Capitolo 11-insieme

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Sono le 4 di notte.
Stranamente riesco ad addormentarmi e sogno, o meglio, faccio un incubo.
Sono in una stanza che credo sia uno scantinato, non riesco a muovermi, sono legata ad una sedia, sento qualcuno parlare e ho la bocca coperta da del nastro adesivo, non capisco di cosa stiano parlando quelle persone, dal nulla più totale sento qualcuno urlare. È Stiles. Cerco un modo per liberarmi più velocemente possibile, senza riuscirci, mi guardo intorno ma tutto quello che vedo è il buio più totale, non vedo nulla, Stiles urla ancora più forte e non so cosa gli stiano facendo ma ho paura per lui e del pensiero di poterlo perdere. La porta dello scantinato si apre e vedo Stiles, a terra, morto.
Io inizio a urlare e a piangere, ma non mi sentiva nessuno e non sono riuscita a vedere chi gli avesse fatto ciò.
Mi sveglio in un mare di lacrime alle 8 del mattino.
"STILES!" è la prima cosa che riesco a urlare una volta essermi svegliata da quell'incubo.
I miei genitori corrono in camera mia preoccupati
"Amber, stai bene?"
"Sì, scusatemi, ho avuto un incubo"
"Dai, è tutto passato" dice mio padre abbracciandomi, mamma fa lo stesso, mia sorella arriva dopo un po'
"Hey, tutto ok? Ti ho sentita urlare e mi sono preoccupata" afferma Sarah
"Sì, sì sto bene, grazie del pensiero".
Mia sorella è a volte troppo menefreghista e averla fatta preoccupare così tanto mi stupisce, il che lascia intendere che ho urlato davvero molto forte.
Sento il campanello suonare.
"Oh, vieni pure, Stiles. Lei è di sopra, dopo le scale gira a destra, lì c'è la sua camera"
"Grazie, signora Gray".
Il ragazzo sale le scale e bussa alla porta della mia camera.
"Entra, Stiles"
"Buongiorno, tutto ok?"
"Sì, tutto ok..."
"So che mi stai mentendo" dice lui sedendosi sul letto e guardandomi negli occhi
"Ho sentito che urlavi il mio nome e che singhiozzavi, mi sono preoccupato, così sono venuto da te" continua
"Non dovevi, sto bene" dico cercando di sorridere, con scarsi risultati
"Come fai a sapere che ti sto mentendo?" continuo
"Perché ormai ti conosco troppo bene e capisco se stai soffrendo o no"
"A volte mi chiedo come farei senza di te" ammetto abbracciandolo.
Passano minuti e noi siamo ancora abbracciati, e quando ci stacchiamo, Stiles vede che delle lacrime continuano a farsi strada sulle mie guance.
Dio...se solo qualcuno o qualcosa lo avesse veramente ucciso....Il solo pensiero mi toglie il respiro. Non riesco a vedere un mondo senza Stiles, il ragazzo della porta accanto tremendamente impacciato quanto intelligente; talmente sarcastico quanto protettivo.
"Non piangere, era solo un incubo, è passato ormai"
"Stiles, era così reale, sembrava che fossi sveglia, è stato orribile"
"Che hai sognato?"
All'inizio non volevo dirglielo per non farlo preoccupare, ma poi prendo coraggio
"Ero in una specie di scantinato, legata ad una sedia e con la bocca tappata da del nastro adesivo. Ho sentito qualcuno parlare ma non so chi erano quelle persone. Poi ho sentito urlare, Stiles eri tu a strillare, io cercavo di liberarmi in qualche modo ma era tutto inutile, poi le urla cessano, la porta si apre e tu..." spiego ripercorrendo l'accaduto con la mente
"E io?"
"Tu eri morto Stiles, eri steso a terra in una pozza di sangue, io ho iniziato a piangere e a urlare più che potevo ma senza ricevere aiuto" affermo piangendo fino a singhiozzare, fino a non respirare più
"Ti posso aiutare in qualche modo?"
"Abbracciami, ti prego".
Fa quello che gli dico e piano piano inizio a sentirmi meglio.
"Respira" mi dice premuroso
"Grazie" gli sussurro
"Di cosa?"
"Di tutto, Stiles. Tu hai migliorato la mia vita, mi fai stare bene anche se non parliamo, la tua presenza mi rende felice, e se ho pianto così tanto è perché non posso accettare il pensiero di perderti, sei diventato parte fondamentale di me dopo pochissimo tempo. Ci sei sempre per tutti, e non è una cosa da poco, per questo ti ringrazio".
I suoi occhi si riempiono di gioia e mi da un bacio sulla guancia per poi guardarmi negli occhi, mentre con le mani mi accarezza le guance e toglie i rimasugli di quelle che erano lacrime. Sorrido.
"Facciamo così, ora ti prepari ed usciamo, ci stai?"
"Va bene, ma poi che facciamo?"
"Pranziamo insieme?" propone e io annuisco
"Perfetto, allora mi vado a preparare e andiamo"
"Va bene, a dopo".

[...]

"Eccomi" lo saluto una volta pronta
"Bene, andiamo" dice lui da dentro la Jeep.
Io salgo in macchina e ci dirigiamo verso un ristorante, dove mangeremo per pranzo.
"Ti è piaciuta la festa di ieri?" Chiede il ragazzo
"Sì sì, ma solo la parte prima di aver bevuto quella bevanda allucinogena"
"Sono d'accordo con te, a proposito di compleanni, quando fai 16 anni?"
"Tra due settimane"
"Ah, non lo sapevo, farai qualcosa per il tuo compleanno?"
"Non ne ho idea, invece quand'è il tuo compleanno?"
"Prossima settimana"
"Farai qualcosa?"
"Non credo"
"Come mai?"
"Non so, forse perché ci sono già troppi problemi in giro, in più devo capire cos'era quel lucertolone che mi ha paralizzato"
"Ti posso dare una mano, se vuoi"
"Lo faresti davvero?"
"Certo!" dico sorridendogli, lui mi ricambia quel sorriso
"Facciamo così, domani ci vediamo e cerchiamo di scoprire cos'è quella cosa"
"Ah, piccolo problema, devo studiare" dico io
"Anche io, studiamo insieme dai. Per le 16 a casa mia, ok?"
"Va bene".
Finiamo di mangiare e usciamo dal locale, poi decidiamo di fare un giro della città con la Jeep.
La musica a palla, il sole che spacca le pietre, il lieve vento che mi scompiglia i capelli e noi due che sorridiamo felici, cantando le canzoni alla radio.
Noi, nessun altro, nessun problema o paranoia. Zero ansie, zero preoccupazioni. Solo noi. Solo lui ed io.

[...]

Dopo un po' siamo arrivati quasi davanti casa di Jackson, il ragazzo era davanti alla sua abitazione e non sembra molto tranquillo, sta parlando con qualcuno, ma non riesco a capire chi sia.
"Che stanno dicendo?" chiede cercando di mettere la macchina fuori dalla vista del biondo.
"Sto cercando di capirlo, ma dobbiamo fare silenzio, altrimenti non riesco a concentrarmi".
Sento il dialogo tra i due e intanto si è fatto buio. Il biondo entra in casa e l'altro ragazzo se ne va.
"Che hanno detto?"
"In pratica Jackson voleva una videocamera per registrarsi, quindi l'altro ragazzo gli ha dato quello che voleva e se ne è andato".
"Amber, senti una strana sensazione?"
"Sì, è da ieri, mi sento più irascibile e confusa, perché?"
Il ragazzo indica il cielo, che subito inizio a guardare
"Oggi c'è la luna piena".

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