Trascorsi la serata, girando annoiata per casa, con la testa presa dalla giornata movimentata che avevo trascorso. Mycroft mi aveva accompagnato a Baker Street senza dire più nulla, ero scesa dall'auto salutando soltanto Albert talmente ero risentita dal suo comportamento.
Non comprendevo come potessi essere finita nel bel mezzo di un affare di stato. Ero arrivata a Londra per studiare, non certo per guardarmi costantemente le spalle. Salì i pochi gradini che mi mancavano per entrare in casa. Salutai i presenti senza tanto entusiasmo, appesi la mia giacca e buttai letteralmente la borsa sul mobile che raccoglieva ogni cosa che entrava in quella casa.
Sherlock dalla poltrona mi osservava, la cosa finì per infastidirmi, così mi avvicinai. Mi sedetti di fronte a lui. E iniziai a travolgerlo di parole su quello che era successo. Mi ascoltò silenzioso, con le mani giunte sotto al mento.
"Era da prevedere che non sarebbero passate inosservate le sue frequentazioni al San Bart. Ma sta tranquilla Laura, Mycroft cambierà strategia."
Vedeva la mia preoccupazione. "Probabilmente deciderà di consultarle dentro al laboratorio, così i vostri amabili scontri si intensificheranno." Sorrise enigmatico, mentre io lo guardai seccata.
"Quindi sai che spesso finiamo per litigare!"
"E il bello è proprio quello, perché gli opposti si attraggono e più all'opposto di voi due..." Rise come solo lui sapeva fare, abbassando la testa e scuotendo i ricci neri.
"Sherlock per Dio, ma sei serio? Tuo fratello è una lotta continua! Non riusciamo a stabilire nessun contatto." Mi lasciai cadere sullo schienale, soffiando aria come fossi un mantice.
Mi guardò con un ghigno smaliziato. "Mia cara Laura! Non vedete le cose più ovvie." Rimasi senza parole, lui sorridendo mi diede un colpetto sul ginocchio, tutto quello che aveva detto mi sembrò uno scherzo, così mi alzai e andai ad aiutare John.
Avevo la testa in fiamme, mentre affettavo verdure e cuocevo la pasta. Pensavo alla frase di Sherlock senza capire dove era "l'ovvio" di cui parlava.
Alla fine mi arresi, cenammo tutti insieme con Rosie che si arrampicava sulle mie gambe, felice di sporcarmi di cioccolata i jeans nuovi. Quando si appisolò la portai a letto, poi me ne salii in camera a studiare un po' d'inglese.
Ma non feci che angustiarmi sul fatto che Sherlock avesse visto qualcosa tra me e Mycroft, che noi non percepivamo. Che c'era di "ovvio" se non un'aperta battaglia di frasi antipatiche e contrasti spiacevoli? Lasciai i libri aperti sulla scrivania e me ne andai a letto innervosita.
Il mattino dopo arrivai al san Bart in anticipo, non avevo fatto colazione sempre in tensione per le autopsie. Trovai Molly già al lavoro affaccendata alla scrivania che compilava la lista delle dissezioni.
"Ciao, Lorenzi. Ho una novità, spero la prenderai bene!" Alzò lo sguardo e vedendo la mia faccia sorpresa continuò.
"Mycroft si sposterà nel piccolo ufficio di fronte al laboratorio non porterà più via le cartelle, le consulterà qui. Spero gli darai una mano a scendere nell'archivio e a rendere agibile quell'ufficio dimenticato e ingombro."
Annuii allibita mentre appoggiavo la giacca e la borsa. Una ciocca ribelle di capelli castani si sciolse dalla crocchia.
Molly ridacchiò. "Tranquilla non vi disturberete, poi riprenderai il tuo tirocinio e le autopsie."
Le mandai un sorriso rassicurante, e mi riaggiustai i capelli rassegnata.
"Va bene Molly, sarò disponibile." Avrei aiutato Holmes cercando di trovare un punto d'intesa. Sherlock in fondo mi aveva già avvertito che quello poteva essere il prossimo passo, così mi preparai ad affrontare una doppia sfida: Mycroft e le autopsie. Non sapendo quale delle due fosse la più impegnativa.
Mi cambiai rapidamente, con poco entusiasmo guardai dentro quella specie di ufficio che era più che altro un deposito di vecchi faldoni.
Accelerai i tempi, presi a fare un po' di ordine. Hooper si stava occupando di un caso di omicidio, lo Yard l'aveva richiesta. Mi ritrovai da sola a spostare contenitori polverosi invece che seguirla nel caso.
