Mycroft posò il bicchiere e si rilassò.
"Non ti senti sola Laura? Non hai nessuno a Londra, è una città difficile, non deve essere stata una scelta facile quella di partire."
"No, certamente, ma volevo una svolta e l'ho trovata. E poi non è vero che non ho nessuno." Mormorai scandendo bene le parole.
"Scusa?" Mi fece eco, incuriosito da quella risposta, evidentemente credeva mi sentissi isolata.
"Tu sei mio amico, voi tutti lo siete. Sherlock, John, Molly, Lestrade, Anthea, la signora Hudson. Cosa potrei pretendere di più? Tu poi, non fai altro che proteggermi." Risi vedendo la sua faccia corrugata.
"Beh! Per adesso ti ho causato solo guai, Laura..."
"Tuo malgrado credo. Però stasera sei perdonato." Si rilassò e incrociò le braccia, le mie parole lo avevano colpito.
"Sei troppo buona, mi concedi un perdono che non mi merito." Cambiò espressione, gli occhi adombrati, era come avesse un dolore nascosto, una vicenda passata che però gli costava ancora.
"Perché cosa hai fatto di così grave? Non mi sembri così temibile." Prese del tempo, sciolse le braccia e le lasciò cadere lunghi i fianchi, fece un lungo respiro.
"A volte, non sono riuscito a proteggere le persone a cui volevo bene."
"Detto da te, quel voler bene la dice lunga. Parli di tua sorella, vero?" Mi appoggiai sul tavolo, dimostrandogli la mia solidarietà, lo fece anche lui. I nostri volti erano vicini, piantò i gomiti e portò le mani sotto al mento." Come lo sai? Cosa ti hanno detto?"
Temeva che mi avessero raccontato delle falsità.
"L'ho saputo da Molly, e un po' da John, so che hai nascosto la reclusione di tua sorella per proteggere la tua famiglia."
I nostri volti quasi si toccavano, sentivo il suo profumo e probabilmente lui il mio.
"Tu sei così protettivo, non badi a nulla pur di fare il bene degli altri. Sherlock l'ha capito, ma i tuoi genitori invece no."
Abbandonò le mani sul tavolo e prese a lisciare la tovaglia, sembrava imbarazzato da confidenze che non faceva a nessuno. Lo sollecitai perché si era fatto cupo.
"Lo sai che ti vogliono bene, dovresti cercare di mettere fine a questa storia. Va a fargli visita, porta dei fiori a tua madre, fa un gesto di buona volontà."
Allungai la mano e presi la sua, non si ritrasse, lasciò che lo confortassi, lo accarezzai cercando di rasserenarlo. Avevo toccato un punto dolente, abbassò lo sguardo e corrugò la fronte. Non si accorse nemmeno del cameriere che riassettava la sala.
Mai si sarebbe concesso a qualcuno in quel modo, lo tenni per mano e la strinsi forte.
"Mycroft, avanti, voglio sentirti fare una battuta sarcastica, mi piaci di più. Anche se fosse rivolta a me."
Scosse la testa, non alzò gli occhi, lo sentii muovere appena il braccio sotto la mia stretta.
"Ho sbagliato tanto, sono morte delle persone, Eurus, mia sorella, ha ucciso. Questo è stato il mio più grande fallimento."
Respirammo quasi in sincrono, ma sentivo tutta la sua stanchezza, portare quel peso per metà della sua vita gli era costato molto.
"No, nessun fallimento Myc. Tutti sbagliamo, a volte lo facciamo per troppo amore, e tu hai fatto del tuo meglio."
Sorrise alzando la testa. "Sai, me l'hanno già detto che ho fatto la cosa giusta. Ma non Violet, mia madre."
"Mycroft, tuo fratello invece ti ha sostenuto, so che questo gesto è importante per te."
Annuì e sembrò placarsi, girò la mano e accarezzò la mia. "È bello averti come Friends."
Detto da lui fu come toccare il cielo con un dito e quel contatto mi regalò un calore inaspettato che mi percorreva il corpo e saliva lento. Una sensazione che non avevo mai provato, dolce e sofferta allo stesso tempo. Mi chiesi se anche lui sentisse la stessa cosa. Rimanemmo così senza parole, per un breve momento. E questo stupì entrambi.
