40. Minaccia

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N/A: scenetta di stamattina=
Tipo del film di "Tutte le volte che ho scritto ti amo": non puoi chiuderti nella tua stanza e scrivere lettere che poi non manderai.
Mia madre: visto? Visto? Non puoi chiuderti in camera a scrivere lettere che poi non manderai!

Io: ma io non scrivo lettere che poi non mando!
Mia madre: e va beh, scrivi comunque cose che tanto poi non vengono viste

Io internamente: why you must hurt me in this way? E grazie per ricordarmi che le mie storie mi devono solo fare pena, eh.

Sì, nulla di che, solo una scena idiota che avevo voglia di riportare.
Vi lascio al capitolo, ci sono robbeh serie.
Buona lettura.





Nel quartiere del prossimo negozio, il quarto sulla lista, i due tedeschi si accorsero che si stava raggruppando una certa folla nella direzione in cui dovevano andare.

Si udivano, non troppo lontane, delle urla di frustrazione e disperazione, mentre una piccola calca parlava concitata.

Ludwig e Gilbert si fecero largo tra la folla senza dare troppe spallate, arrivando proprio nell'area dove avrebbe dovuto esserci il negozio che stavano cercando.

Rimasero spiazzati.
Le vetrate frontali erano state spaccate, rimanevano attaccate solo schegge appuntite ai bordi della struttura.

Vari oggetti di elettronica prima in esposizione erano stati presi e buttati fuori dal locale.
Erano stati frantumati con l'impatto al suolo e in alcuni casi danneggiati ulteriormente con calci e pestate, probabilmente.

L'insegna era stata rovinata con delle bombolette spray con insulti e ghirigori, come i muri esterni dipinti di panna.
La porta era stata scardinata e giaceva tristemente al suolo.

Davanti la porta un uomo, probabilmente il proprietario, stava urlando con le lacrime agli occhi.
«Chi é stato?!» continuava a ripetere, in un crescendo di frustrazione e disperazione.

<Non dirmi che-...> sussurrò Ludwig, terrorizzato potesse opera dei torturatori di Feliciano.

<No, no-> asserì Gilbert, poco sicuro lui stesso <A sentire parlare gli umani qua attorno, é un ebreo.>

Il biondo, tendendo l'orecchio ai discorsi dei suoi cittadini lì attorno, sentì che il fratello maggiore non si era inventato il fatto.

<Quindi, per quanto triste da dire... potrebbe essere opera di qualche gruppo neo-nazista. Non ci sono sempre loro di mezzo, chiunque loro siano, Lud.> commentò l'albino a mezza voce.

Ma era una coincidenza troppo strana: loro si stavano dirigendo proprio a quel negozio e proprio quel negozio era stato vandalizzato da un gruppo estremista totalitarista?

La natura non é mai così pigra da affidare qualcosa al caso.

<Se fosse così... dove sono le svastiche? Dove sono le frasi che inneggiano alla morte degli ebrei?> domandò il fratello minore.

<Beh... quelle non le vedo. Però non é che "stronzo" o "puttana" siano molto gentili. E quella parola scritta lì sulla insegna non sembra pure a te un "Muori" scritto un po' male?> puntualizzò Gilbert, indicando la parola blu cobalto, realizzata con una bomboletta spray.

<Non so... c'è qualcosa che non mi convince...> borbottò il biondo, andando verso destra, dove c'era radunata meno folla.

Se erano stati loro avrebbero lasciato un segno per farglielo capire.
Parevano adorare così tanto fare pressione psicologica su di lui, non avrebbero fatto un danno senza lasciare un qualche sorta di monito.

Mai più come prima...?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora