Una cena per due. Prima parte.

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I miei coinquilini erano affaccendati in cucina, li avvisai che quella sera ero fuori. Mi ritrovai con i loro occhi puntati addosso e le bocche aperte.

"Tranquilli esco con Mycroft." Sospirai a labbra strette e salii rapida in camera prima che mi tempestassero di domande.

Indossai un vestito a fiori piccoli e delicati acquistato a Firenze. Le mie compagne di corso lo avevano trovato adatto al mio fisico asciutto, si intonava con il colore dei miei occhi nocciola. Non era troppo scollato, né audace, era semplice e delicato. Un copri spalle azzurro completò l'insieme. Ravvivai i capelli castani che si erano fatti più ondulati, e mi passai solo un po' di trucco leggero, infondo non avevo bisogno di mascherarmi.

Scesi, e aspettai di sotto l'arrivo di Holmes. John mi fissò sorpreso, e Sherlock sorrise tra il divertito e il compassato.

"Dove ti porta quell'orso di Myc?" Esordì seduto nella sua comoda poltrona, lasciò il violino e aspettò la mia risposta.

"A cena, come risarcimento per l'aiuto che gli ho dato al san Bart. Oggi è dovuto andare via presto, mi aveva promesso il pranzo, ma ha optato per la serata." Mi aspettavo la solita battuta ironica, e invece fu delicato e quasi contento, mi sedetti di fronte a lui.

"Era ora che si decidesse."  Brontolò.

"E dai, Sherlock, è una cena tra amici. Lo sai com'è." Mi accomodai meglio accavallando le gambe, era la prima volta che le notava, il più delle volte indossavo dei jeans.

"Io lo so, visto che è un Holmes, ma tu lo sai, com'è lui?" 

 Riprese la solita contesa famigliare, ma sembrava accettare il fatto che il suo contorto fratello avesse una simpatia per me. "Non fare il saccente è già tanto che mi conceda una sera."

"Appunto, credo non esca da secoli, a meno che non si tratti di lavoro." L'ironia della sua voce non mi lasciava molto scampo. Mi aggiustai la gonna. "Non preoccuparti, lui non ha secondi fini, speriamo di non litigare come al solito." Rise, come se sapesse leggere nei miei pensieri. E naturalmente conosceva bene il fratello.

"Credo sia una vostra prerogativa azzuffarvi in continuazione eppure vi attirate ma gli sai tenere testa e questo lo intriga." Si alzò e si avvicinò. " Laura, buona fortuna, cerca di sopportarlo senza strozzarlo, è arrivato." Come facesse a riconoscere l'auto governativa tra le tante, era un mistero. Mi affacciai alla finestra e infatti vidi che era di sotto.

Indossai la giacca e scesi, arrivai alla porta, e Sherlock mi chiamò. "Laura comunque non ti merita, sei bellissima stasera." John rise dalla cucina vedendo le mie guance rosse. "Concordo vivamente Laura."

"Oh, ma smettetela." Agitai la mano sorridendo per le loro parole.

Scesi di sotto già nervosa. L'auto nera era già lì che mi aspettava.

Lui era in piedi con le mani dentro le tasche del Crombie nero, oscillava guardandosi le scarpe lucide come uno scolaretto imbarazzato. Abbassai la testa e sorrisi felice.

Sì, perché ero contenta di stare con lui fuori dal san Bart o dalla casa della signora Hudson. Finalmente un po' d'intimità nostra. Mi aspettò e mi aprì la porta.

"Mycroft, non essere così formale, sono sempre io, quella che sgridi in continuazione."

Era sorpreso, mi vedeva sempre con i jeans e il camice, ora scopriva qualcosa di diverso. Ero la donna che aveva intravisto solo poche volte. 

"Sei molto elegante, Laura." Mormorò con occhio critico, però la voce lo tradiva perché tremava appena.

"Grazie, anche tu non sei male. Ma stasera sei ancora più British del solito." Mi accomodai in auto e salutai Albert.

Le solitudini elettiveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora