1 - Normalità dissolta

3.9K 106 2
                                    

«Buongiorno Linda»
Saluto cordialmente il mio capo, che ricambia con un sorriso, mentre mi avvicino alla mia scrivania, oggi stranamente ordinata.
Mi avvio verso il mio compartimento e la osservo dirigersi verso il suo ufficio: ammiravo quella donna sempre perfetta e in ordine, che incuteva timore con un solo sguardo ma che in realtà era di una dolcezza assoluta.
Questa mattina mi sento più riposata del solito, sarà che ho preparato e bevuto più caffè del previsto o perché ho dormito quasi 10 ore questa notte.
Controllo di non avere strane macchie sulla mia nuova camicia bianca, data la mia ossessione per l'ordine e i vestiti, finché qualcuno richiama la mia attenzione.

«Di buon umore oggi, Ki?»
Jen mi si avvicina sorridente e con la sua solita camminata trionfale, fatta appositamente per fare ingelosire Cole, dietro la scrivania di fianco alla mia.
La mia migliore amica mi abbraccia, raggiante, e poi si gira per vedere se il suo piano è andato a buon fine.
Sfortunatamente, Cole sembra indaffarato e non alza gli occhi dalla pila di documenti che ha davanti, infatti Jen riposa lo sguardo su di me e io le accarezzo dolcemente la guancia.
Quei due hanno una storia complicata.. per farla breve sono stati insieme per gioco, hanno realizzato di essersi innamorati l'uno dell'altra, ma alla fine Cole l'ha piantata in asso "perché era spaventato dai sentimenti che provava per lei" - testuali parole - cosa che a me sembra solo un enorme cazzata.

E poi ci sono io, Keira Aberson. All'età di 21 anni, mi godo la vita al meglio e cerco di farmi strada nel marketing, anche se la mia vera passione è disegnare, che per ora è soltanto un hobby.
Mio padre era a capo della Colan company prima di Linda e mi ha sempre indirizzato verso il suo mondo, quindi eccomi qui, a lavorare nell'azienda del mio vecchio come una semplice impiegata.
Non che non mi piaccia il mio lavoro, anzi, lo adoro, ma non ho mai capito perché ha lasciato tutto in mano a lei, invece che a sua figlia.

«Terra chiama Keira!»
Jen mi sventola in faccia i fogli che avrei dovuto compilare un'ora fa, riportandomi alla realtà.
«Si scusa, sono stata.. impegnata»
«Non mi guardare con quegli occhioni verdi Ki, devi muoverti o verrai licenziata!»
Continuo a fissarla con una faccia da cane bastonato finché lei sospira sonoramente.
«Eh va bene, faró finta che non sia stata tutto il tempo a scarabocchiare su quel tuo strano quaderno e ti coprirò con Linda»
Lancio un gridolino di sollievo e la abbraccio.
Sapete quando siete talmente amici con qualcuno che vi capite anche senza parlarvi? Ecco, quella persona per me è Jen.
«Lo sai che ti adoro»
«Si lo so, in molti lo fanno»
Le do una leggera pacca sulla spalla, divertita da quel suo atteggiamento sempre altezzoso che la distingueva.

«O la va o la spacca!»
Ci battiamo il cinque e poi la mia amica si dirige verso l'area rossa, nome che abbiamo dato all'ufficio del capo.
Era il nostro motto: "o la va o la spacca". Non ricordo nemmeno quando abbiamo iniziato a usarlo, eravamo talmente piccole.. fatto sta che ora lo tiriamo fuori ogni due per tre, anche se non c'entra nulla con ciò che stiamo dicendo.

Mi siedo davanti al gigantesco schermo e inizio a fissare la pila di fogli di fianco al mio computer.
Rassegnata, inizio a sfogliarli, e dopo qualche minuto Jen torna sorridente verso di me.
«Tutto a posto nell'area rossa»
«Grazie Jen, ora inizio sul serio»
Inizio a leggere attentamente i documenti, appuntandomi le cose più importanti in modo da avere un riassunto, ma poi qualcos'altro attira la mia attenzione.

Mi guardo intorno, cercando qualcosa che potesse sembrare strano, finché mi accorgo di un'inusuale confusione provenire dalla strada.
«Jen, non ti sembra che ci sia qualcosa di strano?»
«Mh.. non non mi sembra»
Mi guarda confusa mentre io mi alzo e cammino, facendole segno di seguirmi, fino ad arrivare nell'atrio comune, da dove si vedevano tutti i vari compartimenti: gli impiegati sembravano stranamente agitati e lentamente iniziano a cercare disperatamente le loro cose, riponendole alla rinfusa nella propria valigetta per poi riversarsi verso le scale.
«Ragazzi ma che sta succedendo?»
Chiede Cole, che ci aveva seguite.
Non fa nemmeno in tempo a terminare la frase, che l'allarme antincendio inizia a suonare e alle poche persone che erano già uscite dall'edificio si aggiungono tutti gli altri lavoratori, che escono confusionariamente dalla propria ala.

«Ehi! Che succede?»
Afferro un uomo per la camicia, cercando delle spiegazioni, ma questo non mi guarda neanche, troppo preso dalla situazione.
«Stanno attaccando la città, dobbiamo uscire da qui!»
Mi risponde, per poi scaraventarsi verso l'uscita.
«Chi sta attaccando la città?»
Gli chiedo, ma lui era già corso via, quindi prendo Jen per mano e ci facciamo strada in mezzo alla folla, iniziando a preoccuparci per la situazione di caos che si era creata.
Nel panico generale, perdiamo di vista Cole, ma proseguiamo tra persone che corrono, urlano, gente che cerca di salvare il possibile e portarlo fuori.

Abbiamo quasi raggiunto la fine del corridoio, quando sento un rumore assordante e percepisco la mano di Jen scivolare dalla mia, per poi essere trafitta da un dolore lancinante alla schiena. Dopo qualche secondo di buio percepisco le mie orecchie fischiare, infatti non riesco a sentire altro che voci lontane e il dolore che si propaga nel mio corpo.

«Capitano, porta via le persone da lì!»
Sento qualcuno avvicinarsi, mentre tengo gli occhi ancora chiusi per il dolore e respiro a fatica.
«Ehi, riesci a sentirmi?»
Le orecchie continuano a fischiare, ma riesco finalmente ad aprire gli occhi.
«Stai bene? Sei ferita?»
Un ragazzo biondo con una strana divisa stava cercando di aiutarmi, mentre controllava che le persone intorno a noi si mettessero in salvo.
Cerco di pronunciare delle parole sensate, ma dalla mia bocca escono solo mugolii e colpi di tosse.
«Non preoccuparti, andrà tutto bene»
Il ragazzo cerca di sollevarmi ma all'improvviso un masso di pietra si stacca da quello che era il soffitto del mio ufficio e cade nella nostra direzione.

Tira fuori uno scudo rotondo e tenta di proteggermi, mettendolo davanti a noi, mentre io d'istinto mi copro con le mani davanti alla faccia, ma un secondo dopo il blocco di pietra scompare e dietro di noi si sente un pesante tonfo.
Il ragazzo guarda prima dietro di me e poi me, mentre le mie mani si illuminano davanti ai nostri occhi.
«Come hai fatto?»
Ma che cavolo?
Il luccichio svanisce dopo pochi secondi e io rimango un attimo pietrificata per capire cosa sia appena successo.

Incapace di darmi una spiegazione, rivolgo gli occhi verso il nostro ufficio, che adesso non era altro che macerie e travi appoggiate disordinatamente sul suolo.
Con le lacrime agli occhi, tento di ragionare e riacquisire un po' di lucidità, ma i miei pensieri vanno subito alla mia migliore amica.
«J-Jen, dov'è... lei..»
Dopo altri colpi di tosse, sento le forze scivolare lentamente via dal mio corpo, fino a che non vedo altro che il buio più totale.

**

The old man I'm in love withDove le storie prendono vita. Scoprilo ora