CHAPTER 3

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«Okay, adesso cosa devo fare...?» mi domandai, avendo per un attimo un vuoto nella mente.

«Oh giusto. Dovrebbero essere qui da qua qualche parte...eccoli!» e andai verso i due signori.

In pratica, una volta saputo di essere stata scelta per questo progetto, avrei dovuto comunicare alla BIGHIT quando e dove sarei atterrata in Corea, così che avrebbero mandato qualcuno pronto a scortarmi verso il mio nuovo appartamento che avrei condiviso con le altre.

«Annyeonghaseyo, sono Miriam, piacere» dissi, facendo un inchino.

«Annyeonghaseyo, ben arrivata e complimenti per aver vinto. Andiamo, la macchina ci aspetta» disse il signore biondo; di sicuro aveva circa una trentina d'anni, forse qualcosa di più.

«Com'è andato il viaggio?» mi chiese l'altro, il castano, mentre uscivano dall'aeroporto.

«Bene grazie, ancora non riesco a credere di essere qui!» risposi eccitata, salendo poi sul SUV.

«Arriveremo tra poco più di un'ora a destinazione, inoltre due ragazze sono già arrivate. Mi pare fossero una di Ilsan e l'altra di Parigi. Le altre due arriveranno tra domani e dopodomani» mi informarono, mettendo in moto e partendo.

«Oh d'accordo. Non vedo l'ora».

Durante il tragitto il mio sguardo vagava da destra a sinistra per osservare il meraviglioso paesaggio che mi si presentava davanti. A quell'ora, poi, gli edifici erano tutti illuminati, decisamente molto alti, e sono sicura che semmai mi sarei dovuta trovare sopra uno di essi mi sarebbe venuta una paura pazzesca per via dell'altezza! Non che io soffra di vertigini, però non mi ispiravano molto tutti quei metri di distanza tra cielo e suolo... in ogni caso, i due signori mi guardavano e ogni tanto ridevano perché vedevano che mi spostavo ogni due minuti per guardare meglio tutto ciò che ci circondava. Le figure di me**a non sarebbero mancate, già me lo sentivo, anche perché erano iniziate già sull'aereo con Jackson.

«Eccoci, siamo arrivati» mi dissero, scendendo dal SUV e aprendomi la porta.

«Grazie. Wow, che posto... alloggerò davvero qui?» chiesi, stendando a crederci.

«Certo che si, mi segua».

Dinanzi a me c'era un enorme –ma proprio enorme, non sto scherzando- edificio a cinque piani, due giardini e una piscina.

«C-certo» e li seguii all'interno.

Mi misurarono la febbre: 36.4, apposto.

«Buonasera!» si rivolse una voce maschile, ma non capivo da dove arrivava.

«Salve... ehm»

«Qui, da questa parte» e mi voltai guardando in alto.

Avevo –in testa- lì davanti a me PD nim!

«Oh, salve Bang PD» mi affrettai a dire, con un inchino ovviamente.

«Suvvia non serve essere così formali» iniziò a dire, scendendo da non so dove e avvicinandosi, ma mantenendo il metro distanza. «Posso darti del tu?»

«Ma certe, si figuri!»

«Bene, ora. Prima di andare dalla sua compagna di stanza, ho bisogno che poi vai in quella stanza» e indicò una porta bianca «dove farai un tampone per precauzione. Bene, oh quasi dimenticavo, ecco» e mi passò una scatolina viola.

La aprii e dentro vi erano due carte: a che mi servivano?

«Quelle sono due carte che potrai utilizzare durante la tua permanenza in Corea e fino alla fine del progetto. Una è per acquistare qualunque cosa ti occorra, l'altra... beh ne riparleremo più avanti. Ci abbiamo messo circa 13 milioni e mezzo di won, dovrebbero bastare» e mi sorrise.

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