In quel momento arrivò Holmes e come accoglienza ricevette un'occhiata velenosa. Salutò e si stampò in faccia quel sorrisetto ironico così fastidioso.
Mi girai rispondendo appena, mentre tossivo per la polvere che mi invadeva le narici. Presi in malo modo una mascherina e la indossai.
"Allergica alla polvere Lorenzi?" Era divertito dalla mia insofferenza, soprattutto se rivolta verso di lui.
"Mycroft per piacere non cominciare! Cerca di essere comprensivo e dammi una mano." Mi fermai con i faldoni in braccio, lo squadrai.
"Come farai a pulire e fare ordine vestito così?"
E sì! Perché era arrivato al san Bart agghindato come se dovesse presenziare una riunione al consiglio di stato.
"Farò, tranquilla Lorenzi." Sentenziò divertito.
Lo fissai imbronciata, cercando di mantenere la calma. Lo avrei preso a schiaffi, ma lui era assolutamente tranquillo, mentre si toglieva cappotto e giacca rimanendo in gilet e camicia. Con calma arrotolò le maniche, allargò le braccia e mi guardò sogghignando. "Va bene Laura?"
Brontolai, ma non riuscii a trattenere una risata sincera da sotto la mascherina. Rise anche lui per la curiosa situazione in cui ci trovavamo.
"Forza, Mycroft, comincia a portare i faldoni nel ripostiglio." Lo sollecitai, non era caldissimo nel laboratorio, che fosse in camicia mi preoccupò non poco. Sperai non si prendesse un accidente.
Lavorammo silenziosi, lui era attento come sempre, qualsiasi cosa facesse la svolgeva con impegno.
In breve l'ufficio fu sgombro, così passai alle pulizie, tolsi la mascherina e mi dedicai alla scrivania, mentre lui si occupava della poltrona vecchia, ma funzionale.
"Non hai freddo? Non è caldissimo qui dentro." Si fermò a guardarmi, che si preoccupassero per lui era una novità, piacevole o no, rimase perplesso.
"È una cosa che fanno i "Friends" angosciarsi a vicenda? Laura sto bene e non ho freddo!"
"Sono tutto fuorché angosciata, però non mi va di averti sulla coscienza." Inarcò le sopracciglia e riprese a lavorare con lena. Lasciai perdere, testardo com'era, se si fosse preso un malanno lo avrebbe pagato di persona.
Ordinai tutto meglio che potevo, consapevole che odiava la confusione. Era troppo pignolo e preciso nei modi, perché potesse lavorare dove non ci fosse equilibrio e precisione.
Alla fine la stanza sembrava più accogliente. Anche la luce che filtrava dalla finestra era funzionale, non troppo eccessiva secondo i gusti di Holmes.
Mi soffermai a guardarlo mentre armeggiava attento con una lampada da tavolo, all'inizio la studiò, poi prese a smontarla. Alla fine riuscì a recuperarla. Era divertente vedere quanto impegno ci mettesse.
"Non ti sapevo così esperto nel bricolage." Lo canzonai mentre alzò la testa con i suoi pochi capelli spettinati. "Basta osservare e le cose si possono aggiustare con facilità."
Risi, mi guardava serio, riaggiustandosi la poca chioma che aveva. "Ti chiamerò quando non mi funzionerà qualcosa in casa."
Stavolta non raccolse era troppo preso dal suo lavoro.
"Bene, posso occuparmi del laboratorio, adesso?" Sollecitai la sua risposta.
Divenne pensieroso, mentre si rimetteva in ordine e indossava la giacca. "Laura, ti chiedo un'ultima cosa. Dovrei scendere in archivio, ho bisogno del tuo aiuto per individuare i faldoni."
Annuii poco convinta, scendere di sotto mi metteva un po' d'ansia, era un posto buio e freddo che si raggiungeva scendendo una scala ripida, un lungo corridoio poco illuminato portava a una porta blindata. Ci voleva il pass per aprirla, questa introduceva in più stanze adattate ad archivio. Avevo studiato la mappa per capire come raggiungere quel posto nel caso di dover depositare i reperti.
Mycroft indossò il cappotto e io la giacca. Presi il pass e una lampada di emergenza, avvertendo una leggera agitazione.
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Le solitudini elettive
FanfictionLaura Lorenzi è un giovane dottoressa italiana, arrivata a Londra per specializzarsi in patologia forense. Convive con un doloroso passato che l'ha chiusa in una solitudine forzata. Quel lavoro, che tanto ha voluto, le fa conoscere un uomo complica...