"Nel mondo senza vita di inverno ogni albero sembra una figura desolata. Eppure ognuno detiene il segreto dell'estate in fondo al suo cuore."
- AnonimoHANJI
Non era la prima volta che avevo a che fare con un attacco di panico di Levi, ormai ci conoscevamo da molti anni e avevo imparato cosa fare per calmarlo. Ero dispiaciuta che fosse stato Eren a dargli inizio, stavolta. Non era stata colpa sua e nemmeno di Levi, la colpa era solo di quel pezzo di merda. Aveva distrutto la vita di Levi, lo aveva ferito in modi che io non avrei mai capito, non interamente. E per questo, adesso, Levi non riusciva ad avere con Eren quello che avrebbe meritato.
Lo avevo fatto entrare nel mio dormitorio, per il momento: non era ancora sera, avevamo tempo prima del suo autobus. Adesso era seduto sul mio letto, sorseggiando una tazza di tè nero, avevo imparato che lo aiutava a calmarsi.
"Hey", mi sedetti vicino a lui, "come va?". Lui strinse la tazza e se la portò di nuovo alle labbra. "Vuoi parlare?", gli chiesi. Scosse la testa.
"Eren non è come lui. Non ti farebbe mai del male", aggiunsi. "So che lo sai, anche se adesso sei confuso e spaventato". Annuì. Non volevo che, a causa della sua paura, potesse allontanarsi da Eren. Lui gli faceva bene, lo aveva fatto uscire dal suo guscio più velocemente di quanto avessi fatto io. In realtà pensavo che Levi stesse iniziando a provare dei sentimenti più profondi per Eren e sapevo che questo lo spaventava. Dare il controllo della propria vita, dei propri sentimenti a qualcuno era qualcosa che non aveva mai fatto, non completamente, almeno. Per questo era così restìo a darlo ad Eren. Ma sapevo che lui non l'avrebbe mai usato in modo sbagliato, per fargli del male. Avevo un sesto senso per le persone: riuscivo a capire con un solo sguardo quando qualcuno aveva qualcosa che non mi piaceva. E sapevo che Eren era una brava persona. Sapevo che anche Levi ne era consapevole.
"Dovresti parlare con lui, quando vorrai. Non devi dirgli tutto, ma almeno digli che non è colpa sua", aggiunsi, "gliel'ho già detto io, ma ho l'impressione che abbia bisogno di sentirlo da te. Era seriamente confuso, prima". Lui si limitò ad annuire ancora.
Quando calò il sole lo accompagnai con riluttanza verso la stazione. Odiavo sempre vederlo tornare a casa e soprattutto dopo aver avuto uno dei suoi attacchi, riportarlo verso la loro fonte mi faceva stare male, ma non farlo sarebbe stato peggio, non avevo altra scelta. Sapevo che stasera per Levi sarebbe stata una brutta notte e speravo che lui non peggiorasse la situazione. Ero consapevole di cosa facesse Levi quando stava male, avevo tentato di farlo smettere, ma era stato completamente inutile. Sapevo anche che lo faceva ogni volta che quel figlio di puttana gli metteva le mani addosso e odiavo che gli servisse per stare meglio, ma non avevo alcun diritto di obbligarlo a fare qualcosa che non voleva, succedeva già abbastanza.
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EREN
Lo avevo baciato. Sul momento sembrava andare tutto bene, ma poi Levi aveva avuto un attacco di panico. Era stato orrendo vederlo così spaventato per colpa mia.
Levi aveva avuto paura di me.
All'inizio non avevo capito cosa fosse successo, ma poi, quando lo avevo visto toccarsi il collo avevo intuito che doveva essere stato il movimento della mia mano. Non avevo nemmeno pensato a quello che stavo facendo, lo avevo a malapena sfiorato ma era stato sufficiente per terrorizzarlo. Doveva essere successo qualcosa di molto brutto per spaventarlo così e doveva avere a che fare anche con i suoi problemi riguardanti il contatto fisico. Iniziavo a connettere tutti gli indizi che avevo avuto in queste settimane e le idee nella mia testa prendevano sempre più campo, nonostante sperassi di avere torto. Ma ero sicuro che qualcuno gli avesse fatto del male, e questo era il significato dietro la frase di Farlan. Doveva essere stata un'esperienza traumatica per lui, visto l'attacco di panico che aveva avuto. Avrei voluto saperne di più, ma lui non sembrava intenzionato a dirmi niente. Viste le sue difficoltà a fidarsi delle persone, immaginavo che non ci conoscessimo ancora abbastanza bene perché si aprisse con me. Lo capivo ma allo stesso tempo ero preoccupato, perché se non mi avesse detto cosa gli era successo, avrei rischiato di fare di nuovo qualcosa che lo avrebbe spaventato.
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Winter White
Fanfic"Si dice che in un paese lontano il freddo sia così intenso che le parole si congelano non appena vengono pronunciate, e dopo qualche tempo si sgelano e diventano udibili, come se le parole pronunciate in inverno rimanessero inascoltate fino all'est...