8. Oro stella di Natale

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“La neve non ha bisogno di lavarsi per essere bianca. Allo stesso modo non devi fare niente per essere te stesso.”   -Lao Tzu

EREN

Mikasa e Armin pensavano di dovermi dire cosa fosse successo a Levi. Odiavo che mi trattassero come un idiota. Credevano davvero che non lo sapessi, che non me ne fossi accorto, con tutto il tempo che passavamo insieme? E ieri, avevano visto come mi ero comportato dopo la rissa… pensavano che non sapessi cosa stava succedendo?

Non era la prima volta, mi avevano sempre trattato come un bambino, a volte era divertente, ma alla lunga mi faceva sentire stupido. E non lo ero. Sapevo essere un pasticcio per certe cose, ma questo non voleva dire che avessi bisogno del loro aiuto per ogni cosa.

Tutto questo mi faceva innervosire, a dir poco. Jean aveva smesso con le sue battutine e normalmente ne sarei stato felice, ma oggi ero troppo arrabbiato per gioirne.

“Eren, senti… mi dispiace”, provò Armin.

“Ti crederò quando smetterete di trattarmi come uno stupido”, ribattei, diretto.

“Woah, qualcuno ha i nervi a fior di pelle, oggi”, commentò Jean.

“Non ti ci mettere anche tu, Jean”, ribattei, finendo in pochi morsi il mio pranzo e andandomene in fretta dalla mensa senza voltarmi nemmeno.

Stavo per rientrare nel mio dormitorio quando qualcosa di piccolo e bagnato mi cadde sul viso. Lo scacciai, con una mano, ma altri oggetti simili mi colpirono di nuovo. Non avevo la minima intenzione di trovarmi in un acquazzone, ero abbastanza nervoso da solo. Alzai la testa, per controllare il cielo, fino a poco fa c’era il sole, non poteva–

Neve. Stava nevicando.

Dove vivevo era più caldo e nevicava raramente, qui ormai era già da un mese che le temperature erano scese molto, ma non avevo neanche pensato all’eventualità che nevicasse. Invece oggi non mi ero accorto delle nuvole che erano arrivate a coprire il cielo, regalandomi la prima neve dell’anno. Rimasi a guardare i piccoli fiocchi bianchi cadermi sul viso, fermo in mezzo alla via.

Dopo diversi minuti, quando ormai nevicava abbondantemente, qualcuno si avvicinò a me.

“Eren… che diavolo fai fermo sotto la neve?”.

Levi…

Cavolo! Stavo tornando al mio dormitorio per vedermi con Levi, ma, fermandomi, dovevo aver fatto tardi.

“Oh, mi dispiace, non volevo farti aspettare”, mi scusai.

“Non stavo aspettando, sono appena arrivato, ma ti ho visto qui in mezzo e volevo capire cosa diavolo stessi facendo”, rispose lui, confuso.

“Sta nevicando”, constatai io, felice.

“L’ho visto… e quindi?”

“Come ‘e quindi’?”, chiesi, stupito. “La neve è bellissima. Non dirmi che non ti piace?”, aggiunsi, scandalizzato.

“È solo neve, niente di speciale”, rispose lui, apatico.

Io sbarrai gli occhi. Come si può dire questo della neve? E le battaglie a palle di neve? I pupazzi di neve? Dove aveva vissuto Levi tutto questo tempo?

Mi afferrò per un braccio e fece per condurmi nel dormitorio, dicendomi che dovevo studiare, ma lo fermai.

“Davvero non ti piace la neve? Tutti amano la neve!”, chiesi di nuovo.

“È fredda. E triste…”, mormorò lui. Non pronunciò altre parole, ma io le sentii comunque: “come me”, era così che dentro nella sua testa si concludeva quella frase.

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