Capitolo 19

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Non ebbi consapevolezza del tempo. Avrebbero potuto essere secondi, minuti od ore in cui Camila era rimasta seduta sul pavimento con me. Non diceva niente tranne poche parole per rassicurarmi che lei fosse lì per me. Lasciarmi andare era stato estremamente difficile all'inizio, ma a un certo punto non ero più riuscita a trattenermi.

A Camila non sembrava importare che stessi bagnando la sua maglietta con le mie lacrime. Le sue braccia sottili erano avvolte strettamente intorno a me mentre io singhiozzavo piano. Era abbastanza estenuante soffocare i miei singhiozzi e sentivo il mio petto ansimare faticosamente ad ogni respiro. Non ricordavo di aver mai pianto così tanto, ma stavo piangendo lacrime che erano in ritardo da tempo. Il dolore e la tristezza che si erano accumulate per tanti anni sembrarono schiacciarmi, rendendomi incapace di fermarmi sebbene mi sentissi umiliata.

Riacquistando lentamente un po' di compostezza, feci alcuni respiri molto profondi e inspirai inavvertitamente il profumo dello shampoo della centrocampista sinistra. La familiarità di quell'odore mi calmò ancora di più. Chiusi gli occhi e divenni di nuovo più consapevole di ciò che mi circondasse, il che mi riempì di grande vergogna. Non era così che volevo che qualcuno mi vedesse, soprattutto non Camila che aveva la sua giusta quota di problemi familiari.

Mi allontanai e mi asciugai rapidamente le ultime lacrime dal viso, determinata a non incontrare le sfere nocciola che sapevo fossero concentrate su di me.

- "Mi dispiace tanto" La mia voce era roca e quasi incrinata.

- "Per cosa?" Chiese l'altra bruna dolcemente sfiorandomi un lato del viso con la mano.

- "Per questo... non so cosa mi sia preso" Tenevo gli occhi fissi sul pavimento, ignorando il suo affetto, nella speranza di calmarmi.

- "Non devi affatto scusarti" Sembrava sincera ma io scossi immediatamente la testa.

- "Questo è imbarazzante" Mi vergognai amaramente deglutendo pesantemente.

- "No, non lo è" Disse Camila in disaccordo più severamente e lasciò cadere la mano per metterla sopra la mia.

- "Dovrei uscire e fare una passeggiata o qualcosa del genere" Il mio istinto mi diceva di sfuggire alla situazione ma la più giovane mi strinse forte la mano.

- "Non andare, per favore" Mi supplicò "Va tutto bene, davvero. Non devi essere imbarazzata. Sono crollata anche io davanti a te un paio di volte e non ricordo che tu abbia pensato che fosse imbarazzante. Perché dovrei pensare questo di te allora?"

- "Perché questa non sono io" Affermai e alla fine guardai di traverso per incontrare il suo sguardo.

- "Cosa non sei?" Chiese con attenzione.

- "Non sono debole" Sottolineai e vidi le sue sopracciglia sollevarsi leggermente.

- "Nessuno ha detto che lo sei" La sua mano intrecciò le nostre dita mentre parlava a bassa voce "Ma anche se lo fossi, non c'è niente di sbagliato nel bisogno di un piccolo aiuto a volte."

- "Non sono io quella che ha bisogno di aiuto" Sospirai profondamente ricordando cosa avesse causato il mio esaurimento in primo luogo.

- "Allora chi?" La voce roca era cauta ma preoccupata.

- "Non te lo posso dire" Risposi scuotendo di nuovo la testa.

- "Perché?"

- "Perché non l'ho detto a nessuno...mai" Risposi appena sopra un sussurro e non mi accorsi che non stessimo distogliendo gli occhi l'una dall'altra per un solo secondo.

- "A me lo puoi dire" Suggerì lei delicatamente senza essere troppo pressante.

- "Tu...non mi guarderesti più allo stesso modo" Commisi completamente un errore e risposi troppo onestamente per i miei gusti.

CC7 (Traduzione Ita Camren)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora