Il racconto di Laura

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Mi resi conto di essere in ritardo quando sentii la signora Hudson riordinare di sotto, mi preparai velocemente senza fare colazione, scesi le scale due gradini per volta, imboccando la porta di Baker Street mentre mi infilavo la giacca.

Il san Bart non era lontano, ma dovetti accelerare il passo.

Trafelata aprii la porta del laboratorio, e vidi Molly con il cellulare in mano.

"Laura, ma dove eri finita? Cominciavo a preoccuparmi." Era vicina alla scrivania, la sua borsa ancora appoggiata alla sedia.

"Mi sono svegliata tardi, stranamente di sotto non hanno fatto rumore." Mi giustificai per il ritardo cercando di rabbonirla.

 Diedi un'occhiata al precario ufficio di Holmes, lui non c'era. Non avevo ricevuto nessun messaggio, né avevo provato a inviarne io, speravo stesse riposando. 

Molly aveva in mano il foglio con le disposizioni per la giornata, me le consegnò e uscì per i soliti impegni di consulenza a Scotland Yard. Come al solito rimasi da sola, avevo un esame autoptico da finire. Il corpo di una poveretta morta in un incidente, Molly l'aveva già esaminato mentre io dovevo stilare il rapporto finale. Passai parte della mattina a repertare la causa del decesso.

Lavoravo e pensavo che la magia con Holmes era finita, difficilmente si sarebbe ripetuta la vicinanza della sera prima.

Eravamo stati bene insieme, si era creata una situazione piacevole, ma con Mycroft niente durava per troppo tempo. Tutto girava attorno a lui, era l'uomo perfetto, era lui che si faceva inseguire e io dovevo raccogliere i cocci che lasciava lungo il nostro percorso.

Non mi accorsi del suo arrivo. Lo vidi battere sulla porta a vetri e lo raggiunsi.

Avevo indossato la tuta verde, mi tolsi i guanti e la mascherina.

"Cosa ci fai qui? Non sei uscito troppo presto?" Lo guardai contrariata, sembrava stare bene, il volto era disteso e gli occhi limpidi.

Scosse la mano. "Sto bene Lorenzi i tuoi antibiotici hanno fatto miracoli." Era vestito con la solita cura e devo dire che rivederlo mi fece piacere. Dal cappotto intravedevo un paio di calzoni chiari e la cravatta ocra. Naturalmente con l'ombrello nella mano destra.

"Già però un giorno in più di riposo, non ti avrebbe fatto male." Cominciai ad armeggiare con la giacca della tuta, che era decisamente fastidiosa da portare. Dovevo tornare dentro a finire il lavoro. 

"Hai bisogno di qualcosa?" Mi girai a guardarlo mentre tentavo di aprire la corazza verde.

"Volevo dirti che sono qua." Si schiarì la voce. "Se vuoi pranziamo insieme più tardi." Sorpresa per quella sua apertura, risposi prima che ci ripensasse.

"Certo, ma lasciami finire, forse mi ci vorrà un pò." 

Sorrise compiaciuto, ma mentre si stava girando per andare in ufficio, mi venne un dubbio, lo apostrofai rapida. "Mycroft, devi scendere in archivio? Perché sei a corto di fascicoli, ieri erano finiti."

Mi fissò pensieroso. "Si, ma scendo da solo, non voglio vederti star male."  Mi fece un piccolo sorriso di circostanza ma storsi un po' le labbra, perché volevo mettermi alla prova.

"No, scendiamo insieme. È importante per me farcela."

Lui capì la mia voglia di superare la crisi e acconsentì. "Sei testarda Laura, ma va bene." 

Prese le carte abbandonate sulla scrivania e le tenne strette nelle mani. "Chissà perché non mi stupisco delle tue decisioni." Brontolò ammettendo di cominciare a conoscermi meglio.

Le solitudini elettiveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora