"Tamara, Tamara!" dice mia madre preoccupata.
Apro lentamente gli occhi e osservo il viso dei miei genitori, chini su di me.
"Mamma" dico piano.
Mi fa male tutto, soprattutto la caviglia. Mi sento rintronata e stanca.
"Sei caduta dalle scale, ti ho visto appena entrata a casa, stai bene?"
"Si si, tranquilla" dico cercando di alzarmi.
"Ahi! La caviglia" grido sedendomi sul pavimento "mi fa malissimo!"
"Vuoi che ti porti al pronto soccorso?" dice mio padre apparendo all'improvviso "Tutto bene?"
Ho un sussulto.
"C'era qualcuno nella mia stanza" dico tremando
Mio padre sale le scale ed entra in camera mia. Sento i suoi passi ovattati di sopra mentre mi guardo la caviglia gonfia.
"Qui non c'è nessuno" grida dal piano di sopra.
"Chi c'era?" chiede preoccupata mia madre
"Un...un ragazzo" inizio a tremare "Mamma davvero, c'era un ragazzo in camera mia che diceva di abitare qui"
"Non fare la stupida, Tamara. E adesso andiamo al pronto soccorso" dice alzandomi.
"Mamma, davvero".
Sembra non credermi, come se volesse evitare di parlarmi.
Appena entrata all'ospedale zoppico fino ad una sedia nella sala d'aspetto.
Quanto mi fa male la caviglia, mi sembra quasi che esploda.
Mia madre si siede di fianco a me, in silenzio.
Mi mordo il labbro per il dolore.
"Tamara, non è che era qualche tuo compagno che si è intrufolato per farti uno scherzo?"
"No, non lo conosco. Davvero, non sto raccontando bugie".
Si volta e mi guarda, poi rimane in silenzio fissando il vuoto. Sembra quasi nascondermi qualcosa.
Dopo mezz'ora un'infermiera ci chiama ed entriamo in ambulatorio.
Un signore sulla cinquantina è seduto dietro ad una scrivania piena di fogli in disordine, sembra simpatico.
"Salve" dice
"Salve" rispondo titubante sedendomi a fatica su una sedia.
Il dolore non mi da tregua neanche per un attimo.
Dopo averci chiesto i dati personali si volta verso di me e mi chiede di raccontare quel che è successo.
"Sono caduta dalle scale e adesso mi fa male la caviglia. Si è anche gonfiata un pò" "Vediamo questa caviglia" dice avvicinandosi.
Mi alza i leggings fino a metà polpaccio, tastando con le sue mani enormi.
"Ahi!" dico sentendo dolore ad ogni suo tocco.
"Facciamo le lastre e vediamo cosa salta fuori, a occhio direi che è rotta"
Qualche ora dopo sono davanti alla lastra del mio piede.
È così strano vedere le ossa che ci sono dentro di me, non sembra neppure la mia gamba.
"Bisogna mettere il gesso" dice il dottore "È rotta per bene"
Poi si volta verso mia madre.
"Lo mettiamo adesso?" poi mi guarda ancora.
"Mettiamolo" dico accennando un sorriso. Mi volto verso mia madre.
"Va bene" dice lei seria.
Non capisco il suo umore, sembra turbata.
Mamma, cosa mi nascondi?
Un'infermiera bionda e cicciottella mi accompagna in un'altra stanza bianca.
Dopo aver messo il gesso il dottore mi ha affidato un paio di stampelle, dicendomi di stare attenta a non cadere dai gradini.
Io annuisco e sorrido mentre mi dice che devo tenere il gesso per due mesi.
Lo saluto uscendo dalla porta con mia madre.
È strano usare le stampelle, mi sento diversa, potrei quasi essere... Un cyborg!
Mezza ragazza e mezza stampella. Sorrido al pensiero. Sarebbe stupendo.
"Ti fa ancora male?" chiede lei appena salita in macchina interrompendo il flusso dei miei pensieri.
"Si" rispondo fredda. Mi sento arrabbiata.
Come ho fatto ad essere così stupida da cadere dalle scale?
Per tutto il tragitto non ci siamo dette neanche una parola, creando un silenzio imbarazzante.
Scendo dall'auto ed entro in casa. Mio padre mi sta aspettando sul divano.
"Ehi, come stai?" dice alzandosi in piedi.
"Sono stata meglio" rispondo agitando le stampelle.
"Fa tanto male?" sembra preoccupato "Un pò"
Mi siedo sul divano, stanca, e tiro un lungo sospiro.
"Papà, non hai trovato nessuno in camera?" la mia voce tremola leggermente. Lui distoglie lo sguardo dai miei occhi
"Nessuno, ho controllato anche nell'armadio" sembra scocciato.
Rimaniamo zitti per alcuni minuti, poi mia madre rompe il silenzio con la sua voce acuta e fastidiosa.
"Dovrai stare qualche giorno qui a casa da sola, fino a che il tuo piede non migliora. Non possiamo stare a casa da lavoro, lo sai"
No.
Non voglio stare in questa casa da sola.
Soprattutto in camera mia, non voglio che succedano altre cose strane.
Come è possibile, come poteva essere davvero davanti a me a parlare una persona morta trentadue anni fa?, è impossibile.
I fantasmi...non esistono.
Più ci penso e meno ci credo.
Ho guardato molti programmi sui fantasmi ed ho sempre creduto che fossero delle grandi stupidaggini, ho visto sensitivi, cartomanti, persone 'prescelte' che riescono a vedere il loro nonno morto anni prima, non ci ho mai creduto.
Strizzo gli occhi, non voglio continuare a pensare a questa cosa, mi rende ansiosa, angosciata.
Mi alzo dal divano e cammino con le stampelle fino alle scale.
Con estrema lentezza salgo i gradini uno alla volta, stando attenta a non cadere di nuovo, non intendo rompermi anche l'altra caviglia.
Appena raggiunta la cima mi dirigo verso la mia stanza a passi lenti.
E se fosse stato ancora li, ad aspettarmi?
Mi fermo sulla soglia, tremante.
"C...c'è qualcuno?" bisbiglio trattenendo il respiro.
"Ci sono io"
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Siamo solo ombre
Romance"Tu credi nei fantasmi?" Lo guardo in modo strano. Perché una persona dovrebbe farmi una domanda del genere? "Certo che no" "Bene, dovresti iniziare a farlo" "E perché?" Lui sembra esitare, mi guarda negli occhi e dopo interminabili attimi dice qua...