4. Bisogno di agire

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<Non sai una sega e devo starti qua a spiegare con tutta calma, proprio ora? Vuoi un PowerPoint di massimo 10 slide per accompagnare, mh?> domandò acido il Sud Italia.

<Se mi spiegassi in modo lineare e chiaro cosa é successo, capirei e potrei aiutarti proprio ora.> spiegò diplomatico il biondo.

Però Gilbert vide benissimo come strinse la mano dal nervosismo.
Gli scosse leggermente la spalla e gli sorrise rassicurante. Qualsiasi cosa fosse, doveva ricordarsi di non essere solo.

E, come a coinvolgerlo, permettendosi di condividere la neo-preoccupazione, Ludwig mise in vivavoce la chiamata, intimando comunque al fratello il silenzio assoluto.

<Tutto é iniziato cinque minuti fa circa. Anna-> iniziò il meridionale.
<Chi?> domandò il biondo.
<Fammi parlare, é irrilevante!> sbraitò Lovino.

Gilbert si tappò in fretta le orecchie ma senza granché successo: la voce dell'italiano era arrivata prima dei suoi riflessi.
Dannazione, aveva una sirena della polizia impiantata nel collo invece delle corde vocali!

<Fatto sta, Anna viene chiamata al cellulare da Feliciano e, nonostante sia confusa da ciò, risponde. Però sente qualcuno parlare in una lingua che lei non capisce ma riconosce come tedesco. Ringrazia che qua c'è gente che capisce il crucchese, per mio disgusto...> borbottò il meridionale.

<Ritorna all'argomento principale.> impose Ludwig.
<Non mi sto dilungando, cazzo! Non lo farei mai in questa situazione!> esclamò il castano, facendo imprecare Gilbert fra i denti, in un sussurro, per i poveri timpani rovinati.

"Ma che situazione é questa?!" si chiese il tedesco, decidendo però di ascoltare e non ribattere.

<Comunque, Sofia-> e Ludwig, come l'albino, non si fece domande su chi fosse tale altra persona <-prende il telefono e conversa con quella che é una donna che afferma di aver trovato un trolley giallo canarino in mezzo ad una stradina di centro Berlino.>

Il cuore di Ludwig sprofondò a quelle parole.
<Nonostante non ci avesse capito evidentemente una sega, aveva chiamato il numero segnato sul cartoncino attaccato alla valigia, che sarebbe il numero di cellulare di Feli. E indovina? Il telefono che suonò era proprio quello che aveva raccattato da terra, non troppo distante dalla suddetta valigia.> proseguì Lovino.

Il biondo aumentò la stretta del proprio pugno, sentendo le corte unghie conficcarsi nella pelle abbastanza sottile del palmo della mano.

Gilbert prese a passargli una mano sulla schiena, per tentare di calmarlo. Non aiutò molto il biondo, ma almeno distese un minimo i nervi dell'albino, che aveva visto la linea sottile che erano diventate le labbra del fratello ritornare un minimo più distese.

<Quindi la tizia sbloccò il cellulare di Feli, senza password, per una volta la sua scelta da cretino é ritornata utile, e cliccò il primo numero della rubrica, che era quello di Anna. E così lei rispose e ritorniamo al punto dell'inizio, con Anna che capisce che é tedesca e che passa il cellulare a Sofia, che si fa spiegare praticamente tutto quello che ti ho raccontato.> concluse Lovino.

Sospirò poi pesantemente, perdendo nel tono della voce la stizza che aveva avuto tutto il tempo.
<Non ci vuole un genio per capire che qualcosa di brutto é successo. E tu, da quanto mi hai fatto capire prima, ne sai quanto me.> decretò Lovino.

Ludwig non ribatté, ancora muto, dato che stava dicendo la verità.
<In un primo istante avevo sperato che, per una serie di eventi strani, anche se ormai la stranezza fa parte di casa, Feli avesse abbandonato o perso cellulare e trolley lì.> spiegò il meridionale, come a scusarsi.

<Peccato che così non é. Con ogni probabilità, é stato...> ed il biondo non riuscì a terminare con la frase. Non voleva dire quella parola, sarebbe stato ammettere che era davvero accaduto.

