Serata da Holmes. Seconda parte.

207 20 11
                                    


Era ora di cena, mi avvicinai e lo chiamai gentilmente.

"Mycroft forza, ceniamo. Stai bene?" Si stiracchiò e cercò di darsi un contegno. Si aggiustò la vestaglia e cercò il suo libro.

"Te l'ho salvato io. Ho visto che era una edizione limitata." Annuì e si alzò faticosamente, non era molto ciarliero.

"Dai Mycroft, non morirai se ci facciamo compagnia stasera." Cercai di essere seria, ma vederlo così smarrito mi faceva sorridere.

"Ti ho dato questa impressione? Di essere seccato dalla tua presenza?" Mi guardò sospettoso come se avessi preso un abbaglio.

"No, ma sembri a disagio, non ho avvelenato ancora nessuno." Non poté fare a meno di sorridere.

Ci sedemmo a tavola, iniziammo a cenare, sembrava gradire i pochi piatti che avevo preparato e ne fui felice.

"Devo dire che ci sai fare, dottoressa Lorenzi. Era gustosa la tua zuppa."  Sentenziò tra un boccone e un sorso di vino, appoggiò il tovagliolo soddisfatto.

"Allora servo a qualcosa mio British Government, sembri apprezzare la semplicità."

"Con tutte le volte che devo presenziare dei pranzi ufficiali, dove si mangia di tutto, un po' di genuinità a volte mi risulta gradita." Cominciò a tossire di nuovo, si alzò prese i fazzoletti di carta e ne consumò alcuni.

Mi sembrava così indifeso, come se accettasse di mostrarsi finalmente per quello che era.

"Mycroft, non so a cosa stai pensando, ma gli amici servono a questo." Lo guardai mentre si asciugava il naso.

Ripose la scatola, e tornò a sedersi.

"Non ti farai tornare la febbre, vero? Gli cercai la mano e rimase fermo, gli sorrisi felice di ritrovarla fresca.

"Uhm... è passata, ma preferisco tu prenda lo stesso l'antibiotico, per evitare inutili ricadute." La accarezzai senza alcuna malizia. Continuai prendendolo in giro.

"Tu non sei il tipo che rimane a casa a lungo, per quel poco che ti conosco." Non si ritrasse e ascoltò silenzioso. Inclinò la testa di lato, mi diede fiducia e si abbandonò sulla sedia.

"Laura, scusami, non so molto rapportarmi, non ho avuto amici, né nessuno che si prendesse cura di me. Il mio comportamento altalenante non è rivolto a te." 

Agitò la mano sotto la mia, la girò titubante e mi accarezzò lievemente. Niente di eclatante ma fatto da Mycroft aveva un valore enorme. Si apriva alla mia amicizia e devo dire che sentire il suo contatto mi rese felice.

"Ti capisco, non ti sto chiedendo troppo, voglio solo farti stare bene. Non ce nulla di male nel farsi aiutare, lo hai fatto per me, ora lascia che sia io a farlo."

Rimanemmo con le mani allacciate, lui sorrideva rilassato, conversammo di quel libro tanto prezioso che stava leggendo.

Si lasciò andare e parlò di quella edizione limitata che aveva cercato ovunque. Gli piacevano i libri, quelli antichi. Mi raccontò di quante volte aveva rincorso una versione di un manoscritto di Shakespeare, che ancora cercava, uno fra i primi pubblicati.

Ascoltavo assorta, la mano che si scaldava nella sua, sentirlo parlare era piacevole, anche se la sua voce era rauca.

Si era fatto tardi e mi adoperai per sistemare la tavola, lui cercò di aiutarmi, ma lo fermai perché iniziò di nuovo a tossire, non volevo si stancasse. Obbedì e si accomodò sul divano, si stese la coperta sulle ginocchia e prese a leggere il suo libro prezioso.

Le solitudini elettiveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora