Tornammo a Baker Street. Mycroft era stretto nell'angolo dell'auto, tormentava i bottoni del cappotto nero. Le stampelle, appoggiate al sedile, minacciavano di cadere sul fondo dell'auto, le sistemò e iniziò la conversazione.
"Laura spero tu abbia capito che tipo di persona sono. Non volevo spaventarti ma questo è il mio lavoro."
"Non sono una stupida, sapevo che non eri un semplice impiegato governativo."
Rimase silenzioso. "Non sei obbligata a frequentarmi se ti senti in pericolo. Ma volevo che quel bastardo sapesse che non ci aveva diviso, tu sei stata tenace molto più di me."
"Non ti ho mai lasciato, anche nelle condizioni in cui sei tornato." Osservavo Londra che passava dal finestrino e mi sentivo svuotata.
"Lo so, ero io che stavo facendo il suo gioco perverso. Ti avrei consegnato a lui se non fosse stato per la tua caparbietà." Sospirò. "Non sono così intelligente quando si tratta di sentimenti: ho fallito miseramente, perdonami."
"Dovevi avere fiducia in me, Myc, so quello che hai passato e conosco bene i limiti che ti imponi. Sapevo che amarti non sarebbe stato facile, però sono qui." Mi strinsi nella giacca bisognosa di calore.
"Hai freddo?"
"Non proprio Mycroft." Feci una smorfia malinconica. "Vorrei che ti fidassi di me, sono Laura e nessun'altra."
"Non ero io quello che hai visto oggi al san Bart, ti ho fatto del male, te lo vedo addosso, ma io..."
Si fermò, stringeva le mani senza accorgersi che si stava lacerando le fasciature.
"Non sto bene Laura, gli antidepressivi mi tengono calmo, ma mi rendono aggressivo quando gli stimoli sono troppo forti." Respirò pesantemente come se non gli bastasse l'aria.
"Ho deciso di smetterli." Aspettò la mia reazione. Lo guardai indecisa, non era una scelta da prendere con troppa leggerezza.
Era pentito, lo leggevo nei suoi occhi tristi che cercavano di capire se potessi assolverlo.
"Starai peggio, come adesso che ti stai massacrando quelle povere mani." Le aprì inconsapevole del danno che si stava procurando.
"Questo è quello che rischi a non controllare l'ansia, ti farai solo del male." Scosse la testa con vigore. Si piegò in avanti per rafforzare la sua decisione, portò le mani ferite davanti al volto.
"Meglio questi tagli che diventare violento, non sono quel tipo di persona! Anche se dovessi penare, non prenderò più nulla!" Sbottò, sapevo che non avrebbe desistito e cercai di farlo ragionare.
"Non farai solo del male a te stesso, ne farai anche a me che ti vedrò affondare." Fui dura e mi pentii. "Scusami, ma vederti star male non mi aiuta di certo a essere serena."
Mi passai stancamente la mano sulla fronte.
"Stai bene?" Si preoccupò subito, certo ero stanca e la giornata era stata difficile. "Posso farcela Myc, ma ho poca autonomia, ora dimmi cosa vuoi fare."
Allora capitolò, consapevole che non lo avevo mai abbandonato, ma che non avrei aspettato oltre.
Lo sentii ansimare. "Ti chiedo di aiutarmi, di starmi vicino. Non voglio essere quell'uomo che hai visto oggi." Tossì, si schiarì la voce, stava per dirmi qualcosa di importante.
"Ho pensato di modificare le mie regole d'ingaggio, il mio è un lavoro complicato, lo sai." Si sistemò il cappotto come se fosse necessario darsi una forma di autorevolezza.
"Vorrei che il nostro rapporto fosse riconosciuto ufficialmente, avere la certezza che se mi succedesse qualcosa saresti avvisata e tutelata."
Mi girai di scatto e lo guardai sorpresa. "Che stai dicendo Mycroft?" Aggrottai la fronte, fui percorsa da un brivido che non sapevo se fosse di orgoglio o di dolore.
STAI LEGGENDO
Le solitudini elettive
Hayran KurguLaura Lorenzi è un giovane dottoressa italiana, arrivata a Londra per specializzarsi in patologia forense. Convive con un doloroso passato che l'ha chiusa in una solitudine forzata. Quel lavoro, che tanto ha voluto, le fa conoscere un uomo complica...