<Rapito. Sì, stessa mia idea. Peccato che non sappiamo né da chi, né perché. Però iniziare da dove é accaduto potrebbe essere un inizio. Abbiamo chiesto alla signora di portare le cose al tuo indirizzo, dovrebbe arrivare fra poco. Fatti dire il punto esatto dove ha trovato le cose, noi non glielo abbiamo chiesto.> ordinò Lovino, il tono della voce freddo e serio.

Per i due Beilschmidt, era strano ascoltarlo così "calmo" e razionale, invece del solito arrabbiato e passionale.

<Va bene.> acconsentì Ludwig, anche se una domanda abbastanza tagliente gli vagava per la testa.
E Romano, quasi fosse un sensitivo, aggiunse, un po' della solita grinta ritornata nel tono: <Senti, bastardo, ti sto relegando tale lavoro solo perché io sono ancora costretto a stare qui a finire del lavoro arretrato che NON posso più procrastinare.>

Ludwig spalancò un attimo gli occhi, sorpreso: aveva praticamente risposto alla sua domanda inespressa.

<Se potessi, sarei già lì a mettere a soqquadro tutta la città pur di sapere cosa é successo a Feliciano. E poi so che ci tieni a lui. Ti odio, proprio dal profondo della mia anima, ma so che al mio idiota di fratellino ci tieni... o così almeno dimostri. Quindi, non infrangere questa considerazione positiva che ho di te, l'unica praticamente, chiaro?> ammonì infine l'italico.

<Cristallino.> replicò il tedesco.
Allora Lovino gli chiuse in faccia la chiamata, non dilungandosi in ossequi finali inutili e non sentiti.
Ludwig uscì dalla schermata della chiamata chiusa e mise in stand-by il telefono, ritrovandosi a fissarne lo schermo.

Si sentiva come se un buco nero avesse rimpiazzato il fulcro della sua anima e si fosse messo a risucchiare tutto il resto intorno, alimentando quel vuoto che in un istante si trasformò in ansia.

Qualcuno di sconosciuto aveva rapito il suo liebe*, chissà perché e percome.
Non aveva la più pallida idea di come rintracciare il rapinatore (o i rapinatori) e ritrovare il suo Feliciano.
E non sapeva cosa di terribile potesse stare accadendo al dolce Nord Italia in quel momento!

Tutto quello a cui si poteva affidare, la sua esule speranza, era una signora che aveva ritrovato il trolley e il cellulare dell'italiano e che conosceva, quindi, il luogo del probabile rapimento.

Si riscosse dal suo turbinio di pensieri al sentire una mano sulla sua spalla scuoterlo.
<Westen**...> lo richiamò Gilbert da accanto a lui.

Si girò e vide che aveva appresso un trolley giallo.
"Come...?" pensò il biondo.
Ma prima che potesse esprimere il quesito ad alta voce, Gilbert disse: <Ha suonato la signora. Tu eri ancora perso e ho preferito lasciarti digerire di più la cosa. Mi ha dato le cose ritrovate e mi ha detto il luogo. É una stradina non troppo lontana da qua, in uno dei quartieri residenziali del centro.>

"Quindi... ha ignorato tutti i miei avvertimenti..." rifletté Ludwig, ma scacciò il pensiero.
Non era il momento di accusare Feliciano di qualcosa, doveva ritrovarlo!

E poi, glielo diceva costantemente principalmente in precauzione per la gente poco raccomandabile che bazzicava le zone la sera fonda e la notte o la mattina molto presto, non certamente verso le 11 del mattino!

Annuì al fratello, afferrando le chiavi di casa e uscendo, seguito dall'albino, che intanto gli aveva gridato il nome della strada perché sapeva che non l'avrebbe aspettato.

Ludwig era diventato una macchina d'ansia infermabile.
Non aveva un tasto off.

Si sarebbe "spento" da sé solo per due motivi: per eccessiva disperazione in un colpo solo o per aver ritrovato il fidanzato.
E solo nel secondo modo sarebbe ritornato il solito Ludwig Beilschmidt, il primo era più che altro una modalità di "stand-by".

E non sapeva ancora che non sarebbe stato il solito Ludwig per più tempo di quanto fosse sperato necessario.

N/A: traduzione:
*liebe= amore/tesoro.
*Westen= ovest.

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