamente che fosse qualcun altro al di fuori di Ludwig ad averlo torturato, per quanto questo lo struggesse.

E questo dolore si rifletteva sul suo amore per lui, che vacillava, in precario equilibrio, e tale voce si sgolava affinché il suo desiderio venisse esaurito: quel sentimento doveva essere sradicato, bruciato e buttato via.

Era un cancro da estirpare che, se non fosse stato tolto, lo avrebbe infettato e fatto morire dal senso di tradimento provato.

Però quell'indecisione, quel suo conflitto interno, era quello il vero cancro. Lo distruggeva e lo faceva vacillare sui suoi progetti.

<Vattene…> sussurrò Feliciano, la voce tremante.
<Cosa?> chiese a voce alta Lovino, che aveva sentito un borbottio ma nulla di chiaro.

<VATTENE!> strillò il fratello minore, lasciandosi scappare un singhiozzo, disperato, e accasciandosi a terra.

Il maggiore si spaventò sensibilmente all'urlo dell'altro e scattò all'azione: trovare un modo per entrare in bagno.

Il suo primo pensiero fu di recuperare qualche forcina per scassinare la serratura senza danneggiare la porta.

Bussò con insistenza a quella che gli paresse fosse la porta alla stanza di Marie, vociando: <Apri la porta ora!>

Subito la porta scattò aperta e sull'uscio si affacciò Marie, in un vestitino azzurro pastello, con in volto una maschera idratante.

<Cosa é successo? Ho sentito un mezzo grido prima, non mi sembrava un urlo come gli altri che volano in questa casa ma-> iniziò la valdostana, interrotta dalla nazione che le impose: <Dammi due o tre forcine!>

La regione più giovane di casa, confusa ma diligente, annuì e prese tre forcine dal suo comodino, dandole in mano a Lovino.

<Cosa é successo?> domandò lei, ignorata dal meridionale, che tornò in fretta alla porta del bagno, dove si inginocchiò e prese a lavorare con la serratura.

Mai più come prima...?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora