L'arrivo all'aeroporto di Londra fu in perfetto orario.
Lasciare l'Italia con il sole e trovarsi a respirare la prima nebbia della città fu traumatico, ma dovevo ambientarmi in fretta visto i sei mesi di tirocinio da passare al St. Bartholomew's Hospital per diventare patologa forense.
Avevo superato paure e indecisioni legate al mio passato travagliato ma quando avevo vinto la borsa di studio, le avevo messe subito da parte.
Avevo voglia d'iniziare una nuova vita, così lasciai tutto senza rimpianti. La bellissima tenuta di Siena piena di dolorosi ricordi, la affidai al mio unico zio rimasto, Pietro, fratello di mio padre adottivo, tanto amato e perso tragicamente. Non avevo mai saputo chi fossero i miei veri genitori, non li avevo mai cercati e del resto dovevo tutto ai Lorenzi che mi avevano accolta con loro quando avevo appena sei mesi.
Mia madre, sicuramente, mi avrebbe spinta a coronare i miei desideri. Marta, era stata una madre premurosa e gentile. Antonio, mio padre, protettivo e dolce. E io ero stata per loro la ragazzina spensierata e ribelle che correva affannata attraverso le vigne colme di grappoli d'uva, l'orgoglio di mio padre.
"Laura, ora basta! Va a casa sei stravolta."
Mi ricordavo la sua voce preoccupata quando mi sgridava, ma scuotevo la testa bruna e lo fissavo con aria di sfida. Mi guardava e si scioglieva dentro ai miei occhi nocciola. Mi baciava con tenerezza prendendomi il volto con le mani ruvide.
"Hai gli occhi più belli e sinceri che abbia mai visto, figlia mia. Rimani sempre così, Laura."
Nessuno di loro due aveva meritato una morte così crudele. Rabbrividii, strinsi forte le mani sulla spessa giacca di panno.
Tremai sorpresa da quella tristezza improvvisa vinta dai ricordi dolorosi che mi offuscarono gli occhi. Il clima cupo di Londra non era consolatorio. Mi strinsi in un abbraccio insicuro desiderando un po' di calore, intanto cercai con lo sguardo la mia tutor che mi attendeva nella sala degli arrivi.
Vidi la dottoressa Hooper, aveva in mano un cartello su cui spiccava: "Laura Lorenzi, MD."
Allontanai quei ricordi dolorosi sotto un sorriso formale e mi inorgoglii della mia laurea e della mia futura specializzazione.
Quella figura minuta vestita con una giacca di lana dai colori vistosi e che indossava un buffo cappello mi tranquillizzò, di certo non era la donna fredda e formale che mi aspettavo d'incontrare, mi allargai in un sorriso compiaciuto.
"Dottoressa Hooper, che piacere incontrarla." Il mio inglese non era perfetto, ma contavo di migliorarlo in quei mesi. Le strinsi la mano con forza vista la mia indole Italiana, mentre sentii la delicatezza del suo tocco. Ci fu subito feeling tra noi.
"Ben arrivata Laura, seguimi. "Storpiava un po' il mio nome, ma era normale pronunciato con quel tipico accento inglese.
"Ti ospito a casa mia finché non si libera una stanza dalla signora Hudson, una mia cara vecchia amica." Annuii mentre mi trascinavo la borsa da viaggio, non avevo molti cambi di vestiario decisa a fare acquisti nella City.
Avevo pensato di non appesantirmi con un bagaglio importante e poi grazie ai Lorenzi finanziariamente ero coperta.
Attraversammo la città strette in un taxi e in breve arrivammo al suo appartamento che distava pochi isolati dal San Bart.
Abitava in una graziosa zona residenziale, divideva la casa con altri colleghi, per questo non poteva ospitarmi che per pochi giorni. Mi sistemò in una camera con un'ampia finestra, un letto confortevole e una scrivania funzionale.
Appoggiai la borsa su di una sedia. Ero un po' sperduta, lei se ne accorse mentre mi guardavo intorno incuriosita.
"Mi spiace Laura di non poterti tenere con me. Ti ho trovato una stanza a Baker Street e per ora posso solo affidarti alle cure della signora Hudson e dei suoi stravaganti inquilini."
Mi guardò pensierosa poi ridacchiò scuotendo la testa.
"Con loro non ti annoierai di certo. Uno dei due collabora con me e con la polizia. Quindi sono di casa, in un certo senso." Sapevo di dovermi adattare a quella nuova vita e non volevo sembrare esigente.
"Va bene dottoressa Hooper, non ho molte pretese." Lei sorrise soddisfatta mentre mi illustrava la mia futura sistemazione.
"Dovrai condividere parte dell'appartamento con due maschi adulti e una bimba, figlia del dottor Watson, la cui moglie è morta circa due anni fa. Loro, dopo tante indecisioni, sono una coppia."
Si fermò, prese un respiro profondo, le mani cincischiavano la stoffa della gonna. "Questo può essere un problema per te?"
Sorrisi e agitai la mano per scacciare i suoi dubbi.
"Non ho nessun pregiudizio, dottoressa, sono venuta per studiare, non per pontificare la vita degli altri."
Approvò la mia risposta e mentre usciva dalla stanza esordì soddisfatta.
"Ci vediamo per cena Laura, prenditi una pausa."
Mi guardai intorno e alla fine mi buttai sul letto sospirando, le mani sotto alla nuca a fissare il soffitto bianco.
Avevo fatto una scelta radicale dovuta allo strazio della morte violenta dei miei genitori.
Nessuno mi aspettava in Italia, non avevo legami attualmente, anzi non ne avevo più avuti dopo la perdita dei Lorenzi. Ero sola, niente fratelli, niente parenti a parte lo zio Pietro con cui però avevo avuto pochi rapporti.
E niente amore, non dopo quello che avevo passato. Una perfetta solitudine acquisita. Mi girai e piantai il volto sul cuscino, mi fermai a sentire il mio respiro e i battiti del mio cuore.
Dovevo solo calmarmi e iniziare una nuova vita.
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Le solitudini elettive
ФанфикLaura Lorenzi è un giovane dottoressa italiana, arrivata a Londra per specializzarsi in patologia forense. Convive con un doloroso passato che l'ha chiusa in una solitudine forzata. Quel lavoro, che tanto ha voluto, le fa conoscere un uomo complica...