63. Vaghezza e schiettezza

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N/A: ciao! Oggi mi sono ricordata di aggiornare, yeeeee.
E ho ancora tanti giga, in teoria ce la dovrei fare anche il prossimo sabato, giurin giurello.

Ma ora vi lascio al capitolo, la scorsa volta vi ho lasciato sulle spine (sai che novità-).



Prima che uno di loro potesse urlare, Feliciano si fermò nella sua caduta in avanti, sospeso in aria.

Angela abbassò lentamente una mano e lo svenuto venne appoggiato delicatamente a terra, nell'erba.

<L'hai fatto svenire tu?> domandò Domenico, avvicinandosi cauto al padre.
<Sì. Qualcosa in lui è scattato.> commentò l'umbra. Si voltò verso il piemontese, che osservava il padre con uno sguardo indecifrabile, e gli disse: <Non è colpa tua, sei stato bravo. E ora ne abbiamo la conferma. Non solo l'esperienza gli ha lasciato cicatrici dentro... ma c'è pure qualcos'altro.>

<Hai notato anche te gli occhi?> chiese Giorgio.
<Gli occhi?> indagò Lovino, confuso.
<Sono diventati di un altro colore per tipo un secondo. Come se ci fosse qualcos'altro dentro di lui che ha preso il controllo. Infatti stava per accettare la proposta di Roberto e poi si è ritirato.> spiegò il veneto.

Domenico si caricò sulla spalla come un sacco di patate la mezza nazione svenuta e decretò: <Intanto è meglio andare a casa. Rimanere vicino ad una tangenziale con un pazzoide o cosa svenuto non è la cosa migliore.>

Il piemontese annuì e iniziò a camminare, pensieri su pensieri che gli vorticavano in testa.
Si sentiva in colpa. Non era riuscito a convincerlo, nonostante era stato quello il motivo per cui era venuto.

E non importava alle voci che probabilmente c'era stata una forza "superiore" a controllarlo, si concentrarono solo sul suo fallimento.
Praticamente ignorò la conversazione che intanto si stava svolgendo fra gli altri.

<Questa cosa mi fa pure pensare che chiunque abbia iniziato questo casino sia molto, molto esperto in magia.> notò Angela.
<Spererei di no... ma perché dici questo?> domandò Lovino, non sapendo se voleva davvero conoscerlo.

<Sarebbe meglio spiegarlo una volta che siamo tutti insieme, ma posso dirti che forse non siamo gli unici ad esistere.> rivelò criptica l'umbra.
<E che dovrebbe significare?!> indagò Sud Italia, infastidito.
Ecco cosa odiava della magia: quel suo essere perennemente vaga. Non diceva mai se una cosa fosse A o B, alludeva solo che stava "là in mezzo a tutto".

<Intendo che forse, come immaginavano tanto tempo fa maghi, streghe e druidi, non esiste solo un'unica me o un unico te. Che forse, oltre quello che possiamo immaginare, ci sono davvero infiniti pianeti Terra e infiniti Umbria e Sud Italia.> illustrò Angela.

<Tipo universi alternativi?> chiese Domenico e ricevette in risposta un assenso.
<Che cosa fottuta, sembra uscita da un film.> decretò il veneto.
Nessuno gli andò contro.

Per il resto del tragitto nessuno parlò, in una tesa calma... ma molto meno calma per l'ex sabaudo. Avrebbe voluto tapparsi le orecchie e smettere di sentire quell'odio che quelle voci gli rivolgevano. Stava affogando in quell'oleosa pozza di insulti che si diceva da solo.

Era solo un fallito, un fallito, un fallito. Perché esisteva ancora?, come non era stato inglobato da altri?, perché si credeva degno di aver valore se non sapeva dire quattro paroline giuste?!

Arrivarono davanti casa prima che se ne accorgesse ed entrarono.
Subito furono investiti da una valanga di esclamazioni e domande. Bloccò tutto all'esterno e rimase con se stesso, muovendosi quasi come un burattino guidato da fili invisibili.

Mai più come prima...?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora