Chapter 21

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Giorgio's pov
Sono passate un paio di ore da quando Alex mi ha detto di assumere degli ansiolitici da molto tempo.
Sono passate un paio di ore da quando il mio cervello ha cercato di comprende l'informazione.
Due ore da quando sono sdraiato per metà sul petto di Alex e per metà sul mio letto.

Sta dormendo con un'espressione serena in volto, e il mio sguardo non si distrae mai dal suo viso.
Noto le piccolissime lentiggini sulla punta del naso all'insù e le ciglia nerissime.
Ogni tanto sussura parole incomprensibili e nonostante mi sforzi per capirle non ci riesco mai.

Sta sognando.

Spero stia sognando della vita perfetta che si merita di vivere.
Magari insieme a qualcuno che ama e che ricambia il suo amore.
Qualcuno che sia degno della sua fiducia e che riesca a scaldargli il cuore con solo uno sguardo.
O che riesca ad aiutarlo più di quanto potrei mai fare io.
Non puoi aiutarlo.
Non puoi aiutarlo.
Non puoi aiutarlo.
La mia coscienza mi parla e cerca di abbattermi.
Come fa sempre.

Come tutti fanno sempre, non è così?

Smettila.

Non sei abbastanza per lui.

Basta...

Non lo sarai mai per nessuno.

...

Non sei nessuno.

...

Nessuno ti vorrà mai. Così come i tuoi genitori, anche Alex ti abbandonerà.

BASTA!
Ma che mi succede? Perchè non posso essere come tutti gli altri? Perchè non posso essere normale?!
Alex...
Vorrei poterti dare tutto quello di cui hai bisogno, ma non riesco nemmeno a far tacere la mia coscienza...
Guardo Alex, poi chiudo gli occhi sicuro che non possa vedermi, mi giro verso il muro e mi rannicchio su me stesso, cominciando a piangere.
Le lacrime scorrono sulle mie guance, bagnandole. Le lacrime sono come ricordi felici che scappano dalla mia testa, dalle mie ossa e dalle mie vene per poter lasciare spazio alla desolazione.
Soffoco i singhiozzi finché non riesco più a respirare, così mi alzo dal letto e mi chiudo in bagno, sotto la doccia e vestito, per poter liberare i ricordi.

Dopo non so quanto tempo mi decido ad uscire, ma i miei vestiti sono fradici, cosí devo toglierli e lasciarli in bagno.
Allaccio un asciugamano alla vita per coprire quello che c'è da coprire ed esco.

Quando varco la soglia della porta vedo Alex seduto sul letto, con le gambe strette nelle braccia e il mento appoggiato sulle ginocchia, lo sguardo fisso nel vuoto.
Appena si accorgie della mia presenza i suoi occhi si illuminano, ma quando vede che solo un'asciugamano mi copre una piccola parte del corpo si affretta a distogliere lo sguardo, cominciando a balbettare scuse.
Arrossisco per essermi esposto così tanto, ma d'altronde non posso farci nulla.
È colpa mia, io mi sono ficcato sotto la doccia vestito come uno scemo.
G: "Tranquillo, prendo i vestiti e torno in bagno."
A: "Se vuoi che ti lasci la camera vado in corridoio...basta che me lo dici"
G: "No, non preoccuparti, riposati. Sembravi molto stanco, così non ti ho voluto svegliare. E poi è tardi, tra poco vado a vedere se c'è qualcosa in cucina così ceniamo."
A: "Ma...tuo padre?"
G: "Non c'è. È via. Non penso tornerà presto."
A: "Mh...ok..."
I nostri sguardi si incontrano e il tempo si blocca, ma solo per un attimo, finché mi costringo a distogliere lo sguardo, per evitare di scoppiare a piangere.

È curioso come il tempo, qualcosa di inarrestabile, sia così facilmente malleabile dai nostri cuori e dalle nostre menti: quando ci divertiamo sembra che voli, quando ci annoiamo che non passi più, quando ci innamoriamo si ferma e vorresti che fosse così per sempre, ma basta distogliere uno sguardo perchè riprenda a scorrere.

Tra me e Alex funziona così.
Ci vuole un attimo perchè i nostri corpi diventino un tutt'uno, ma una forza incredibile per staccarli, e quando avviene ci laceriamo dentro, come se il dolore fosse fisico.
Forse questo avviene perchè ci amiamo. O forse perchè ci amiamo troppo per potercelo dire.

Protect me until the endDove le storie prendono vita. Scoprilo ora