Ma come accadeva spesso, impaurito e consapevole di concedersi troppo, resettava i sentimenti che provava.
Si scosse e tornò a essere quello di sempre.
"Si è fatto tardi, dobbiamo andare." Si allontanò e la magia scomparve. Mi ritrassi insicura, non capivo cosa provasse per me, mentre io ero allo sbando. Fu come al solito gentile e formale mentre mi aiutava a indossare il cappotto.
Aveva preso a piovigginare e salimmo veloci in auto.
"Voglio portarti in un posto anche se piove." Aprì il crombie scuro e con aria compiaciuta mi sorrise e chiese ad Albert di portarci a vedere il Tamigi.
Non scendemmo, fece fermare l'auto per pochi minuti lungo la riva, aprimmo il finestrino dalla mia parte. La pioggia e il fiume erano da incanto.
Lui si avvicinò e mi premette sul fianco, lo sentii così vicino da sussultare, di solito manteneva la sua zona "confort".
"Ti piace? È bello qui, peccato la pioggia, ma ci verremo ancora." Si fermò indeciso. "Se vorrai, naturalmente."
"Certo, che lo voglio, è un posto incantevole e romantico." Si scostò improvvisamente, i nostri volti erano troppo vicini.
"Scusami." Balbettò. "Non vorrei pensassi che io... sono stato scortese...non sono quel tipo d'uomo, Laura, perdonami." Era mortificato. "So quello che hai passato... non voglio ferirti. Sono stato imperdonabile."
"Myc non mi hai fatto nulla! Su stai sereno!" Era adorabile, mentre un filo di rossore gli infiammava le guance.
Approfittai del momento. "Però, visto che sei stato così imperdonabile come dici tu, un bacio casto sulla guancia, che sancisce il perdono, quello lo pretendo."
"Laura!" Sbottò da in fondo al sedile che aveva raggiunto in fretta.
Vide il mio sorriso provocatorio e si lasciò andare, restituendomi una mezza smorfia divertita. "Va bene, quando siamo a casa, te lo prometto." Albert ripartì, il vetro interno era chiuso ma pensai che avesse capito tutto.
Quando arrivammo a Baker Street scesi e anche Myc.
"Sono stata bene, mi sono rilassata. Sei un "friend" attento e gentile."
"Anche per me è stato lo stesso, lo faremo ancora se vorrai."
"Sempre che domani non torniamo a beccarci come due galli. Però adesso che c'è questa tregua voglio il mio pegno." Lo fissai decisa.
Strinse le labbra. "Non bacio nemmeno Rosie. Però visto che te l'ho promesso, Laura my friends, lo farò."
Si avvicinò al mio viso, e adorai il profumo della sua pelle. Mi stampò un bacio delicato sulla guancia che mi fece tremare, anni di solitudine finirono in fumo.
"Il più bel bacio che abbia ricevuto. A parte quello umido di tua nipote." Mi venne spontaneo accarezzargli la guancia che si era fatta un po' ispida.
Lo osservai e senza pensarci osai di più. "Ti dispiace se ti ricambio?"
Assentì scuotendo la testa sorpreso. Mi avvicinai e lo baciai teneramente sulle labbra, fu un bacio casto che accettò senza scostarsi.
"Non temere, è per la serata piacevole e tu sei...sei molto diverso quando ti lasci andare. Ti voglio bene, Ice Man."
Lui spalancò gli occhi grigi, era in debito di aria, letteralmente spiazzato.
Alleggerii il momento. "Hai già la barba che ricresce, Ice man."
Si accigliò e si passò preoccupato la mano sul mento. Risi, per il suo imbarazzo, come si faceva a non amarlo?
Sì, perché era questo che gridava il mio cuore. Non era solamente affetto. Peccato che lui non lo sapesse, mentre io, ormai, ero totalmente persa.
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Le solitudini elettive
FanfikceLaura Lorenzi è un giovane dottoressa italiana, arrivata a Londra per specializzarsi in patologia forense. Convive con un doloroso passato che l'ha chiusa in una solitudine forzata. Quel lavoro, che tanto ha voluto, le fa conoscere un uomo complica...